Ricordando il disastro di Seveso: cosa (non) abbiamo imparato dalla Chernobyl italiana
Prima di Chernobyl e di Fukushima ci fu Seveso, anche se tanti hanno dimenticato. Ad avvelenare e seminare morte in Lombardia non fu solo la nube di diossina, ma l’omertร di chi voleva nascondere ciรฒ che stava davvero accadendo. A quasi 50 anni dal disastro ambientale piรน grave della storia italiana, ci sono molte lezioni da cui avremmo dovuto apprendtere per scongiurare gli errori del passato.
Tratto da Greenme

Era il 10 luglio 1976 quando una nube tossica carica di diossina si sollevรฒ dal reattore dellโIcmesa, unโindustria chimica di Meda, in provincia di Monza e Brianza. Quella nube investรฌ la vicina cittadina di Seveso, causando una catastrofe: bambini con lesioni cutanee, aborti, centinaia di intossicati, migliaia di animali morti, famiglie costrette ad abbandonare le loro case.
Fu uno dei peggiori disastri ambientali dโEuropa. Eppure, a quasi 50 anni di distanza dallโaccaduto, la domanda resta: cosa abbiamo davvero imparato da Seveso? La risposta piรน onesta รจ: molto meno di quanto avremmo dovuto.
La ricostruzione del disastro e il ruolo cruciale di Laura Conti
Tutto ebbe inizio il 10 luglio del 1976 alle 12.37, quando il sistema di controllo di un reattore chimico dellโazienda Icmesa โ che produceva sostanze chimiche e farmaceutiche โ andรฒ in avaria. Lโelevata temperatura innescรฒ una pericolosa reazione che produsse TCDD, una diossina altamente tossica che venne ribattezzata โdiossina Sevesoโ. La gigantesca nube contaminรฒ un territorio ampio e popoloso, avvelenando persone, animali, terreni. Per le donne, le conseguenze di questo disastro furono ancora piรน drammatiche: la diossina, infatti, causa malformazioni fetali e mette a rischio la gestazione. In quelle ore drammatiche a perdere la vita furono oltre 3000 animali, ma nei giorni successivi ne furono abbattuti circa 76.000 per precauzione; mentre oltre 700 persone furono evacuate dalle zone piรน colpite. Numerosi abitanti, soprattutto bambini, svilupparono una grave malattia cutanea chiamata cloracne.
I dirigenti dellโICMESA cercarono di minimizzare lโincidente, lasciando i lavoratori, i cittadini e i sindaci delle cittร brianzole piรน colpite come Seveso e Meda allโoscuro della gravitร della situazione. Per giorni, queste persone continuarono le loro attivitร quotidiane โ respirando aria contaminata, consumando verdure avvelenate dai loro orti โ senza sapere di essere esposte a un veleno mortale. E solo il 18 luglio lโazienda ICMESA venne chiusa.
Per oltre una settimana lโincidente rimase coperto dal silenzio, finchรฉ la stampa non iniziรฒ a occuparsene, spinta anche dallโintervento determinante di Laura Conti, considerata pioniera dellโambientalismo italiano. Partigiana, medico, scienziata e politica, sin dai primi momenti si fece portavoce della comunitร colpita dal disastro, squarciando il velo di omertร calato su Seveso e sostenendo le donne sottoposte a terrorismo psicologico a cui veniva impedito di abortire (nonostante il rischio di malformazioni a causa della diossina). Nel suo ruolo di consigliera regionale lombarda, Conti si battรฉ strenuamente per contenere i danni del disastro, ma si trovรฒ a fare i conti con lโinadeguatezza e la lentezza burocratica delle istituzioni pubbliche, incapaci di rispondere con la rapiditร e lโefficacia richieste dalla gravitร dellโemergenza e dalla pericolositร estrema della diossina.
Seveso e le lezioni che abbiamo ignorato
Dopo il terribile incidente di Seveso, lโEuropa introdusse la Direttiva Seveso, con lโobiettivo di prevenire incidenti rilevanti connessi a determinate attivitร industriali pericolose. Era il tentativo di imparare dagli errori e di mettere un argine allโaviditร e negligenza delle aziende. Ma il problema non era solo la mancanza di leggi: era ed รจ una cultura del profitto che non guarda in faccia nessuno e mette a rischio salute e ambiente. Da Seveso in poi, incidenti industriali, sversamenti e contaminazioni si sono ripetuti. Da Chernobyl a Fukushima, cambia il luogo, cambiano le sostanze, ma la dinamica resta quasi sempre la stessa: un rischio sottovalutato, un disastro evitabile, una popolazione e degli ecosistemi che ne pagano le conseguenze.
In Italia attualmente si contano 24 Siti di Interesse Nazionale (SIN) considerati gravemente contaminati, che occupano una superficie totale di 1.772 kmยฒ, dove le bonifiche procedono a rilento o sono del tutto ferme. Alcuni, come quello di Seveso stesso, sono stati parzialmente riqualificati (ma la diossina รจ ancora presente), ma in troppi casi le bonifiche sono ostacolate da interessi politici, burocrazia e criminalitร , come ad esempio nella Terra dei Fuochi, e le comunitร locali spesso scoprono solo a posteriori di vivere accanto a siti pericolosi.
Abbiamo bisogno di una nuova cultura del rischio, della prevenzione, della giustizia ambientale. Non basta commemorare: serve vigilare, denunciare, educare.