Scoperte incredibili comunità di vita strana ed estrema nelle fosse oceaniche di Chiba-Kamchatka e delle Aleutine
Gli scienziati del progetto GHAP hanno scoperto l’ecosistema energetico e il serbatoio di metano più profondi del mondo
Di Umberto Mazzantini
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Un team di ricerca internazionale del Global Hadal Exploration Programme (GHEP), guidato dall’Accademia Cinese delle Scienze, ha scoperto uno straordinario ecosistema sottomarino nella Fossa di Chiba-Kamchatka e nella Fossa delle Aleutine, nell’Oceano Pacifico nord-occidentale.
Nature ha pubblicato lo studio “Flourishing chemosynthetic life at the greatest depths of hadal trenches” e la nota di ricerca “Chemicals seeping from the sea floor sustain an extreme-depth ecosystem” che illustrano la scoperta di uno straordinario ecosistema sottomarino nella Fossa di Chiba-Kamchatka e nella Fossa delle Aleutine, nell’Oceano Pacifico nord-occidentale, dove, a una profondità di 9.533 metri, si trova la più profonda comunità di vita chemiosintetica conosciuta, organismi che vivono in presenza di fluidi geologici attivi. A una profondità di 9.533 metri, si trova la più profonda comunità di vita chemiosintetica conosciuta, con relativa attività di fluidi geologici. Banchi di bivalvi, distese di batteri che sembrano ghiaccio e campi di vermi tubicoli: questi sono solo alcuni esempi della strana ed estrema vita che la spedizione ha osservato, filmato e fotografato nelle parti più profonde dell’oceano.
il team internazionale del GHEP), ha scoperto fiorenti comunità chemiosintetiche e vasti serbatoi di metano nella zona adale, la regione più profonda degli oceani del mondo e i ricercatori dell’Accademia Cinese delle Scienze (ACS) spiegano che «Questi organismi non dipendono dalla luce solare per l’energia, ma utilizzano invece reazioni chimiche nei fluidi geologici per generare l’energia necessaria al metabolismo». Si tratta di una scoperta rivoluzionaria non solo mette in dubbio le convinzioni consolidate sulla capacità della vita di sopravvivere a profondità estreme, ma fornisce anche una nuova prospettiva sui complessi meccanismi del ciclo del carbonio nelle profondità marine.
Il GHEP è un’iniziativa scientifica decennale delle Nazioni Unite per l’Ocean Decade, guidata dal Deep Ocean Research Institute (DERI) e avviata dall’Institute of Deep-sea Science and Engineering dell’Accademia Cinese delle Scienze, è dedicata all’esplorazione e alla comprensione dell’adale. Il suo predecessore, il Global Hadal Exploration Dive (Glabal TREnD), sfrutta tecnologie e attrezzature all’avanguardia per le profondità marine, tra cui il sommergibile con equipaggio a profondità oceaniche “Struggler”, per condurre ricerche scientifiche sistematiche sulla geologia, la vita e l’ambiente degli abissi. Il team di ricerca ha pianificato ulteriori spedizioni per esplorare ulteriormente la distribuzione globale degli ecosistemi chemotermici e il loro potenziale impatto sul ciclo globale del carbonio.
La regione adale si riferisce alle fosse oceaniche tra i 6.000 e i quasi 11.000 metri di profondità, formatesi solitamente nelle zone di subduzione delle placche della costa terrestre come quella che ha appena provocato il fortissimo terremoto/tsunami proprio nella zone della Kamchatka. Gli scienziati marini già concordavano sul fatto che a queste profondità ci fosse vita, ma gli scienziati della missione GHEP dicono che l’abbondanza di animali osservata dagli oblò del loro sommergibile era incredibile.
All’ACS ricordano che «Sebbene gli scienziati abbiano a lungo ipotizzato che le comunità chemiosintetiche potessero essere diffuse nella regione adale, solo una manciata di casi sono stati effettivamente scoperti. Questo studio, il primo a osservare direttamente la comunità di vita chemiosintetica più profonda e più grande del mondo, alla profondità estrema di 9.533 metri e lungo una vasta fossa oceanica di 2.500 chilometri, è una scoperta straordinaria. Queste comunità, composte principalmente da vermi tubicoli e molluschi bivalvi, sopravvivono grazie a fluidi ricchi di idrogeno solforato e metano che risalgono lungo le faglie. Lo studio non solo ha scoperto nuove forme di vita chemiosintetiche, ma ricerche di follow-up potrebbero anche rivelare nuovi percorsi metabolici e meccanismi di adattamento a pressioni estreme».
Il nuovo studio ha anche forti implicazioni per la comprensione del ciclo profondo del carbonio della Terra. Attraverso analisi geochimiche, i ricercatori hanno scoperto che «Il metano in questi ambienti è in realtà prodotto dall’attività microbica nelle profondità dei sedimenti. Questo risultato suggerisce l’esistenza di una biosfera profonda, vasta e attiva, precedentemente sconosciuta, al di sotto del fondale marino adolico, che converte continuamente l’anidride carbonica derivante dalla decomposizione della materia organica sedimentata in metano. Questo processo potrebbe aver sequestrato enormi quantità di carbonio organico che discendeva dall’oceano superficiale, formando vaste riserve di metano nel fondale marino adolico sotto forma di idrati di gas naturale e altre forme, sfidando i modelli convenzionali del ciclo del carbonio e del bilancio del carbonio nelle profondità marine».
Questa scoperta mette radicalmente in dubbio l’opinione comune secondo cui gli ecosistemi adalici sono sostenuti principalmente da particelle organiche e detriti animali che si depositano sulla superficie oceanica. Lo studio dimostra invece che «La vita chemiosintetica potrebbe svolgere un ruolo più significativo negli ecosistemi adalici di quanto si pensasse in precedenza, influenzandone profondamente la struttura». Sulla base di questa scoperta, i ricercatori hanno proposto l’ipotesi del “corridoio di vita chemiosintetico”, suggerendo che «Gli ecosistemi chemiosintetici potrebbero essere molto più diffusi nell’adalico di quanto attualmente si pensi, formando potenzialmente un corridoio globale lungo il fondo di fosse tettonicamente attive e ricche di sostanza organica».
I ricercatori si sono immersi a bordo del Fendouzhe, un sommergibile in grado di operare a profondità superiori a 10 chilometri per diverse ore consecutive. Uno degli autori principali dello studio, Xiaotong Peng dell’Institute of Deep-sea Science and Engineering, ha detto alla BBC: «E’ emozionante, soprattutto per uno scienziato che studia le profondità marine, andare in un luogo che gli esseri umani non hanno mai esplorato. E’ una grande opportunità per scoprire cose nuove. E quello che abbiamo visto è stato davvero sorprendente».
La vita in questa zona completamente buia e sotto una pressione enorme sembra dominata da diverse specie di vermi tubicoli e molluschi, sostenuti da sostanze chimiche che fuoriescono dal fondale oceanico. Acido solfidrico e metano fuoriescono dalle faglie, o crepe, della crosta terrestre.
Gli scienziati affermano di aver registrato specie mai viste prima e in futuro sperano di capire come queste creature “chemiosintetiche” convertano le sostanze chimiche in energia. L’altra autrice principale dello studio, Megran Du, anche lei dell’Institute of Deep-sea Science and Engineering, è convinta che «Devono anche avere un trucco per adattarsi alla vita in condizioni di altissima pressione. Questa è un’altra domanda alla quale dobbiamo rispondere».
BBC News ha chiesto alla Du cosa prova uno scienziato, a scendere in profondità così estreme e buie e lei ha risposto: «Alcuni potrebbero trovarlo spaventoso, ma incoraggio sempre i miei studenti a guardare attraverso l’oblò sul fondo del mare. Ne sarete ispirati».