Conoscere meglio le correnti piroclastiche dell’Etna

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Conoscere meglio le correnti piroclastiche dell’Etna

di Boris Behncke, Daniele Andronico, Stefano Branca, Annalisa Cappello, Francesco Ciancitto, Paola del Carlo, Mattia de’ Michieli Vitturi, Alessio Di Roberto, Gaetana Ganci, Tomaso Esposti Ongaro e Francesco Zuccarello
tratto da INGVVULCANI

Etna, 10 febbraio 2022. Immagini termiche della corrente piroclastica avvenuta durante il parossismo al Cratere di Sud-Est
Quattro momenti della corrente piroclastica del 10 febbraio 2022 catturati dalla telecamera di sorveglianza termica posta sulla Montagnola, sull’alto versante meridionale dell’Etna.

di Boris Behncke, Daniele Andronico, Stefano Branca, Annalisa Cappello, Francesco Ciancitto, Paola del Carlo, Mattia de’ Michieli Vitturi, Alessio Di Roberto, Gaetana Ganci, Tomaso Esposti Ongaro e Francesco Zuccarello

Turisti in fuga da un vulcano in eruzione, mentre una nube scura e  si propaga lungo i suoi fianchi. Il 2 giugno 2025 le  immagini hanno fatto il giro del mondo: una corrente  piroclastica. E’ il fenomeno più pericoloso e letale che un vulcano possa produrre. Ma non si tratta di un vulcano in un paese lontano ed esotico, bensì dell’Etna.

Se in passato l’Etna è stato considerato un vulcano dal carattere piuttosto mite, “gentile”, principalmente effusivo ma non esplosivo, negli ultimi 25 anni il suo “carattere” è molto cambiato, diventando talvolta fortemente esplosivo.  Le correnti piroclastiche, più comunemente conosciute come flussi piroclastici o nubi ardenti, sono tra i fenomeni distintivi delle eruzioni vulcaniche più esplosive. Si tratta di valanghe di gas, ceneri, lapilli e blocchi di materiale roccioso frammentato ad alte temperature (diverse centinaia di gradi), che si muovono a velocità elevate (centinaia di chilometri all’ora). Fino alla fine del XX secolo, quasi nessuno avrebbe associato anche all’Etna questo fenomeno, essendo invece considerato caratteristico di vulcani più esplosivi come il Vesuvio o i vulcani del Giappone, dell’Indonesia, o del Sud America.

Sui fianchi dell’Etna affiorano enormi depositi di correnti piroclastiche, prodotti circa 15 mila anni fa durante una fase di attività esplosiva molto violenta , mentre flussi più contenuti si sono formati durante l’eruzione pliniana del 122 a.C.

Tuttavia, dal 1986, si sono osservate circa trenta correnti piroclastiche sull’Etna, che negli ultimi anni sono diventate sempre più frequenti. L’evento più recente, spettacolare ma anche spaventoso per la presenza di molte persone nelle aree interessate, si è verificato durante un episodio parossistico il 2 giugno 2025. Si tratta presumibilmente del flusso più voluminoso ed esteso tra quelli documentati dal 1986, avendo percorso circa 3 km in direzione della Valle del Bove. Certamente è stato anche quello più “mediatico”, grazie alla coincidenza con un giorno festivo e in condizioni di eccezionale visibilità, che ha permesso a migliaia di osservatori – sia sul posto che a distanza – di registrare immagini e video.

Una breve cronologia

Degli oltre trenta eventi che hanno generato valanghe piroclastiche, uno è avvenuto al Cratere di Nord-Est il 24 settembre 1986 e l’altro il 25 ottobre 1999 al cratere Bocca Nuova, il più grande dei crateri sommitali. Altri due eventi di minore entità sono stati registrati dai crateri Bocca Nuova nel 2013 e Voragine nel 2024. Ma la maggior parte delle correnti piroclastiche sono da mettere in relazione all’attività eruttiva del Cratere di Sud-Est, il più giovane e attivo dei crateri sommitali. 

Spiccano tra questi episodi quelli del 16 novembre 2006, dell’11 febbraio 2014 e del 10 febbraio 2022, avvenuti in circostanze diverse: i primi due, durante fasi di attività stromboliana (rispettivamente intensa e moderata) accompagnata da emissione di colate laviche; il terzo, al culmine di un episodio parossistico molto violento. In tutti gli episodi, le correnti piroclastiche sono state causate  dalla instabilità dei fianchi del Cratere di Sud-Est, resi fragili dalle fratture generate dalle attività precedenti e ulteriormente indeboliti dall’apertura di nuove fratture eruttive, che hanno portato al collasso. Già a febbraio 2020, in un Bollettino Settimanale sull’attività dell’Etna era stata notata la potenziale instabilità di un settore del cono, che effettivamente crollò la sera del 13 dicembre del 2020

La corrente piroclastica del 10 febbraio 2022

Dopo alcuni mesi di relativa calma e alcuni giorni di minore attività esplosiva, il Cratere di Sud-Est ha prodotto un intenso episodio parossistico nella serata del 10 febbraio 2022. Durante le prime ore, l’attività si manifestava con  esplosioni stromboliane ed emissione di una colata di lava verso sud-ovest, seguendo la tipica coreografia degli episodi eruttivi iniziati un anno prima. Nell’intervallo tra le 20:30 e le 21:15, l’attività è gradualmente passata da stromboliana a fontane di lava (Figura 1).

Figura 1 – Un momento particolarmente intenso della fontana di lava del 10 febbraio 2022, in cui si osserva la formazione di fulmini all’interno della colonna eruttiva. Foto di Francesco Ciancitto.

I primi piccoli flussi piroclastici si sono formati a partire dalle ore 21:34 (locali) a causa dell’abbondante ricaduta di materiale piroclastico incandescente sul ripido fianco del cono, seguiti da altri, che hanno avvolto l’intero settore meridionale e sud-orientale del Cratere di Sud-Est. Al culmine dell’attività, intorno alle ore 22:20, una fessura eruttiva ha tagliato il versante meridionale del cono, producendo fontane di lava e una nuova colata lavica diretta verso sud. Questa fratturazione del fianco del cono ha portato alla sua destabilizzazione, risultando nel collasso di una parte del versante, coinvolgendo sia frammenti del cono (materiale accumulato durante le attività precedenti), sia lava incandescente. Da questo collasso si è formata una corrente piroclastica, che ha percorso 1.4 km in poco meno di un minuto, superando un cospicuo ostacolo morfologico: il più alto dei due coni costruiti durante l’eruzione del 2002-2003 a circa 1 km dal Cratere di Sud-Est. Le immagini riprese dalle telecamere di sorveglianza e dai testimoni mostrano che il flusso era incandescente; inoltre, quando si è sollevata la nube di gas e cenere, è apparso evidente che anche il deposito risultava incandescente. Le alte temperature hanno incendiato una capanna protettiva parzialmente costruita in legno e carbonizzato oggetti in legno anche nelle zone dove il deposito era molto sottile.

In quel momento l’attività esplosiva stava producendo fontane di lava alte oltre un chilometro e una colonna eruttiva alta fino a 12 km sopra il livello del mare, all’interno della quale erano visibili numerosi fulmini. Dalle ore 22:45 in poi, l’attività è diminuita e si è conclusa verso le 23:00.

Il Cratere di Sud-Est e il deposito della corrente piroclastica dopo il parossismo

Il giorno seguente, il Cratere di Sud-Est si presentava con un’ampia depressione profonda diverse decine di metri nel suo fianco meridionale, mettendo a nudo la sua stratigrafia interna. Per diverse settimane, dalle pareti instabili della nicchia di collasso sono avvenute piccole frane, esponendo materiale ancora caldo. Il 21 febbraio 2022 una nuova colata di lava prodotta da un ulteriore episodio parossistico ha percorso  la stessa depressione, sovrapponendosi parzialmente alla lava del 10 febbraio (Figura 2).

Figura 2 – La profonda depressione formatasi sul fianco meridionale del Cratere di SE dopo la valanga piroclastica del 10 febbraio 2022. Foto di Daniele Andronico.

Il graduale riempimento della profonda depressione prodotta dal collasso del fianco del Cratere di Sud-Est è proseguito grazie ai prodotti effusivi ed esplosivi emessi durante quattro episodi parossistici dello stesso Cratere di Sud-Est nel 2023, ma anche per effetto degli abbondanti depositi di caduta generati da sei episodi parossistici dal cratere Voragine nel corso del 2024.

Diversamente da altri flussi piroclastici che in precedenza avevano interessato i fianchi sommitali dell’Etna — spesso rapidamente ricoperti da prodotti di attività successive o localizzati in zone di difficile accesso — il deposito del 10 febbraio 2022 è rimasto praticamente intatto per più di un anno (Figura 3). Questo ha  reso possibile un’estesa campagna di mappatura e campionamento, seguita da approfondite analisi di laboratorio.

Figura 3 – (a) Vista di una porzione intermedia del deposito di flusso, caratterizzata dalla presenza di numerosi blocchi di dimensione metrica. (b) Uno dei fronti più avanzati della corrente piroclastica, che nella sua facies distale ha formato un deposito costituito da blocchi da pluridecimetrici a metrici dispersi sopra un strato di ceneri e lapilli con uno spessore di poche decine di centimetri. Foto di Daniele Andronico.

Cause del collasso e dinamica di propagazione della corrente piroclastica

Nello studio appena pubblicato sulla rivista Nature Communications Earth & Environment, intitolato “Trigger mechanism and propagation dynamics of pyroclastic density currents in basaltic volcanoes”, condotto da ricercatori INGV delle Sezioni di Catania e di Pisa, sono state indagate le condizioni e le dinamiche che hanno portato all’innesco della valanga piroclastica del 10 febbraio 2022. In particolare, attraverso un approccio multidisciplinare, sono stati combinati e integrati tra loro dati di campagna (Figura 4), di laboratorio (attraverso analisi granulometriche e tessiturali sui prodotti campionati dal deposito), e immagini satellitari (Figura 5).

Figura 4 – Lo scavo di una trincea ai piedi del Cratere di SE per studiare una sezione stratigrafica sul deposito di valanga piroclastica. Foto di Boris Behncke.
Figura 5 – a) Immagine satellitare Skysat acquisita il 14 febbraio 2022, dove è visibile l’area coperta dal deposito di flusso (area marrone/rossastra). Sono riportate anche le posizioni dei crateri del 2002–2003, di un rifugio in legno parzialmente bruciato e dei crateri sommitali (Cratere di Nord-Est: NEC; Voragine: VOR; Bocca Nuova: BN; Cratere di Sud-Est: SEC). L’inserto (b) mostra il composito RGB utilizzando la banda dell’infrarosso ad onda corta nel canale del rosso (Bande 12, 8, 4) dell’immagine Sentinel 2 acquisita l’11 febbraio 2022.

Le osservazioni sono state infine supportate da un modello numerico per la simulazione fisica dei flussi per studiarne meglio le dinamiche di propagazione. I risultati suggeriscono che il materiale piroclastico che costituiva il fianco sud del Cratere di Sud-Est prima del collasso si è accumulato velocemente durante le attività eruttive del 2021 (Figura 6).

Figura 6 – Variazioni topografiche ottenute dalla differenza di modelli digitali di superficie (DSM) ricavati da immagini satellitari Pléiades nei periodi (a) luglio 2021-giugno 2022 e (b) agosto 2020-luglio 2021. Le variazioni negative evidenziano collassi di porzioni del Cratere di SE, mentre quelle positive mostrano la crescita del cono, le colate di lava e i flussi piroclastici. I valori riportati in legenda sono espressi in metri.

L’elevata pendenza raggiunta dal fianco, insieme alle alte temperature residue (> 700 °C) e all’alterazione idrotermale che tipicamente interessa i depositi superficiali, ha favorito l’instabilità strutturale dell’area, predisponendola al collasso avvenuto durante l’eruzione del 10 febbraio 2022. L’apertura della frattura ha agito come fattore scatenante provocando la destabilizzazione totale del fianco del cono.

Dalla modellazione numerica è emerso che la valanga si è propagata con una velocità iniziale molto alta, non attribuibile… L’ARTICOLO CONTINUA QUI

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