Scoperto il buco nero più antico dell’universo conosciuto (ed è un gigante cosmico che non dovrebbe esistere)

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Scoperto il buco nero più antico dell’universo conosciuto (ed è un gigante cosmico che non dovrebbe esistere)

Un buco nero supermassiccio, formatosi appena 500 milioni di anni dopo il Big Bang, sta cambiando ciò che sapevamo sulle origini dell’universo
tratto da Greenme

Nel cuore dell’universo primordiale, una minuscola galassia rossa sta svelando un segreto che nessuno si aspettava. Gli astronomi hanno scoperto il buco nero più antico e lontano mai osservato: si trova nella galassia CAPERS-LRD-z9, la cui luce ha viaggiato per oltre 13,3 miliardi di anni prima di raggiungerci. Quando si è formato, l’universo aveva appena il 3% della sua età attuale.

Nonostante le sue dimensioni ridotte, la galassia ospita un buco nero supermassiccio con una massa stimata fino a 300 milioni di volte quella del Sole. Una quantità impressionante, soprattutto se si considera che l’intera galassia ospite contiene poco più di questa massa in stelle. La presenza di un oggetto così massiccio in un’epoca così antica dell’universo mette in discussione tutte le teorie attuali sulla formazione ed evoluzione dei buchi neri.

La scoperta è arrivata grazie ai dati del James Webb Space Telescope, che ha permesso di osservare galassie così lontane e deboli da essere state invisibili fino a pochi anni fa.

Dall’aspetto innocuo a mostro cosmico

CAPERS-LRD-z9 sembrava inizialmente uno dei tanti “Little Red Dots”, piccoli puntini rossi che appaiono nei dati del telescopio Webb. Questi oggetti, rilevati in massa negli ultimi anni, avevano destato curiosità per la loro forma compatta e il colore insolito, ma nessuno si aspettava di trovarci qualcosa di così estremo.

A un’analisi più approfondita, gli astronomi hanno individuato una firma energetica inconfondibile: quella prodotta da un nucleo galattico attivo, ovvero un buco nero che sta divorando materia a velocità elevatissime. Durante questo processo, il gas che lo circonda si riscalda e rilascia una luce intensa, tanto potente da essere visibile anche da distanze cosmologiche.

Nel caso di CAPERS-LRD-z9, il buco nero sembra rappresentare quasi la metà della massa dell’intera galassia. Un dato che sorprende, soprattutto se confrontato con la nostra Via Lattea, dove il buco nero centrale ha “solo” 4 milioni di masse solari.

Le ipotesi sulla sua origine

La presenza di un buco nero così grande in un’epoca tanto precoce non è compatibile con i modelli teorici attuali, che prevedono una crescita lenta, a partire dai resti delle prime stelle.

Per cercare di spiegare questa anomalia, gli scienziati stanno considerando due scenari principali. Il primo è che il buco nero sia nato già molto massiccio, in seguito al collasso diretto di una nube di gas enorme, formando un “seme” iniziale da circa 100.000 masse solari. Il secondo è che sia partito da una massa più piccola — forse un centinaio di volte quella del Sole — ma abbia poi accumulato materia a ritmi mai osservati prima, forse superando persino i limiti previsti dalla fisica classica.

Alcuni ricercatori stanno anche prendendo in considerazione una teoria ancora più estrema: quella dei buchi neri primordiali, nati direttamente dal caos dell’universo subito dopo il Big Bang. Ma questa resta un’ipotesi ancora tutta da verificare.

Il colore rosso come indizio

Un altro elemento chiave della scoperta riguarda proprio il colore rosso intenso della galassia. L’analisi spettroscopica ha mostrato che CAPERS-LRD-z9 è circondata da una nube di gas molto densa, che non solo la rende difficile da osservare, ma ne altera anche la luce. Questo spostamento verso il rosso, detto redshift, è uno dei segnali che gli astronomi cercano per individuare galassie molto antiche.

Proprio questo effetto aveva fatto classificare inizialmente CAPERS-LRD-z9 come un semplice “puntino rosso”, simile a tanti altri. Ma grazie al dettaglio offerto dal telescopio Webb, si è potuto verificare che al suo interno c’è un buco nero attivo, potente e perfettamente funzionante.

CAPERS-LRD-z9 potrebbe rappresentare un anello di congiunzione tra le primissime galassie e quelle moderne, come la nostra. Si pensa che questi piccoli oggetti abbiano avuto una vita breve ma intensa, accendendosi rapidamente nei primi milioni di anni dopo il Big Bang, per poi spegnersi o fondersi con altri sistemi.

Fino a oggi, non era mai stata confermata la presenza di un buco nero supermassiccio all’interno di un oggetto così antico e compatto. Questo permette finalmente di collegare i “puntini rossi” alla nascita delle prime strutture cosmiche, gettando nuova luce su come si siano formate le galassie più grandi.

Questa scoperta non è solo un traguardo tecnologico straordinario, ma anche un invito a rivedere le teorie sull’evoluzione dell’universo. I primi “mostri cosmici” si stanno finalmente rivelando, e sono più grandi e misteriosi di quanto si immaginasse.

Fonte: The Astrophysical Journal Letters

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