L’epicentro del terremoto del 13 aprile 1558 in Toscana era “nascosto” tra le colline del Chianti

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L’epicentro del terremoto del 13 aprile 1558 in Toscana era “nascosto” tra le colline del Chianti

Il terremoto si era verificato nelle colline del Chianti e oltre, nel Valdarno e in Valdambra. Di questo fatto però, nessuno era consapevole fino a pochi anni fa.
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Il 16 aprile 1558 un anonimo autore di avvisi (gli antenati dei moderni giornali) scriveva da Firenze:

“Qua è stato un gran[dissi]mo terremoto, che ha ruinato di molte case, et conquassato chiese con morte d’alcune persone et è stato tanto horrendo che ha posto spavento ad ogni persona.”

I danni causati dal terremoto di cui parlava l’anonimo non si erano verificati a Firenze ma nelle colline del Chianti e oltre, nel Valdarno e in Valdambra. Di questo fatto però, nessuno era consapevole fino a pochi anni fa.

L’esistenza del terremoto del 1558 era nota fin dal Settecento alle compilazioni descrittive di terremoti toscani, ma le uniche fonti di questa conoscenza erano le scarse notizie fornite da due diaristi coevi, il canonico Agostino Lapini di Firenze e la monaca senese suor Girolama Caterina Bocciardi, i quali si limitavano a descriverne gli effetti a Siena (danni non molto gravi ma diffusi), a Firenze (avvertimento) e nell’area compresa tra le due città. Per quanto da queste testimonianze risultasse evidente che i maggiori effetti di questo terremoto si erano verificati appunto in quest’area, le definizioni usate dai testimoni (“contadi di Siena e Fiorenza”, Val d’Arno di sopra e Chianti”) erano troppo vaghe per consentirne una precisa localizzazione epicentrale o tanto meno una attendibile valutazione degli effetti massimi. In mancanza di informazioni più precise, fino al 2004 l’epicentro del terremoto era stato individuato nelle vicinanze di Siena, una delle località maggiormente danneggiate.

E’ stato grazie a una di quelle fortunate scoperte casuali che a volte capitano al frequentatore di archivi e biblioteche, che si è riusciti a ricollocare il terremoto del 1558 nel suo autentico contesto e – al tempo stesso – ad arricchire la storia sismica di un’area della Toscana (quella compresa tra Siena e Firenze) che occupa un posto di riguardo nel contesto dell’economia e del patrimonio culturale toscano, ma la cui sismicità è sporadica, di modesta entità e concentrata soprattutto nel settore nord del Valdarno Superiore e nelle colline del Chianti. Inoltre, va detto che la storia sismica di questa zona non risaliva più indietro del 1770, anno del primo terremoto sicuramente localizzato in tale area e relativamente ben conosciuto.

A partire da considerazioni storiche basate sull’estrema specificità del contesto socio-politico e amministrativo in cui si inquadra il terremoto del 1558 (era da poco terminata la “guerra di Siena” e la città del Palio – dopo un lungo e durissimo assedio –  era appena entrata a far parte parte dei dominii di Cosimo I de’ Medici, duca di Firenze) è stato avviato presso l’Archivio di Stato di Firenze un sondaggio che ha portato a individuare una trentina tra rapporti sugli effetti del terremoto, deliberazioni prese per affrontarne le conseguenze, suppliche e una dettagliatissima perizia dei danni relativa alla località di Caposelvi, in Valdambra.

Il ritratto del Duca di Firenze Cosimo dei Medici che dopo una lunga guerra aveva annesso la città di Siena ai suoi domini.

I dati raccolti, tutti prodotti da ufficiali di governo al servizio del duca, hanno permesso di ricostruire una breve sequenza sismica cominciata, alle 10.15 circa del mattino del 13 aprile 1558, con una scossa descritta come lunga “un Credo” (circa 40 secondi) e che causò crolli e danni gravissimi in Valdambra e sul versante orientale delle colline del Chianti. Siena e le principali località del Valdarno Superiore subirono danni minori ma molto diffusi. L’evento fu avvertito fortemente a Colle di Val d’Elsa e a Firenze. Alle 16.00 circa del 13 aprile una replica piuttosto forte fu avvertita a Siena e San Giovanni Valdarno; nuove piccole scosse furono avvertite a Siena tra le 5.00 e le 6.00 del 14 aprile 1558.

Le maggiori Caposelvi (Siena) distruzioni avvennero in Valdambra: a Caposelvi 40 case su un totale di 85 crollarono completamente, 9 rimasero del tutto inabitabili, le altre furono gravemente danneggiate e nella piazza principale si aprì una fenditura lunga circa 17 metri. Bucine, Ambra e Badia Agnano subirono danni molto gravi; ci furono due vittime ad Ambra e quattro a Caposelvi. Danni quasi altrettanto gravi si ebbero nel Chianti, a Gaiole in Chianti, Meleto e Castagnoli. A Castelnuovo Berardenga crollò il palazzo comunale; San Giovanni Valdarno e Montevarchi soffrirono danni quasi paragonabili a quelli di Siena (VII-VIII MCS). A Brolio, che anche allora evidentemente era nota per la sua produzione vinicola, il terremoto oltre a rendere concie male l’habitationi” portò anche lo sconquasso nelle cantine della nobile famiglia Ricasoli dove – come ebbe a riferire al suo signore il maggiordomo del governatore di Siena –“li vini si sono tutti guasti”. 

un pezzetto di affresco del Vasari dal Salone dei Cinquecento, con raffigurazione di Siena tra i bombardamenti del 1554-1555.

Parte di un affresco del Vasari dal Salone dei Cinquecento (Palazzo Vecchio, Firenze), con raffigurazione di Siena tra i bombardamenti del 1554-1555.

La rivalutazione dei parametri del terremoto del 13 aprile 1558, effettuata sulla base della nuova distribuzione degli effetti macrosismici ottenuta dai dati riscoperti nei documenti d’archivio contemporanei, ha permesso di assegnare all’evento, localizzato in Valdambra, una intensità epicentrale pari al grado IX MCS e una magnitudo momento equivalente (Mw) pari a 5.8. Questi parametri fanno del terremoto del 13 aprile 1558 il massimo evento sismico conosciuto per l’area della Valdambra e anche il responsabile delle massime intensità osservate nelle località di San Giovanni Valdarno, Montevarchi, Figline Valdarno e nella maggior parte dei paesi del Chianti.

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Mappa degli effetti del terremoto del 13 aprile 1558 (fonte DBMI11).

a cura di Viviana Castelli (INGV, sede di Ancona).

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