4 giugno 1616: un forte terremoto di Mw 4.9 colpisce le coste Cagliaritane della Sardegna meridionale

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4 giugno 1616: un forte terremoto di Mw 4.9 colpisce le coste Cagliaritane della Sardegna meridionale

A ricordare ostinatamente ai sardi che la Sardegna non è una terra “asismica”, è una semplice iscrizione graffita su una parete della sagrestia della Cattedrale di Cagliari. “Ad[ì] 4 Juny terremotus factus est 1616 [Al 4 di giugno 1616, ci fu un terremoto]
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“Malgré son voisinage de la Sicile, des îles Lipari et de la partie de l’Italie continentale […] où si souvent la terre soulevée menace d’engloutir ses habitants, la Sardaigne n’est pas sujette aux tremblements de terre. Il est aisé de s’en convaincre en voyant quelques maisons de la capitale qui sont très anciennes, et dont les murs n’auraient certainement pu résister à une secousse même médiocre [Benché vicina alla Sicilia, alle isole Lipari e a quella parte del continente italiano in cui così tanto la terra si scuote e minaccia di inabissare gli abitanti, la Sardegna non va soggetta a terremoti. Ce ne si può convincere agevolmente guardando certe vecchissime case della capitale, i cui muri certo non avrebbero potuto resistere a una scossa seppur mediocre].” (Alberto Ferrero della Marmora, Voyage en Sardaigne, Paris-Turin, 1826)

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Giuseppe Cominotti, Caricatura di Alberto La Marmora in tenuta da esploratore, litografia a colori di Roberto d’Azeglio (Centro Studi Generazioni e Luoghi – Archivi Alberti La Marmora, Biella)

Era il 1826 e un distinto geografo piemontese (nonché fratello maggiore dell’inventore dei Bersaglieri) nel primo volume dell’opera da lui dedicata alla Descrizione statistica, fisica e politica della Sardegna formulava – forse per la prima volta – l’opinione ancora oggi diffusissima e popolare, secondo la quale la Sardegna sarebbe l’unica regione “non sismica” d’Italia. Ma non è proprio così…

Negli ultimi decenni non sono stati pochi i terremoti di energia non esattamente trascurabile localizzati in Sardegna oppure in mare, a poche decine di chilometri dalle sue coste. Il 18 giugno 1970, ad esempio, un terremoto di magnitudo Mw 4.8 (secondo il nuovo Catalogo Parametrico dei Terremoti Italiani CPTI15, in corso di pubblicazione) localizzato nel Mare di Sardegna, alcune decine di chilometri a nord-ovest di Porto Torres, viene avvertito distintamente anche lungo le coste liguri e in Costa Azzurra. Sette anni più tardi, il 28 agosto 1977, è la volta di un terremoto di magnitudo Mw 5.4 localizzato in mare, un centinaio di km a sud-ovest di Carloforte. Anche se la distanza è considerevole, la scossa viene avvertita in modo molto sensibile in tutta la Sardegna meridionale e provoca panico a Cagliari. Più di recente, il 26 aprile 2000, due forti scosse (la maggiore di magnitudo Mw 4.8) localizzate nel Tirreno centrale, poche decine di km a est di Olbia sono avvertite in gran parte dell’isola suscitando spavento lungo la costa nord orientale, in particolare a Olbia e Posada.

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Principali terremoti storici localizzati in Sardegna secondo il Catalogo Parametrico dei Terremoti Italiani CPTI15 (in corso di pubblicazione).

Nonostante il ripetersi di questi episodi, la convinzione che la Sardegna sia “non sismica”  – o addirittura “antisismica” come riporta maldestramente un articolo a commento del terremoto del 26 aprile 2000 – è radicata profondamente e continuamente rilanciata dai media.

Dopo il forte terremoto del 28 agosto 1977 i quotidiani nazionali, nei quali la notizia trova spazio, fanno a gara a rilanciare l’idea dell’eccezionalità dell’evento. “L’evento è da considerarsi straordinario ed eccezionale per la Sardegna che, ordinariamente è asismica”, scrive La Stampa il 29 agosto; lo stesso giorno il Corriere della Sera scrive: “è la prima volta, a memoria d’uomo, che sull’Isola è stato registrata una scossa sismica […] la Sardegna è ritenuta una zona asismica, cioè geologicamente estranea ai grandi movimenti tellurici”; “una terra geologicamente assestata” anche secondo L’Unità, che però allo stesso tempo raccoglie le dichiarazioni dei tecnici dell’Osservatorio Geofisico dell’Università, secondo cui “fenomeni del genere in altri tempi si sono già verificati”.

Ed è proprio L’Unità a dedicare ampio spazio, il giorno successivo, a un dettagliato resoconto degli effetti del terremoto e a raccogliere l’opinione degli esperti: “La verità è che nel corso dei secoli si sono registrati nell’isola ben 8 terremoti. E quindi non è vero che sia immune da sommovimenti tellurici. Il pericolo c’è sempre stato. Una lapide, murata nella sagrestia del Duomo costruito dai pisani, ricorda il terremoto che si verificò a Cagliari nel 1616”.

1616, esattamente quattrocento anni fa. A ricordare ostinatamente ai sardi che la Sardegna no, non è una terra “asismica”, è una semplice iscrizione graffita su una parete della sagrestia della Cattedrale di Cagliari. “Ad[ì] 4 Juny terremotus factus est 1616 [Al 4 di giugno 1616, ci fu un terremoto]” [Epigrafe, 1616].

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Sagrestia della Cattedrale di Cagliari (o “Aula dei Beneficiati”) iscrizione graffita a ricordo del terremoto del 4 giugno 1616. [Fotografia di Marino Coni].

Questa semplice iscrizione è lì da quattrocento anni a impedire, pervicacemente, un processo di rimozione del tutto naturale, ma che può essere molto rischioso per una comunità che deve imparare a fare i conti anche con questo rischio.

Non è un caso che nel 1771, quando un sensibile terremoto viene avvertito nella Sardegna sud-orientale, una gazzetta fiorentina che riporta notizia di questo evento segnali – pur con datazione errata (probabilmente per un semplice errore di stampa) – l’iscrizione graffita del Duomo di Cagliari.

“Caglieri 23 Agosto [1771]. […] Non si ha memoria nel Regno di simile avvenimento dopo il 4 di Giugno 1610: ricavandosi ciò da una iscrizione scolpita in questa Cattedrale che dice: 4 Junii terraemotus factus est 1610. […]” [Notizie del Mondo, 1771.09.17]

Così la segnalazione di questo terremoto di inizio Seicento rimbalza dalle gazzette settecentesche a tutta la storiografia sarda ottocentesca fino alla più importante compilazione sismologica [Baratta, 1901] che è alla base dei moderni cataloghi di terremoti.

Qualche anno fa, nel corso del lavoro decennale per l’individuazione di terremoti sconosciuti o negletti [Camassi et al., 2011] il terremoto del 1616 è stato rivalutato sulla base di alcune tracce documentarie (compresa l’epigrafe del Duomo di Cagliari) e bibliografiche presenti nella storiografia e nelle compilazioni sismologiche e i relativi parametri sono ora inclusi nel catalogo CPTI15 (in corso di pubblicazione).

Contestualmente diversi studiosi locali [Rassu, 2005; Borghese, 2010; Vacca, 2011] hanno portato alla luce alcune testimonianze archivistiche estremamente preziose, che consentono una ulteriore definizione delle caratteristiche di questo evento, che sarà oggetto di approfondimento nell’ambito di un lavoro in corso di pubblicazione sulla storia sismica della Sardegna.

Distribuzione degli effetti del terremoto del 4 giugno 1616 [Fonte: DBMI15, in corso di pubblicazione].

Allo stato attuale delle conoscenze il terremoto del 1616 risulta molto più significativo di quanto si ritenesse finora. L’evento principale, avvertito anche a Cagliari, si verificò alle tre del pomeriggio del 4 giugno 1616, come riportato dalla testimonianza del priore di Selargius, dove il terremoto fu avvertito molto sensibilmente:

[…] 1616, vuy alls 4 de juni 1616 di sa presente, aprés dinar a les 3 hores ha vingut un terramotu que batas, les cases parexian que ne caian y la terra tremulava de tal manera que les persones y totes les cases tremulavan […]”.

Lo stesso priore riferisce che un ulteriore terremoto fu avvertito a Selargius un anno dopo, alle cinque pomeridiane del 24 giugno 1617:

“[…] 1617. Vuy als 24 de juny die de Saint Juan y di sa presente del any 1617 a la cinch horas aprés dinar ha vingut altre terramotu de la matexa manera que està notat lo de damunt si be dura mes poch […]” [Cabizzosu et al., 2003].

Nel fondo “Amministrazione delle Torri” dell’Archivio di Stato di Cagliari è conservata la documentazione relativa a una gara d’appalto indetta nell’agosto del 1616 per la riparazione di otto torri costiere danneggiate dal terremoto del 4 giugno [Rassu, 2005; Vacca, 2011]. Le torri furono danneggiate in modo significativo, anche in conseguenza del cattivo stato di manutenzione e della scarsa qualità dei materiali costruttivi.

Torre spagnola di Cala Regina (una delle danneggiate) http://www.nuraghediana.it/nuovofile57.html

Le torri che risultano danneggiate dal terremoto del 1616 sono:  Torre di Cala Pira (Castiadas), Torre di San Luigi o dell’Isola di Serpentara (Villasimius), Torre di Porto Giunco (Villasimius), Torre dell’Isola dei Cavoli (Villasimius), Torre di Cala Catalina o Caterina (Villasimius), Torre di Capo Boi (Sinnai), Torre di Monte Fenugu (Maracalagonis), Torre di Cala Regina (Quartu Sant’Elena).

Secondo Borghero (2000) alcuni ‘guasti’ subirono due torri nell’area di Teulada, rispettivamente Torre Budello e Torre Porto Scudo; entrambe, nel 1617, furono soggette a lavori di riparazione [Rassu, 2005]. Lo stesso autore ipotizza inoltre la presenza di danni alla Torre di Calafighera, alle fortificazioni del porto di Cagliari, oltre che a chiese di Maracalagonis e Sinnai e alle case di Quartucciu, informazioni in corso di approfondimento.

Sono passati esattamente quattrocento anni e quella preziosa iscrizione graffita cagliaritana è ancora lì a ricordarci che Alberto Ferrero della Marmora si sbagliava: anche la Sardegna è soggetta a terremoti.

Nonostante questi terremoti fossero noti, il loro numero ridotto nel tempo è tale per cui le stime di pericolosità mostrano valori molto bassi. Dal 2003 la Sardegna è classificata in zona 4 (a pericolosità sismica moderata) e dal 2015 anche la Sardegna è interessata dalla campagna di comunicazione Io Non Rischio Terremoto, per informare la popolazione su cosa fare, fin da subito, per ridurre il rischio.

a cura di Romano Camassi (INGV, Sezione di Bologna) e Viviana Castelli (INGV, Sede di Ancona).

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