Terremoti profondi in Italia: stanno davvero aumentando?

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Terremoti profondi in Italia: stanno davvero aumentando?

Nella regione italiana la maggior parte dei terremoti avviene tra 0 e 20 km di profondità, nella crosta superiore. Tuttavia, a causa dei complessi fenomeni geologici che hanno portato alla sua attuale configurazione, la nostra penisola è interessata in alcune aree da terremoti intermedi e profondi (fino a 600 km).
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Terremoti profondi (>80 km) localizzati dalla RSN dell'Ingv nel 2014. Sono stati in tutto 324 di cui 33 con magnitudo superiore o pari a 3.
Terremoti profondi (>80 km) localizzati dalla RSN dell’Ingv nel 2014. Sono stati in tutto 324 di cui 33 con magnitudo superiore o pari a 3

Questa sismicità, tipica delle zone di contatto tra placche oceaniche e continentali come quelle del margine dell’oceano Pacifico e dell’oceano Indiano, si manifesta nel nostro paese laddove la litosfera del Mar Ionio si approfondisce sotto l’arco calabro e il Tirreno meridionale. Il Mar Ionio, infatti, rappresenta il relitto di un antico grande oceano che occupava la regione del Mediterraneo e che è stato “subdotto” e in parte riassorbito nel mantello terrestre per decine di milioni di anni prima sotto le Alpi e poi sotto gli Appennini. Una descrizione di questa sismicità e delle sue cause si trova in questo video.

Nel corso del 2014 la Rete Sismica Nazionale dell’Ingv ha localizzato 324 terremoti profondi (Z≥80 km) nel Mar Tirreno meridionale, un numero molto superiore a quello degli anni precedenti (tabella sotto). I terremoti di magnitudo M≥3 sono stati 33, anche questi in numero maggiore rispetto agli anni precedenti. La maggiore quantità di piccoli terremoti del 2014 potrebbe in parte essere spiegata con una maggiore sensibilità della rete sismica.

Anno N_tot (Z≥80km) N_Mag≥3 (Z≥80km)
2014 324 33
2013 217 20
2012 245 25
2011 156 19
2010 115 14
2009 135 15
2008 127 19
2007 138 25
2006 106 21
2005 46 10

Nel corso degli ultimi 10 anni, infatti, la Rete Sismica Nazionale è migliorata progressivamente, non solo nel numero e nella qualità degli strumenti usati ma anche nei sistemi di riconoscimento automatico e di revisione degli eventi sismici (Amato and Mele, 2009). Se guardiamo al numero dei terremoti con magnitudo superiore o pari a 3 (colonna di destra) notiamo che si continua a osservare un aumento negli anni, ma che questo è più contenuto e potrebbe rientrare nelle oscillazioni statistiche: sia il 2007 che il 2012 hanno avuto ad esempio 25 terremoti profondi contro i 33 del 2014. Il numero basso del 2005 (10) riflette probabilmente il fatto che in quell’anno (in particolare il 16 aprile) si passò al nuovo sistema di analisi dei dati della rete, che comportò un brusco aumento della capacità di localizzare i piccoli terremoti. Al momento il campione statistico è troppo corto per trarre delle conclusioni definitive.

Il 2015 si era aperto con due interessanti terremoti profondi. Il primo (M4.2) è avvenuto l’1 gennaio alle 20:48 sotto l’area molisana a 330 km di profondità. La sua posizione ci ha un po’ sorpreso, in quanto lo abbiamo localizzato circa 120 km più a nord della maggior parte dei terremoti profondi localizzati negli ultimi 30 anni, come si vede nella figura sotto.

Il terremoto di ieri 1/1/2015 alle 20:48 è avvenuto a nord della zona classica dei terremoti profondi in Italia.
Il terremoto di ieri 1/1/2015 alle 20:48 è avvenuto a nord della zona classica dei terremoti profondi in Italia (qui graficati dal 1985 al 2014, da iside).

Il secondo (M3.9) è avvenuto il 2 gennaio) alle 9:31, a 300 km di profondità al largo della costa del Cilento, zona classica di terremoti profondi. L’ubicazione dell’epicentro del primo terremoto, se può sorprendere per la sua posizione, si inquadra bene nelle conoscenze sulla struttura profonda e della geodinamica della regione. È noto infatti che il processo di subduzione dell’oceano neo-tetideo, iniziato circa 35 milioni di anni fa e di cui l’attuale Mar Ionio è l’ultimo frammento ancora visibile, ha portato alle profondità di oltre 200-300 km intere porzioni di litosfera oceanica (del bacino Ligure e di quello Ionico), come mostrano i modelli di tomografia sismica.

Modello di tomografia sismica delle onde P in mappa (a profondità di ... km) e in profondità lungo la sezione AA', che passa circa per l'epicentro del terremoto profondo dell'1 gennaio (il simbolo giallo rappresenta la posizione dell'ipocentro)
Modello di tomografia sismica delle onde P in mappa (alla profondità di 70 km) e in profondità lungo la sezione AA’, che passa circa per l’epicentro del terremoto profondo dell’1 gennaio (il simbolo giallo rappresenta la posizione approssimata dell’ipocentro) (tomografia da Giacomuzzi et al., 2011)

Come si vede dalla sezione verticale AA’ che taglia da sudovest a nordest l’Italia all’altezza del terremoto profondo di ieri, l’ipocentro ricade nella zona di alta velocità delle onde P, che si approfondisce da est a ovest e rappresenta la traccia della litosfera oceanica subdotta. È possibile che quest’ultima conservi in alcuni punti la rigidità sufficiente per dar luogo a terremoti, sia pure sporadicamente.

Nonostante la magnitudo (4.2) il terremoto non è stato risentito dalla popolazione, a causa della sua grande profondità ipocentrale. Il tragitto di oltre 330 km percorso dalle onde sismiche dall’ipocentro alla superficie determina una forte attenuazione dell’energia elastica del terremoto, che in un caso come questo diventa impercettibile anche agli strumenti. A titolo di confronto, la figura sotto mostra le due mappe di scuotimento (Shake Maps) per il terremoto di ieri (destra) e per il terremoto di magnitudo simile (4.1) avvenuto il 24 dicembre 2014 scorso quasi nella stessa area (sinistra).

Confronto tra mappe di scuotimento di due terremoti della stessa magnitudo ma avvenuti a profondità molto diverse (17 e 330 km). Si nota bene la differenza tra i valori delle intensità stimate per il terremoto crostale (II-IV grado Mercali modif.) e quello profondo (in pratica zero).Confronto tra le mappe di scuotimento di due terremoti della stessa magnitudo ma avvenuti a profondità molto diverse (17 e 330 km). Si nota bene la differenza tra i valori delle intensità stimate per il terremoto crostale (II-III-IV grado Mercali modif.) e quello profondo (in pratica zero).

Altri esempi Il 28 e 29 ottobre 2016 quando sono avvenuti due terremoti profondi in Italia. Il primo terremoto di magnitudo 5.7 è avvenuto il 28 ottobre 2016, alle ore 22:02 italiane (20:02 UTC) nel Mar Tirreno a una profondità di circa 470 km.  Il secondo evento di magnitudo 4.3 è avvenuto il 29 ottobre 2016, alle ore 13:58 italiane (11:58 UTC) in provincia di Potenza ad una profondità di 270 km.

terremotiprofondi_ottobre2016Localizzazione dei terremoti profondi avvenuti il 28 ottobre 2016 alle ore 22:02 italiane (magnitudo 5.7) nel Mar Tirreno e il 29 ottobre 2016 alle ore 13:58 italiane (di magnitudo 4.3) in provincia di Potenza.

Nella regione italiana la maggior parte dei terremoti avviene tra 0 e 20 km di profondità, nella crosta superiore. Tuttavia, a causa dei complessi fenomeni geologici che hanno portato alla sua attuale configurazione, la nostra penisola è interessata in alcune aree da terremoti intermedi e profondi (fino a 600 km).

Come spiegato in cima all’articolo, questa sismicità, tipica delle zone di contatto tra placche oceaniche e continentali come quelle del margine dell’oceano Pacifico e dell’oceano Indiano, si manifesta nel nostro paese laddove la litosfera del Mar Ionio si approfondisce sotto l’arco calabro e il Tirreno meridionale. Il Mar Ionio, infatti, rappresenta il relitto di un antico grande oceano che occupava la regione del Mediterraneo e che è stato “subdotto” e in parte riassorbito nel mantello terrestre per decine di milioni di anni prima sotto le Alpi e poi sotto gli Appennini.

terremotiprofondi_2010_2016
Epicentri dei terremoti del Tirreno e dell’Appennino meridionale dal 1 gennaio 2010 al novembre 2016. L’epicentro dell’evento del 28 ottobre 2016 alle ore 22:02 italiane (magnitudo 5.7) è la stella viola al centro del mar Tirreno. I simboli blu, viola e rossi indicano i terremoti più profondi della regione, mentre quelli gialli e arancio sono i terremoti crostali (profondità inferiori a 20 km).

Come scritto più volte negli articoli di questo blog, nella regione del Tirreno sono piuttosto frequenti i terremoti profondi, a causa della subduzione della litosfera ionica sotto la Calabria. La figura mostra i terremoti profondi (simboli blu, viola, rossi) nel Mar Tirreno.

Si parla molto di una relazione tra questi eventi e il Marsili, il vulcano sottomarino che si trova sul fondo del Tirreno a partire da circa 3000 metri sotto il livello del mare e si innalza per 2000 metri. La scossa di magnitudo 5.7 è accaduta a oltre 470 km di profondità e non può assolutamente essere considerata come un segnale di attività del Marsili.

Nonostante l’elevata profondità ipocentrale il terremoto avvenuto il 28 ottobre 2016 alle ore 22:02 italiane (magnitudo 5.7) nel Mar Tirreno è stato avvertito in modo molto lieve dalla popolazione calabrese, probabilmente perché il corpo in subduzione ha favorito la propagazione verso la superficie in direzione della Calabria, come testimoniano i questionari arrivati sul sito http://www.haisentitoilterremoto.it/. Di seguito la mappa (aggiornata al 29 ottobre 2016) che mostra la distribuzione dei risentimenti sul territorio in scala MCS (Mercalli-Cancani-Sieberg).

mcs_28-10-2016
Mappa del risentimento sismico in scala MCS (Mercalli-Cancani-Sieberg) che mostra la distribuzione degli effetti del terremoto sul territorio come ricostruito dai questionari on line. La mappa contiene una legenda (sulla destra). Con la stella in colore viola viene indicato l’epicentro del terremoto, i cerchi colorati si riferiscono alle intensità associate a ogni comune. Nella didascalia in alto sono indicate le caratteristiche del terremoto: data, magnitudo (ML) profondità (Prof) e ora locale. Viene inoltre indicato il numero dei questionari elaborati per ottenere la mappa stessa.

Dobbiamo ricordare che, nel Tirreno Meridionale, è avvenuto uno dei terremoti più forti della storia sismica italiana. Infatti, alle 2.43 di mattina dell’8 settembre 1905, un terremoto di magnitudo 7,1 (secondo alcuni studi fino a Ml 7.9) colpì gran parte della Calabria centrale, con epicentro nel mar Tirreno.


La scossa fu avvertita in tutta l’Italia meridionale, fino a Napoli, in Puglia, nella Sicilia orientale, nelle isole Eolie e anche sulla costa albanese. La scossa creò gravissimi danni facendo crollare migliaia di abitazioni in centinaia di paesi. Inoltre si generò una lieve onda di tsunami che colpì il tratto di costa fra Vibo Marina e Tropea, e il litorale di Scalea. Ci furono 557 vittime, 3.000 feriti e circa 300.000 sfollati: la distruzione di migliaia di abitazioni mise in ginocchio l’intera regione, costringendo molti ad emigrare. I comuni distrutti furono oltre 300, e le case più colpite furono quelle della gente più povera (cioè la maggior parte), costruite con materiali scadenti e con malte cementizie molto deboli. I giorni successivi al sisma furono drammatici per la mancanza di cibo e critiche vennero rivolte alle istituzioni per il ritardo dei soccorsi (che comunque furono imponenti).

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