Le Maldive lanciano l’allarme all’Onu: trovare un posto dove trasferire la popolazione se fallisse la lotta ai cambiamenti climatici!

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Le Maldive lanciano l’allarme all’Onu: trovare un posto dove trasferire la popolazione se fallisse la lotta ai cambiamenti climatici!

«Nel mondo attuale, le minacce non tradizionali alla sicurezza sono tanto importanti quanto quelle tradizionali»
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A maggio un team di esperti dell’Onu aveva esortato il governo delle Maldive ad avviare un’inchiesta pubblica sulla morte del giornalista, blogger e difensore dei diritti umani Yameen Rasheed e a tradurre gli autori dell’assassinio di fronte alla giustizia. Non è successo niente e il 27 luglio il segretario generale dell’Onu, António Guterres, si è detto preoccupato per i recenti sviluppi politici alle Maldive, dove il governo autoritario e islamista sta erodendo progressivamente le norme e i principi democratici fondamentali di questo paradiso turistico che è diventato un inferno per gli oppositori.

Farhan Haq, portavoce del segretario generale Onu, ha detto che Guterres «Ha chiesto al governo di rispettare I diritti di espressione e di riunione che sono garantiti dalla Costituzione. Il segretario generale prega il governo di astenersi immediatamente da ogni azione che comporti vessazioni e intimidazioni di deputati, di Partiti politici, di membri della società civile e dei media. Il segretario generale incoraggia un vero dialogo e delle consultazioni sulle questioni politiche».

L’appello di Guterres sembra essere stato ignorato dal governo di Malé che ha risposto lo stesso giorno chiedendo che l’Onu lo aiuti a trovare un luogo dove trasferire la sua popolazione di circa 420.000 abitanti che vivono sparsi in atolli che tutti insieme arrivano a 300 Km2.

L’ambasciatore delle Maldive all’Onu, Ahmed Sarir, ha detto a Inter Press Service (Ips) che «Il pericolo dell’aumento del livello del mare è molto reale e minaccia non solo le Maldive ma anche altre Nazioni poco elevate così come grandi città costiere come New York e Miami».

Sarin,  che dal gennaio 2015 è presidente di turno  dell’ Alliance of Small Island States (Aosis), ha ricordato che «Se anche le previsioni variano, c’è un certo consenso sul fatto che il livello del mare aumenterà per lo meno di 0,9 metri per la fine del secolo. Questo sarà un problema per le Maldive, per i piccoli Stati insulari in via di sviluppo (Sids) e per molte regioni costiere. Attualmente stiamo costruendo difese costiere per mitigare il pericolo, però abbiamo bisogno di maggiore appoggio». La cosa strana è che Sarin dice le stesse cose che diceva l’ex presidente Mohamed Nasheed, fatto fuori da un colpo di stato il 7 febbraio 2012 perché accusato di essere troppo ambientalista e laico e di occuparsi troppo di cambiamenti climatici, trascurando le tradizioni e la religione islamica.

Ora il governo islamista maldiviano ha capito che il suo intero Paese è a rischio sopravvivenza e che il global warming potrebbe cancellare le Maldive dalle carte geografiche e dalla storia insieme a Paesi come le Isole Marshall, Kiribati, Nauru, Isole Salomone, Tuvalu, Palau e Micronesia, dove non è richiesta la misericordia di Allah.

Sarin ha detto all’Ips che  «Da qualche anno, c’è un interesse maggiore per i Sids, non solo in materia di cambiamento climatico  ma anche economico. Naturalmente, apprezziamo i progressi, ma è giusto dire che ci manca ancora molto».

Da oggi la Columbia Broadcast System (CBS) comincerà a trasmettere un programma sulle storie di chi vive nelle Sinking Islands”, i territori più minacciati dall’innalzamento del livello del mare aggravato dal cambiamento climatico. Le Maldive sonno tra questi e sono uno dei Paesi più geograficamente dispersi del mondo: più di mille  isole coralline assediate dall’Oceano Indiano.

L’ex presidente democratico Nasheed sapeva bene di cosa parlava perché nel dicembre 2004 lo tsunami provocò gravissimi danni in 57 isole, 14 delle quali dovettero essere evacuate e 6 vennero distrutte. Altre 21 isole-alberghi dovettero chiudere per danni che arrivarono a 400 milioni di dollari.

Le difese dal mare delle Maldive comprendono un muro in costruzione a Malé che dovrebbe impedire che l’innalzamento del livello del mare o un futuro tsunami distruggano la capitale. Nasheed fece scalpore in tutto il mondo quando convocò una riunione subacqueo del Consiglio dei ministri delle Maldive per dimostrare quale sarebbe potuto essere il futuro del suo Paese. La Banca Mondiale prevede che se «Il livello del mare aumenterà tra i 10 e i 100 centimetri, nel  2100tutto il Paese sarà sommerso ».

Però, mentre il governo autoritario cerca di non far “contaminare” i maldiviani dalla cultura occidentale, è stato proprio il turismo occidentale a far passare le Maldive nel 2011 da Paese povero a Paese in via di sviluppo e ora le Maldive cercano di dventare membro non permanente del Consiglio di sicurezza dell’Onu per 2 anni.

Le Maldive cecano di sfruttare al massimo anche la presidenza di turno a dell’Aosis, istituita nel 1990 e alla quale oggi aderiscono 39 membri, 37 dei quali Paesi Onu. Un’alleanza che ha sottoscritto diversi accordi su sviluppo sostenibile, cambiamento climatico, riduzione dei rischi di disastri, finanziamento allo sviluppo, urbanizzazione sostenibile e  il  Samoa Pathway (Small Island Developing States Accelerated Modalities of Action), un programma di azione per lo sviluppo sostenibile dei Sids.

All’interno del Consiglio di sicurezza dell’Onu le Maldive sosterranno che «Nel mondo attuale, le minacce non tradizionali alla sicurezza sono tanto importanti quanto quelle tradizionali» e che per affrontarle serve un approccio multidimensionale».  Ma la necessità di sopravvivere dei piccoli stati insulari passa in secondo piano quando la più potente nazione del mondo, gli Usa, decidono di uscire dall’Accordo di Parigi e di non investire più nella mitigazione del cambiamento climatico e nello sviluppo sostenibile.

Palitha Kohona, ex rappresentante permanente all’Onu di Sri Lanka, ha detto all’Ips che per gli Stati insulari «E’ necessario distribuire notevoli risorse per garantirsi un posto  (nel Consiglio di sicurezza Onu) poi per raggiungere il loro obiettivo, perché l’elezione del Consiglio di sicurezza, purtroppo, sono diventate un concorso per vedere quale candidato spende di più e per fare le visite richieste nelle capitali. Le Maldive segnano un trend per i Sids,  che dovrebbero  anche svolgere un ruolo nel Consiglio di Sicurezza. Hanno preoccupazioni di interesse globale. In ogni modo è inadeguato che questo organismo diventi sempre di più una protezione per i grandi e i potenti. Il Consiglio di sicurezza è nella posizione giusta ed è qualificato per sensibilizzare l’opinione pubblica sui cambiamenti climatici e le conseguenze del riscaldamento globale, come ad esempio l’aumento del livello del mare. Sono minacce per l’esistenza stessa del genere umano e potrebbe anche diventare minacce alla pace e alla sicurezza globale. I rifugiati destabilizzano già l’Europa e l’Afflusso sarà maggiore a causa del cambiamento climatico, il che si trasformerà in una minaccia per la pace e richiederà azioni del Consiglio di Sicurezza. E vedere un amico leale e un vicino che cerca un seggio non permanente nel Consiglio di Sicurezza spinge lo Sri Lanka a fare lo stesso in un futuro non molto lontano».

Quanto deciso dalla United Nations framework convention on climate change a Parigi è fondamentale per incrementare l’azione climatica nei Sids e negli altri Paesi in via di sviluppo.  Alla domanda se l’accordo di Parigi rifletta i timori sul cambiamento climatico espressi dai Sids sull’aumento del livello del mare, Said ha risposto che «E’ solo uno dei tanti impatti dei cambiamenti climatici che sono di importanti per i Sids. L’obiettivo principale del accordo di Parigi è quello di migliorare l’azione climatica e quindi non affronta direttamente l’innalzamento del livello del mare. Tuttavia ha fatto includere un forte obiettivo sulla temperatura e un importante articolo sulle  perdite e i danni, che indirettamente affrontano queste preoccupazioni. Ciò che è importante per ora è quello di fare in modo che i Paesi facciamo immediatamente forti tagli alle loro emissioni».

Intanto le Maldive avvertono l’Onu e i Paesi vicini che se la lotta al cambiamento climatico non riuscirà a impedire che il mare le sommerga  bisognerà pensare ad un luogo dove trasferire tutta la popolazione del Paese. Approcci in questo senso erano già stati fattio in passato con l’India, ma sarà difficile che il governo della destra induista sia disposta a fare spazio al suo interno ad un Paesi di mezzo milione di musulmani che sta diventando sempre più integralista.

Sarir ha detto di sperare in un aiuto del Green Climate Fund (Gcf), «Uno strumento multilaterale per fornire fondi ai Paesi in via di sviluppo e che, quindi, sarà fondamentale per tutti i Paesi vulnerabili accelerare l’adesione al Gcf». Le Maldive hanno già presentato il primo progetto al Gcf per fare in modo che un terzo della sua popolazione sia autosufficiente per quanto riguarda l’acqua potabile entro 5 anni.

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