Ricerca della solitudine: valore aggiunto o indice di disagio?
0Sentire la necessità di trascorrere del tempo soli con se stessi è un’esperienza comune e le motivazioni che ne sono alla base, possono essere le più disparate.
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Una parte dell’identità personale è costituita dall’identità sociale, espressione con cui si intende l’insieme dei ruoli e delle immagini di noi stessi che offriamo agli altri e che ci vengono attribuiti dagli altri. Se, da una parte, mantenere tale immagine è ciò che permette di sperimentare il senso di appartenenza ad un gruppo, dall’altra può risultare stressante ed estenuante “mantenerla indosso” per un tempo prolungato, soprattutto se risulta essere molto lontana da come ci si percepisce realmente. Stare soli con se stessi può diventare allora l’occasione per togliere la maschera e riconnettersi con la parte più autentica di sé.
Se la decisione di stare da soli è dettata dall’esigenza di rigenerarsi e ricaricarsi, non è da considerarsi un campanello di allarme. Se invece la scelta di declinare inviti a partecipare ad eventi sociali, considerati fonti di ansia, è seguita da una sensazione di immediato sollievo, è necessario prestare attenzione. Questo infatti potrebbe risultare una via di fuga, un evitamento, che a lungo andare impedisce sia di prendere confidenza con situazioni percepite come minaccianti, sia di sperimentarsi dal vivo e constatare che lo scenario peggiore immaginato attorno all’evento, non si sia effettivamente verificato nella realtà.