Il terremoto di Mw 7.0 del 16 dicembre 1857 in Basilicata, uno dei più distruttivi della storia sismica italiana

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Il terremoto di Mw 7.0 del 16 dicembre 1857 in Basilicata, uno dei più distruttivi della storia sismica italiana

Questo terremoto riveste una particolare importanza almeno per tre aspetti: è uno dei più distruttivi della storia sismica italiana degli ultimi 25 secoli, è il primo al mondo documentato fotograficamente, è il primo per cui la scienza dei terremoti è definita come sismologia.
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Veduta da ovest della parte alta di Polla distrutta dal terremoto del 16 dicembre 1857 (da Mallet, 1862).

Veduta da ovest della parte alta di Polla distrutta dal terremoto del 16 dicembre 1857 (da Mallet, 1862).

Il 16 dicembre 1857, alle ore 20:15, 20:18 e 21:15 (del tempo medio di Greenwich – GMT) tre violentissime scosse di terremoto devastarono una vasta area della Basilicata e una parte della Campania: in particolare furono colpite l’attuale provincia di Potenza e la zona centro-orientale di quella di Salerno. I danni più gravi furono risentiti nelle zone montuose, in particolare nell’alta Val d’Agri. Più di 180 località, comprese in un’area di oltre 20.000 km2, subirono danni gravissimi al patrimonio edilizio, tanto da rendere inagibili gran parte delle case. Entro quest’area, più di 30 centri subirono danni disastrosi: interi paesi e villaggi sparsi su una superficie di 3.150 km2 furono rasi al suolo.

Negli attuali comuni di Montemurro, Grumento Nova (allora Saponara), Viggiano, Tito, Marsico Nuovo e Polla si ebbe il maggior numero di vittime. Complessivamente vi furono 3.313 case crollate e 2.786 divennero pericolanti e inabitabili. Spaventoso fu anche il bilancio dei morti: secondo le stime ufficiali 10.939, di cui 9.732 nelle province lucane (il 2.6% della popolazione) e 1.207 nella provincia di Salerno. Stime non ufficiali, ma più realistiche, portano a 19.000 il numero totale di vittime (Guidoboni e Ferrari 2004, Guidoboni et al. 2007).

Le prime notizie sul terremoto sono contenute in una lettera al Giornale del Regno delle Due Sicilie del direttore dell’Osservatorio Astronomico di Napoli Leopoldo del Re, pubblicata il 17 dicembre, nella quale si diceva che alle 20:15 e due minuti dopo si erano sentite due forti scosse di terremoto.

Il Catalogo Parametrico dei Terremoti Italiani (CPTI11), che riprende lo studio da Guidoboni et al. (2007), classifica questo terremoto con un’intensità epicentrale pari al grado XI della Scala Mercalli-Cancani-Sieberg (MCS) e una stima della magnitudo momento equivalente Mw=7,03.

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Distribuzione degli effetti del terremoto del 16 dicembre 1857 secondo Guidoboni et al. (2007) [fonte: DBMI11], in gradi della scala Mercalli-Cancani-Sieberg (MCS). Il quadrato individua l’epicentro calcolato a partire da questa distribuzione geografica di effetti e il grande rettangolo rappresenta la proiezione in superficie della sorgente sismica approssimata a una forma rettangolare. L’intensità massima di XI grado MCS corrisponde alle località di Montemurro e Grumento Nova.

Già il 20 dicembre, quattro giorni dopo il terremoto, Alphonse Bernoud, un fotografo francese operante a Napoli, partì per documentare con la fotografia lo stato dei paesi colpiti. Egli tornò per ben altre 3 volte nei luoghi del disastro, realizzando il primo reportage di un terremoto della storia. Al termine di ogni sua spedizione, egli metteva in vendita le fotografie fatte, destinando parte del ricavato alle popolazioni colpite dal terremoto. Molte sue fotografie sono animate con persone, fra cui spesso era presente anche il suo assistente con lo zaino in spalla recante la scritta “Alphonse Bernoud photographe”. Un espediente anti-pirateria del tempo per evitare riproduzioni e duplicati non autorizzati.

Le prime notizie del terremoto

I primi resoconti del terremoto rimbalzarono su tutti i più importanti quotidiani e periodici illustrati europei, in particolare di Londra e Parigi. Il 24 dicembre e nei giorni successivi, il Times diede testimonianze via via sempre più dettagliate del terremoto e il 9 e 30 gennaio 1858 il periodico parigino L’Illustration, e successivamente L’Illustrated London News, pubblicò le prime immagini delle devastazioni nelle aree del Vallo di Diano e dell’Alta Val d’Agri.

Ritagli di articoli comparsi sul Times, di Londra, recanti le prime notizie del terremoto nel Regno delle Due Sicilie.

Ritagli di articoli comparsi sul Times, di Londra, recanti le prime notizie del terremoto nel Regno delle Due Sicilie.

Gli articoli dell’Illustration sono firmati da Marc Monnier, un giornalista-scrittore che operava a Napoli, mentre le incisioni sono tratte dalle fotografie stereoscopiche dei primi reportage fotografici di Bernoud, condotti fin dai primi giorni successivi al terremoto.

Le prime località documentate dalle immagini si riferiscono ai luoghi più vicini a Napoli, nel Vallo di Diano: Pertosa e Polla (L’Illustration del 9 gennaio 1858). Successivamente Bernoud riuscì a raggiungere anche Auletta, Atena Lucana, Tito, Vignola (Pignola), Paterno, Marsico Nuovo, Potenza (L’Illustration del 30 gennaio 1858).

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Particolare di una pagina dell’Illustration del 30 gennaio 1858, con il resoconto di Monnier sulle aree devastate dal terremoto del 16 dicembre 1857. Il testo è corredato da incisioni tratte dalle fotografie stereoscopiche di Bernoud (in basso), In particolare: crolli nella chiesa delle Santissima Trinità di Potenza (a sinistra; Coll. Royal Society n. 309) e l’abside e del campanile della chiesa di Santa Maria Maggiore di Pignola (a destra; Coll. Royal Society n. 84). Nella precaria conoscenza di luoghi, così distanti da Napoli e impervi da raggiungere, i nomi delle due chiese sono imprecisi o confusi nelle didascalie delle incisioni.

Incisioni tratte dalle fotografie stereoscopiche di Bernoud.

Incisioni tratte dalle fotografie stereoscopiche di Bernoud.

La risposta istituzionale al terremoto

A differenza della tradizione storiografica di parte borbonica e di quella liberale, che ricorda “cospicui” interventi governativi, in realtà l’intervento del governo borbonico fu irrilevante, quando non dannoso. Solo a fine marzo l’Intendenza di Basilicata comunicò i danni subiti e, a riprova della tragica situazione della popolazione a oltre tre mesi dal terremoto, fu il problema del seppellimento dei morti, che nei carteggi ufficiali erano ormai sbrigativamente chiamati “carogne”.  Questi erano ancora per la maggior parte in decomposizione sotto le macerie di paesi nella morsa di un rigido e piovoso inverno lucano.

Era opinione di alcuni osservatori stranieri che quello dei Borboni fosse un regno in rovina. Le ragioni di quel lunghissimo processo di degrado erano indicate nei cattivi governi, nell’ingiustizia eretta a sistema, nella prevaricazione continua, nell’oscurantismo culturale predominante. La critica era spesso attacco politico diretto, elemento che innescava durissime reazioni e spingeva a difese d’ufficio.

La polemica sul ruolo degli interventi governativi fu lunga a spegnersi. Teofilo Roller, un inglese protestante, che assieme al suo connazionale Major si occupò della distribuzione di aiuti privati stranieri, accusò esplicitamente il governo borbonico di incapacità, ritardi, omissione di soccorso, avarizia (Guidoboni e Ferrari, 2004). Di Montemurro, definito da Robert Mallet “città dei morti” (Mallet 1862), uno dei paesi più colpiti, Roller diede una tragica descrizione, avendo fatto una ricognizione personale nell’area del terremoto (Roller 1861):“Arrivati molto tempo dopo il disastro [ossia nel febbraio 1858], i soldati hanno costruito due o tre capanne [le fonti ufficiali ne dichiaravano 426], è vero, ma le autorità le hanno impiegate a loro proprio uso. In quanto alla popolazione, non ne sono affatto preoccupati, sotto lo stesso pretesto che essa era tutta sotto terra, e che 5.000 abitanti erano morti sui 7.500 che contava la città. Questa cifra è spaventosa, ma dolorosamente vera, ciò che è vero altresì, è il modo con cui le autorità e la truppa han reso gli ultimi doveri ai morti, e soccorso i vivi. Di quelle 5.000 vittime, 2.000 appena sono state tratte da quel cimitero.”

Effetti in alcuni dei paesi più colpiti

Riassumiamo qui gli effetti di alcuni dei paesi più colpiti dell’alta Val d’Agri e del Vallo di Diano. Per tutte le 340 località studiate per questo terremoto si rimanda al Catalogo dei Forti Terremoti in Italia.

Alta Val d’Agri

Montemurro (XI MCS): Completa distruzione dell’abitato, ridotto a un cumulo di macerie: quasi tutti gli edifici crollarono completamente. Gli ultimi resti di costruzioni furono abbattuti da due forti repliche avvenute il 26 dicembre 1857. Rimasero in piedi solo un palazzo e il convento dei Frati Minori, comunque gravemente lesionati, e tre campanili crollati parzialmente. Divamparono numerosi incendi.

Grumento Nova (al tempo Saponara; XI MCS): Completa distruzione del paese. Gravemente danneggiato anche il castello Ciliberti. Solo il lato est del paese presentava ancora qualche muro non crollato, mentre alla base della collina su cui sorgeva il centro abitato una casa a due piani rimase in piedi. Venne sottolineato che in questa località il numero di vittime fu elevato perché molti in fuga dopo la prima scossa rimasero intrappolati nelle strade troppo strette.

Viggiano (X MCS): Gravissimi danni: molte case crollarono completamente e altre parzialmente in particolare nella parte alta dell’abitato. I danni furono aggravati da un incendio che seguì le due scosse principali.

Brienza (X MCS): Crollo di gran parte delle case. Parzialmente crollato anche il castello.

Marsico Nuovo (X MCS): Danni gravissimi all’abitato: due terzi delle case risultarono crollate o crollanti.

Paterno (X MCS): Gravissimi danni.

Marsicovetere (IX-X MCS): Quasi completa distruzione dell’abitato.

Sarconi (X MCS): Quasi completa distruzione dell’abitato. Anche la chiesa crollò completamente a eccezione della parte bassa del campanile.

Spinoso (X MCS): Quasi completa distruzione dell’abitato. Le poche case rimaste in piedi risultarono gravemente lesionate o crollanti.

Tramutola (X MCS): Crollo di circa 500 case e il danneggiamento delle altre. 200 case furono giudicate pericolanti. Crollarono l’abside e l’organo della Chiesa Madre i cui muri furono tutti gravemente fessurati e crollò parzialmente quella del Rosario. Il Palazzo Marotta di costruzione più robusta fu invece solo lievemente danneggiato.

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Fotografie monoscopiche di Claude Grillet, commissionate da Mallet, per documentare le distruzioni causate dal terremoto del 1857 a Pertosa (a sinistra; Coll. Royal Society n. 64) e Montemurro (a destra; Coll. Royal Society n. 262).

Vallo di Diano

Atena Lucana (X MCS): Il terremoto causò danni gravissimi: crollarono 932 case e 812 risultarono pericolanti. Le strade si riempirono di macerie, cavi e tralicci crollati. Pochi danni subirono invece le casette estive a un solo piano che sorgevano ad una altitudine più elevata rispetto al centro abitato ed anche la cattedrale, grazie alla sua buona costruzione. Vi furono 55 morti e 29 feriti su una popolazione di 4.403 abitanti.

Polla (X MCS): Il terremoto causò la quasi completa distruzione dell’abitato: crollarono 1.300 case e 335 risultarono pericolanti, causando oltre 2.000 vittime su circa 7.000 abitanti. Crollarono la chiesa della Trinità e il castello, fu gravemente danneggiato il palazzo Palmieri; gli effetti furono meno distruttivi nella parte in piano del paese. Una fonte registra 250 feriti su 6.644 abitanti.

Pertosa (IX-X MCS): Il terremoto causò la quasi completa distruzione del paese che fu uno dei più danneggiati del Vallo di Diano. Ci furono numerose vittime: una fonte ne registra 150. Vi furono inoltre 40 feriti su una popolazione di 1.179 abitanti. Furono particolarmente colpite le zone est e ovest dell’abitato: 176 case crollarono (in quasi tutte si verificò il crollo dei tetti e dei pavimenti più pesanti) e 133 risultarono pericolanti. Dopo il crollo, la parte in legno delle case s’incendiò e causò altri morti. Alcune case di recente costruzione, basse e fatte con pietre squadrate e con stipiti in lunghi blocchi resistettero bene e subirono solo numerose crepe. Nell’area sud del paese i danni furono più contenuti.

Padula (IX MCS): Il terremoto causò danni gravissimi particolarmente nella ripida zona ovest e sud del paese: 171 case crollarono e 50 divennero pericolanti. Vi furono 32 morti e 10 feriti su 8.125 abitanti. Gravi danni strutturali anche alla famosa Certosa di San Lorenzo.

Le fonti storiche documentano una sequenza sismica di circa un centinaio di scosse, comprese quelle distruttive. Le repliche si susseguirono frequenti nel corso del mese di dicembre. In particolare quelle avvenute il 26 dicembre alle ore 2.00 e alle ore 5.00 causarono il crollo delle ultime costruzioni ancora in piedi a Montemurro. Nei mesi successivi le scosse continuarono fino al maggio 1859; tra queste, quella avvenuta l’8 marzo 1858 alle ore 0.15 GMT causò danni a Potenza e a Tramutola.

Effetti sull’ambiente

In circa 30 località, fra Atella, Polla e Latronico, il terremoto causò vasti movimenti franosi, smottamenti e abbassamenti del terreno, con l’apertura di numerose spaccature, di cui una di 270 m a Polla. Molte sorgenti aumentarono la loro portata. A Marsico Nuovo, Moliterno, Salandra ed Episcopia vi furono esalazioni gassose e solforose. Nei pressi di Viggiano di verificò una frana sismo-indotta, documentata da un disegno di Mallet allegato al suo Rapporto (Mallet 1862). La mappa sottostante, tratta da Valensise e Guidoboni (2000), riporta la distribuzione geografica degli effetti sull’ambiente causati da questo terremoto.

La distribuzione geografica degli effetti sull’ambiente causati da questo terremoto, (Fonte: Valensise e Guidoboni, 2000).

La distribuzione geografica degli effetti sull’ambiente causati da questo terremoto, (Fonte: Valensise e Guidoboni, 2000).

La missione scientifica di Robert Mallet

Il 9 febbraio 1846 Robert Mallet, giovane ingegnere irlandese, presentò alla Royal Irish Academy un rapporto sulla dinamica dei terremoti (On the dynamics of earthquakes).

Lo studio, del tutto originale, mancava tuttavia di una verifica sperimentale: il laboratorio naturale rappresentato da un terremoto di grande intensità, molto raro nelle isole britanniche.

Le prime notizie del terremoto riportate dal Times il 24 dicembre 1857 fornirono l’occasione che Mallet attendeva da tempo. Richiese immediatamente alla Royal Society di Londra un finanziamento di 150 sterline per una missione tesa a decifrare la “terribile iscrizione” che il terremoto aveva così drammaticamente scritto nel territorio dell’alta Val d’Agri e del Vallo di Diano. Ottenuto il sostegno economico della Royal Society, il 27 gennaio 1858 Mallet partì per Napoli, dove arrivò il 5 febbraio. Qui attese fino al 10 febbraio l’autorizzazione del Governo borbonico a compiere la sua missione. Nella “noiosa attesa”, Mallet vide le fotografie di Bernoud ed ebbe contatti con un altro fotografo, Claude Grillet, con il quale valutò costi e tempi di una ricognizione fotografica successiva alla sua missione. Con diverse lettere ufficiali indirizzate alle varie autorità locali di tutte le province che intendeva attraversare, contenenti l’ordine di fornirgli tutta l’assistenza possibile, Mallet raggiunse rapidamente l’area “d’azione dell’incredibile violenza del terremoto”. Percorse circa 500 km in 15 giorni, lungo strade militari e sentieri impervi, con passaggi resi particolarmente difficili e pericolosi dalle avverse condizioni atmosferiche; raccolse informazioni da persone che parlavano numerosi dialetti; provò le emozioni più diverse di fronte alla drammaticità di paesi distrutti e di popolazioni.

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Tracciato della missione scientifica di Mallet, circa 500 km, sovrapposto alla mappa tematica degli effetti del terremoto. La gradazione di colori dal giallo al viola rappresenta valori crescenti di effetti sismici di danno (dal VI all’XI grado MCS).

L’ingegnere irlandese rientrò a Napoli il 28 febbraio e vi trovò un telegramma da Londra che lo autorizzava ad affidare un reportage fotografico a Grillet a corredo della sua missione. Il 7 marzo Mallet partì per fare rientro in Inghilterra e nei primi giorni di aprile 1858 inviò al presidente della Royal Society una breve relazione della sua missione scientifica, tenendo i dettagli scientifici e le conclusioni per una trattazione più sistematica.

Finiva così l’esperienza sul campo, la tanto attesa occasione di osservare nel “laboratorio terremoto” e iniziava l’avventura della pubblicazione della relazione estesa della sua spedizione scientifica, con cui Mallet definì sismologia la scienza dei terremoti (Mallet 1862).

a cura di Graziano Ferrari (INGV-Bo e CNT).

 

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