Scoperta una grande villa etrusca a Vetulonia nel Grossetano

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Scoperta una grande villa etrusca a Vetulonia nel Grossetano

Gli archeologi l’hanno ribattezzata “domus dei dolia”: mai era stata ritrovata una casa etrusca in un simile stato di conservazione, dalle fondamenta al tetto
testo e fotografie di Marco Merola
www.nationalgeographic.it

Una casa appartenuta ad una potente famiglia etrusca, l’incendio, avvenuto nel primo ventennio del I secolo a. C. e, sullo sfondo, la sanguinosa guerra fratricida tra Mario e Silla per il dominio dell’Italia, di cui abbiamo letto sui libri di scuola.

Questi alcuni degli ingredienti di una fantastica scoperta archeologica avvenuta a Vetulonia, l’antica Vatl, a pochi chilometri da Grosseto. Gli esperti l’hanno ribattezzata “domus dei dolia”, perché il primo ambiente ritrovato, un magazzino, conteneva dei grossi orci per l’olio.

E’ la prima volta, nella storia dell’archeologia italiana, che viene ritrovata una casa etrusca in un simile stato di conservazione, dalle fondamenta al tetto. “Una villa enorme, di almeno 400 metri quadrati, con 10 stanze e altri ambienti di servizio”, conferma l’archeologa Simona Rafanelli, che dal 2015 sta portando in luce, un po’ alla volta, questa meraviglia.

Muri a secco, pavimenti in cocciopesto, il soffitto in argilla pressata contro una struttura in incannucciata, tegole piane e coppi, magnifiche decorazioni. Sono stati ritrovati persino i chiodi che fissavano le travi al tetto.

Mentre in un ‘salottino’ un po’ appartato, che in origine era decorato con affreschi di primo stile pompeiano, giacevano in una buchetta ricavata al di sotto del pavimento (forse un nascondiglio di fortuna?) delle statuine in bronzo di eccezionale valore. Doveva essere la dimora di un gran signore, a giudicare dagli arredi interni e dalla posizione.

Alcuni grandi chiodi in ferro pertinenti alla struttura della domus

Adagiata, com’era, su un poggio perso tra le campagne maremmane, offriva al suo proprietario un panorama mozzafiato.

Peraltro, l’edificio si ergeva proprio nel mezzo della via dei Ciclopi. Non una strada qualunque, ma una delle arterie principali che attraversavano i quartieri etruschi e romani di Vetulonia (insieme alla via Decumana). Dall’alba al tramonto era tutto un via vai di commercianti, maggiorenti e gente dell’upper class locale.

“Vetulonia  conobbe, a partire dal III secolo avanti Cristo, un periodo di convivenza pacifica (e proficua ndr) con Roma. La città etrusca era in un periodo di notevole fioritura e benessere economico, testimoniati dalla ridecorazione di edifici sacri, dalla costruzione di nuove domus e, più in generale, dall’espansione demografico-urbanistica”, ha aggiunto Rafanelli.

Il dritto del denario romano di età sillana (80 ca. a.C.) ornato dalla rappresentazione del volto di profilo di Iuno (Giunone) Lanuvina, riconoscibile dalla pelle di capra indossata a mo’ di cappuccio. La dea era venerata nella città latina di Lanuvio, patria di origine di Lucius Thorius Balbus, il militare e triumviro monetale romano, fedele a Silla, che fece battere la moneta

La polis etrusca ottenne da Roma persino il permesso di battere moneta (e infatti durante lo scavo ne sono state ritrovate tante). Quella più famosa era il ‘sestante’ in bronzo, decorato, sul rovescio, da un tridente fra due delfini guizzanti capovolti.

Dopo vari decenni di buon vicinato con la Capitale riconosciuta e rispettata, dunque, arrivò il brusco stop, dovuto alla Prima guerra civile romana. Vetulonia, come altre città etrusche, si era schierata con Gaio Mario, colui che sarebbe poi uscito sconfitto dalla sanguinosa contesa con Lucio Cornelio Silla.

E qui la sorpresa… dalla terra maremmana è venuta fuori una moneta (un denarius d’argento) fatto coniare dal triumviro monetale Lucius Thorius Balbus, nativo di Lanuvio.

Una restauratrice interviene su un cavallino (che originariamente aveva in groppa anche un cavaliere, forse un dioscuro) in bronzo. L’animale decorava la parte superiore di un candelabro ed è databile al IV secolo a.C.

Della vita di Balbo conosciamo alcuni passaggi decisivi. Sappiamo che era un sillano convinto e che morì in Spagna per mano di un seguace di Mario. La moneta, dunque, arrivò a Vetulonia nelle tasche di un soldato sillano che, presumibilmente, la perse nel trambusto generato dagli incendi e dalle devastazioni portate alla città quale forma di vendetta per la sua fedeltà a Mario.

“Di sicuro questa moneta assegna al sito una fine logica e cronologica certa”, conclude l’archeologa. “Gli atti di rappresaglia sillana contro le città etrusche, perpetrati dopo l’80 a. C., sono riportati in tutte le fonti e mi pare di poter dire che qui ne abbiamo una prova inconfutabile”.

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