18 aprile 1906: il devastante terremoto di Mw 8.3 che distrusse San Francisco

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18 aprile 1906: il devastante terremoto di Mw 8.3 che distrusse San Francisco

La città rasa al suolo, 3000 morti. Da allora partì il nuovo corso della sismologia: per i geologi americani una nuova forte scossa potrebbe colpire di nuovo la zona entro il 2032


di Saverio Lombardo
www.dossiersicurezza.com

Ha 102 anni il sisma che fa ancora paura: era il 18 aprile del 1906 quando 
la terra cominciò a tremare, molti 
pensarono che fosse arrivata la fine 
del mondo. Gli incendi che seguirono 
al sisma provocarono 3.000 morti e 
decine di migliaia di feriti. 
La scossa venne dalle remote profondità dell’Oceano Pacifico: la violenza che sconvolse la terra seminando distruzione ovunque si muoveva alla velocità di oltre 3 km al secondo.





L’epicentro del terremoto è la Faglia di Sant’Andrea nell’Oceano Pacifico, una fenditura sottomarina della crosta terrestre, lunga oltre 1000 km e profonda 50, in cui si produsse una gigantesca spaccatura. Il movimento tellurico, che raggiunse gli 8,3 gradi della scala Richter, venne registrata dai sismografi di Londra e Tokyo. 
L’onda d’urto raggiunge la terraferma nei pressi di Point Arena, 140 km a nord di San Francisco, e continua la sua corsa verso sud. I villaggi di pescatori della zona vengono rasi al suolo, i binari delle ferrovie si piegano, alberi secolari vengono sradicati, i pali della luce si schiantano a terra. La scossa distrugge anche un ospedale per disabili mentali, uccidendo 87 persone, e fa letteralmente a pezzi le condutture che riforniscono d’acqua la città di San Francisco e l’area circostante.

Centodue anni fa, alle 18 di mercoledì 18 aprile 1906 i telegrafi di tutti i grandi giornali ricevevano i dettagli di un sisma che si rivelerà il terremoto più devastante di quei tempi. “Man mano che giungono nuove notizie da San Francisco, il disastro del terremoto sembra sempre più grande”, riferiscono i giornalisti. Il sisma semina distruzione e morte e con esso si stravolgono tutte le teorie dei sismologi: è dopo questa tragedia immensa, infatti, che H. F. Reid, studioso della Johns Hopkins University, sviluppa la teoria del “rimbalzo elastico” alla base della sismologia moderna. 
Il terremoto raggiunge la metropoli californiana alle 5:12 del mattino. Il sole non è ancora sorto, e la maggior parte dei 350.000 abitanti sta dormendo. 
Gli edifici crollano dalle fondamenta, i campanili si abbattono al suolo, i comignoli delle fabbriche, i tetti delle case e la pavimentazione delle strade si sbriciolano, le condutture del gas esplodono. L’edificio dell’Opera, dove solo poche ore prima il tenore italiano Enrico Caruso si era esibito nella Carmen, viene completamente distrutto.

Dopo questa prima scossa, vi furono dieci secondi di calma irreale. Poi sembrò che ricominciasse la fine del mondo con altre sei violentissime scosse. 
Testimoni del disastro riferirono di aver sentito da Ovest un boato, “come un immenso tuono”. Tuono sempre più vicino e potente. Fino all’onda che ha squassato la terra: “Il terrore è indescrivibile, il panico è al colmo”, si legge nelle cronache di allora.
 Rapidamente, le scosse si estendono per tutta la lunghezza della California, arrivando a 12 km dal centro di San Francisco. Come se questo disastro non fosse già sufficiente, verso le 6 del mattino in tutta la città scoppiano decine di incendi e i vigili del fuoco non sono in grado di intervenire perché la pressione idrica nelle manichette è insufficiente a causa della scarsezza d’acqua nelle condotte. La gente fugge gridando nelle strade o si aggira senza meta, in stato di shock. Un’ora dopo, il generale Frederick Funston, comandante di zona delle forze armate, decide di mettere la città sotto giurisdizione militare e ordina ai suoi soldati di sparare a vista a quanti già si aggirano tra le macerie rovistando per rubare. 
Ma non è il terremoto il vero killer: sono gli incendi che seguono, che provocano centinaia di vittime e decine di migliaia di feriti. “Attorno al fabbricato della posta centrale, che è di fronte al mare, all’est e al sud di questo fabbricato, mancando l’acqua si fanno saltare le case per arrestare la marcia delle fiamme: le strade sono sbarrate dalle macerie”, scrivono i giornali del tempo. Chi si risvegliò nel cuore di quella notte di morte vide una città in agonia, a iniziare dalla zona sud di Market Street, la più devastata. “Gli abitanti lasciano precipitosamente le case”. Per molti un disperato tentativo inutile.

A causa della mancanza d’acqua, i vigili del fuoco e le squadre di soccorso tentano di limitare gli incendi utilizzando la dinamite, ma non fanno che peggiorare la situazione. Nel giro di poche ore, il fuoco, alimentato dal forte vento, distrugge il grande centro commerciale e si dirige con estrema velocità verso gli altri quartieri residenziali. 
Le fiamme infuriano su una superficie di 21 chilometri quadrati e radono al suolo 28.000 edifici. Alla fine, oltre ai morti e ai feriti si contano 250.000 senzatetto e danni per 350 milioni di dollari.

Cent’anni dopo, il ‘Big One’ fa ancora paura 

Il terremoto della California del 18 aprile 1906 viene ricordato come uno dei terremoti più significativi di tutti i tempi. Oggi, la sua importanza come danni, pur pesantissima, è molto relativa ed è legata più dalla ricchezza di conoscenza scientifica scaturita da esso che dall’evento tellurico stesso. Spaccando le 296 miglia (477 chilometri) della faglia di San Andreas, dal nord-ovest del San Juan Bautista alla giunzione triplice al Cape Mendocino, il terremoto ha complicato le convinzioni dei geologi contemporanei con i suoi relativi grandi, spostamenti orizzontali e la grande lunghezza della frattura.

Effettivamente, l’importanza del movimento tellurico e il riconoscimento della violenta immagine che ha dato di se stesso, non sarebbero stati ben valutati a quel tempo, ma solo successivamente, mezzo secolo più tardi, sulla base degli studi della tettonica e di piastra nelle quali si è verificato. 
L’analisi degli eventi del 1906 sugli spostamenti e le pressioni interne nella crosta terrestre circostante la città. ha condotto il sismologo Reid (1910) a formulare la sua teoria del cosiddetto “rombalzo-elastico” della fonte di terremoto, che rimane oggi il modello principale di studio sei cicli di qualsiasi terremoto.
Più precisamente alle 5:12 a.m., ora locale, un ‘foreshock’ si è presentato con la sua straordinaria forza dirompente che ha sconvolto tutta la zona della baia di San Francisco. Il terremoto ha scatenato tutta la sua forza solo 20-25 secondi più tardi e la sua violenza si è mantenuta tale per altri 45 – 60 secondi circa.


Il terremoto è stato percepito dall’Oregon del sud, a sud di Los Angeles, e nell’interno fino al Nevada centrale. Le più alte intensità della scala Mercalli dal VII al IX grado si sono percepite sino a 80 chilometri di distanza. 
Una caratteristica importante dell’intensità tellurica è descritta in un famoso studio del sismologo Lawson. Gli studiosi moderni degli effetti degli eventi sismici hanno riproposto nei simulatori – con le opportune variazioni – le circostanze geologiche che si verificarono cento anni fa.
L’anniversario ha quindi risvegliato la paura e ha dato nuovi stimoli agli scienziati. Geologi e ingegneri americani di Enti di ricerca e di Università sono impegnati in studi e simulazioni al computer che hanno ipotizzato un Big One trenta volte superiore ai 7,1 gradi di quello di Loma Prieta nell’89 – e sono già state individuate le zone nelle quali gli edifici dovrebbero essere rinforzati. 
C’è inoltre un disastro nel disastro, da evitare: secondo i geologi, in alcune precise zone nell’area di San Francisco il sisma colpirebbe più forte e più a lungo.

E tra queste zone c’è la Silicon Valley, il distretto industriale leader al mondo nelle tecnologie avanzate, abitato da un milione e 700 mila persone.
I ricercatori americani sostengono dunque che vi sarebbe il 62 per cento di possibilità che un sisma di magnitudo molto elevata colpisca di nuovo la zona di San Francisco entro il 2032. E se un secolo fa molte zone della Baia erano scarsamente abitate, ora quell’area è densamente popolata e il bilancio di vittime e danni appare infinitamente più tremendo. “Se il Big One dovesse ripetersi oggi – entra in dettaglio uno studio contemporaneo – i danni nell’area della Baia sarebbero pari a 100 miliardi di dollari, le vittime diverse migliaia, e decine di migliaia i senzatetto”. Solo sei famiglie su cento – aggiunge un’analisi recentissima della Croce Rossa americana – sono attrezzate per far fronte a una catastrofe bis.

Il terremoto del 1906 raggiunse una potenza mai registrata prima in California: un’intensità valutata in quello che sarà Mw 8,3 della scala Ritcher. La scossa di allora durò “appena” un minuto ma morti e feriti furono soprattutto la conseguenza dei roghi che seguirono. E i vigili del fuoco che senza acqua nelle condotte tentarono di spegnere gli incendi con la dinamite, aggiunsero danni ai danni. Ventuno chilometri quadrati di fiamme rasero al suolo 28 mila edifici.

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