Il terremoto di Mw 6.3 di Diano marina del 23 febbraio 1887: il sisma più disastroso mai avvenuto in Liguria
Il 23 Febbraio 1887 alle ore 06:22, 06:29 e 08:51 tre forti terremoti interessarono la Liguria Occidentale, anticipati il giorno precedente e fino alla prima mattina da una serie di scosse leggere.
A cura di Stefano Solarino (INGV – Centro Nazionale Terremoti)
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Secondo le ricostruzioni, la scossa delle 6.22 e quella delle 8.51 furono particolarmente intense. I comuni nella fascia costiera tra Sanremo ed Alassio, più vicini all’epicentro, presumibilmente situato in mare al largo di Imperia, subirono gravissimi danni: Diano Castello, Diano Marina, Bussana, Albisola Marina, Baiardo, Castellaro, Ceriana, Laigueglia, San Remo e Taggia patirono la distruzione di molti edifici e soprattutto delle chiese (CFTI4 Med) . Ma le scosse fecero danni anche in molti altri comuni, fino alla provincia di Genova, che allora comprendeva i paesi ora sotto la gestione amministrativa di Savona, istituita provincia solo nel 1927. Anche nel capoluogo genovese si verificarono scene di panico e danni. La festa del “martedì grasso”, ancora in corso al Teatro Carlo Felice, fu bruscamente interrotta e la gente scappò via per la caduta di alcuni grossi lampadari.
Foto dei danni ad Oneglia. Nella cittadina, che in futuro si sarebbe fusa con porto Maurizio sotto il nome comune di Imperia, si contarono 20 morti e 70 feriti. i danni furono ingenti, al punto che le case rimaste agibili furono meno del 3%.
Foto dei danni a Diano Marina, uno dei comuni più colpiti. Il contributo in vittime fu molto alto: morirono infatti 190 persone.
La scossa principale fu avvertita in un’area di 568.000 km2, in pratica in tutta l’Italia settentrionale, la Francia meridionale e centrale, la Svizzera e il Tirolo. Vi furono 631 vittime di cui ben 220 a Bajardo e 190 a Diano Marina. Anche Bussana Vecchia, dove si contarono 53 salme, fu seriamente danneggiata al punto da essere abbandonata e ricostruita più a sud nel 1894, allungando la lista delle città fantasma svuotate in seguito ad importanti fenomeni naturali. All’elevato numero di vittime concorse anche la coincidenza con la celebrazione delle ceneri. Infatti molti fedeli, a differenza di quanto accadeva normalmente, erano riuniti nelle chiese per la cerimonia dell’aspersione. A Bajardo, ad esempio, tutte le 220 vittime partecipavano alla celebrazione e, spaventate dal sisma, si ammassarono verso l’uscita dove rimasero sepolte dalle macerie della volta.
Ai tre eventi principali seguirono 9 scosse di assestamento solo quel giorno. La crisi sismica continuò nei mesi a seguire e durò sicuramente fino all’ottobre del 1887; in totale nel periodo si contarono almeno una ottantina di repliche.
Effetti sull’ambiente e sul contesto sociale
A seguito delle prime scosse si verificò anche un maremoto, di intensità 3 nella scala Sieberg-Ambraseys, con un ritiro orizzontale delle acque sulla battigia fino a 10 metri nel porto di Genova ma che fu ingente anche sulle coste dell’imperiese, dove testimoni ricordano di aver trovato molti pesci morti per la lunga esposizione all’aria. La dimensione del run-up fu di circa 2 metri sulle coste francesi e 1 metro a Genova, valore validato dall’unica registrazione mareografica esistente per il fenomeno.
Registrazione del mareografo nel porto di Genova relativa al giorno 23 Febbraio 1887. Nel grafico si osserva un abbassamento del livello del mare di alcuni decimetri, circa mezz’ora dopo il terremoto, causata da un ritiro delle acque verso il largo. In seguito il mare tornò a crescere invadendo le spiagge di tutta la parte occidentale della regione. Questo di Genova è l’unico mareogramma italiano, probabilmente in Francia esiste una registrazione del porto di Nizza.
FONTE: Eva C., Rabinovich A.B.The February 23, 1887 tsunami recorded on the Ligurian Coast, western Mediterranean -1997 – Geophysical Research Letters, Vol. 24, Issue 17, 2211-2214
Si stima che gli sfollati furono circa 20000. A fronte di questo numero le strutture locali non furono in grado di reagire prontamente e nelle prime 48 ore la situazione fu decisamente difficile. Mancavano i materiali per costruire baracche e rifugi, e gli aiuti tardavano ad arrivare sia per la situazione delle strade che per le continue scosse che compromettevano l’organizzazione degli interventi. La situazione migliorò decisamente solo a seguito dell’emanazione di un decreto pro-terremotati del Regno d’Italia, promulgato il 31 Maggio del 1887.
Due importanti sismologi, Torquato Taramelli e il sacerdote Giuseppe Mercalli, si recarono nell’area della catastrofe su incarico del Ministro Grimaldi che aveva richiesto una relazione su quanto accaduto. I due scienziati trascorsero molti giorni sui luoghi del disastro raccogliendo preziose informazioni. In particolare a Mercalli fu subito chiaro che le scale del danno in uso fino a quel momento erano insufficienti a descrivere la varietà di situazioni che si presentavano ai suoi occhi, e questo fu motivo per elaborare la omonima scala più complessa e completa, che pubblicò agli inizi del ‘900. L’opera dei due tecnici ha una importante valenza perché nella relazione che compilarono al termine del loro studio (Taramelli e Mercalli, 1888) si trovano anche descrizioni relative agli effetti sull’ambiente, che forse sarebbero sfuggiti ad un semplice cronista. Così sappiamo che vi furono alcuni episodi di liquefazione, scomparsa o comparsa di sorgenti, fratture nel terreno e numerose frane. Secondo alcuni studi, non è da escludere che proprio una frana sottomarina sia stata la principale causa del maremoto.
Copertina della memoria compilata da Torquato Taramelli e Giuseppe Mercalli sul terremoto del 1887. Si tratta di un importante ed esaustivo documento che descrive con testimonianze dirette le conseguenze del sisma sull’ambiente e sui centri abitati.
Localizzazione e magnitudo
Si può ragionevolmente pensare che la magnitudo del terremoto del 23 Febbraio 1887 fosse compresa tra 6.4 Mw e 7.0 Mw. Ce ne danno conferma molti studi intrapresi negli anni utilizzando diverse tecniche. La variabilità nei valori dipende da molti fattori: occorre infatti osservare che tutte le magnitudo calcolate a partire dalle intensità sono in qualche maniera sovrastimate dalla sovrapposizione degli effetti di tre scosse. Inoltre, per un evento in mare, la posizione epicentrale è meno accurata, e questo si riflette sulla stima della magnitudo.
Per quanto riguarda la posizione origine dell’evento, nel tempo si sono succedute diverse ipotesi, suffragate da altrettanti studi con risultati spesso discordanti in funzione dei dati considerati per l’elaborazione. Il terremoto fu in effetti registrato negli osservatori meteo-sismici allora esistenti, tuttavia molte di quelle registrazioni, comunque insufficienti a vincolare una localizzazione dell’evento, sono andate perse. Rappresenta un’ importante eccezione la registrazione del sismometro Cecchi installato presso l’Osservatorio di Moncalieri, conservata grazie alla diffusa pratica di “ricopiare” a mano la traccia sismica per consentirne la conservazione e la massima condivisione con altri osservatori. Le diverse proposte sulla posizione dell’evento derivano quindi da informazioni non strettamente strumentali.
Sismogramma del terremoto del 1887 registrato all’Osservatorio di Moncalieri. Fu conservato solo grazie alla pratica di ricopiare l’originale per consentirne una più ampia diffusione tra gli studiosi.