Siamo davvero preparati ad un aumento di ondate di calore come quella di giugno in Europa?

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Siamo davvero preparati ad un aumento di ondate di calore come quella di giugno in Europa?

I picchi estivi delle temperature saranno sempre più frequenti e intensi nei prossimi decenni, molti paesi però non sembrano essere entrati nell’ottica di dover gestire l’emergenza soprattutto nelle aree urbane
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Gli europei – soprattutto quelli delle prossime generazioni – dovranno farci l’abitudine, perché le ondate di calore che hanno investito il Vecchio Continente nel mese di giugno, sono sì eventi eccezionali, ma si ripeteranno con frequenza e intensità maggiori nei prossimi decenni. Soprattutto, dovranno approntare misure per difendersi dai loro effetti sulla salute della popolazione, in particolare quella più a rischio.  È il messaggio lanciato da un commento pubblicato su “The Lancet – Planetary Science” da Dann Mitchell dell’Università di Bristol, nel Regno Unito, e colleghi.

Le registrazioni storiche indicano che le ondate di calore si sono sempre verificate, e sono parte della variabilità meteorologica. Ci sono sempre più prove, tuttavia, del fatto che sono sempre più frequenti e intense, per effetto del cambiamento climatico, prodotto dall’effetto serra, a sua volta indotto dalle attività umane con l’immissione in atmosfera di ingenti quantità di anidride carbonica a partire dalla rivoluzione industriale. Questa relazione causale tra attività umane e ondate di calore, molto difficile da stabilire in modo rigoroso, è stata giudicata “praticamente certa” da una dettagliata analisi del 2018.

L’aumento della temperatura media rispetto ai livelli preindustriali è ora di 1°C , se considerata globalmente, ma la terraferma, e in particolare le aree urbane, si stanno riscaldando a un ritmo molto più elevato rispetto agli oceani. Le aree più densamente popolate sono quindi esposte a temperature eccezionali, che mettono a rischio la salute della popolazione.

Un caso emblematico è quello europeo del 2003, anno in cui si sono registrate le temperature di picco estive più alte degli ultimi decenni, a parte il 2019. Si stima che le ondate di calore dei mesi di luglio e agosto 2003 abbiano causato 70.000 morti in Europa, di cui 15.000 nella sola Francia. E si calcola che il 70 per cento delle morti della città di Parigi fossero da attribuire alle emissioni di gas serra derivanti dalle attività umane. Le morti sono causate in modo diretto ed evidente da shock termici, che si possono avere con l’esposizione al Sole nelle ore più calde, ma anche in modo più subdolo, per l’aggravamento dei disturbi cardiovascolari o respiratori della popolazione più fragile.

Le previsioni del modelli climatici ora parlano di un incremento della temperatura media globale di 2-5 °C rispetto ai livelli preindustriali entro la fine del secolo. Anche se verranno ridotte drasticamente le emissioni di gas serra, è quindi probabile che le ondate di calore porranno notevoli problemi di salute pubblica. Occorrerebbe perciò mettere in campo appositi programmi per prevenire le situazioni più rischiose, preservando per esempio i pazienti più a rischio negli ospedali o evitando l’esposizione degli anziani al calore più intenso.

Le preoccupazioni, sottolineano gli autori sono legate al fatto che molti paesi non sembrano essere entrati nell’ottica di dover gestire l’emergenza. E nel mondo della ricerca, bisogna migliorare la raccolta e lo scambio di dati sulle ondate di calore e sulle loro conseguenze.

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