Nuove foreste in particolari luoghi del pianeta per rallentare il cambiamento climatico

0

Nuove foreste in particolari luoghi del pianeta per rallentare il cambiamento climatico

Piantare gli alberi giusti nei posti giusti potrebbe immagazzinare 205 gigatonnellate di anidride carbonica in 40-100 anni
di Mark Fischetti/Scientific American
www.lescienze.it

Si è detto per anni che piantare alberi può aiutare a salvare il mondo dal riscaldamento globale. Quel mantra, però, era per lo più una professione di fede. Ora finalmente sono disponibili i dati per dimostrare che, se le giuste specie di alberi sono piantate nei giusti tipi di suolo in tutto il pianeta, le foreste emergenti potrebbero catturare 205 gigatonnellate di anidride carbonica nei prossimi 40-100 anni. Sono due terzi di tutta l’anidride carbonica che gli esseri umani hanno generato a partire dalla rivoluzione industriale. “Il recupero delle foreste è di gran lunga la nostra soluzione più potente oggi su scala planetaria”, dice Tom Crowther, professore di ecologia dell’ecosistema globale presso l’Istituto federale svizzero di tecnologia (ETH) di Zurigo, autore di uno studio pubblicato su “Science” che ha generato questo numero sorprendente.

Il gruppo ha analizzato quasi 80.000 misurazioni fotografiche satellitari di coperture arboree in tutto il mondo e le ha combinate con enormi banche dati globali sulle condizioni del suolo e del clima, valutando un ettaro alla volta. L’esercizio ha generato una stima dettagliata di quanti alberi la Terra potrebbe sostenere naturalmente, e una mappa di dove le foreste crescono ora e dove potrebbero crescere, al di fuori di aree come deserti e savane che possono sostenere pochissimi alberi o nessuno. Il gruppo ha poi sottratto le foreste esistenti, nonché le aree urbane e i terreni usati per l’agricoltura, arrivando a 0,9 miliardi di ettari che potrebbero essere coperti da foreste ma non lo sono. Se quegli spazi fossero pieni degli alberi che già crescono nelle vicinanze, la nuova crescita potrebbe immagazzinare 205 gigatonellate di carbonio, quando le foreste saranno cresciute.

La mappa elaborata nello studio: in alto, le foreste attuali (in blu quelle più dense); in basso gli 0,9 miliardi di ettari potenzialmente interessati dalla riforestazione (in verde; in grigio le aree desertiche) (Jean-Francois Bastin et al. in Science, Vol. 365, issue 6448, July 5, 2019)

Dopo 40 o 100 anni, naturalmente, il tasso di crescita della cattura si appiattirebbe, via via che la crescita delle foreste si livellerà, ma i ricercatori sostengono che le 205 gigatonnellate si manterrebbero via via che vecchi alberi moriranno e ne cresceranno di nuovi. Ci sarebbe “un deposito di carbonio in eccesso che non è più nell’atmosfera”, dice Crowther.

Il gruppo ha anche creato uno strumento di pianificazione collegato alla mappa, aperto al pubblico dal 5 luglio. Individui e organizzazioni possono ingrandire qualsiasi posizione per vedere dove si possono far crescere nuove foreste.

Crowther non ha studiato altre tecniche di cattura del carbonio che sono state molto discusse ultimamente, come la fertilizzazione oceanica (far crescere alghe per assorbire il carbonio) o la cattura diretta dall’aria (con macchine che estraggono CO2 dall’atmosfera), ma pensa che sarebbero molto più costose che far crescere gli alberi. Egli stima che piantare alberi su 0,9 miliardi di ettari potrebbe costare al mondo 300 miliardi di dollari. E le nuove foreste forniscono un altro grande vantaggio: ripristinano la biodiversità, che è cruciale, perché molte specie vegetali e animali stanno scomparendo. Crowther dice di aver iniziato a studiare la riforestazione perché stava davvero cercando modi per fermare la perdita di specie. I benefici enormi oltre il sequestro del carbonio “derivano dalla biodiversità, poiché forniscono cibo, medicine, acqua pulita e ogni sorta di beni per gli esseri umani”, afferma.

Sottrarre tutto quel carbonio dall’atmosfera, però, potrebbe richiedere più tempo del previsto. Le foreste potrebbero impiegare più di 70 o 100 anni per raggiungere la piena maturità, dice Robin Chazdon, ecologa e biologa evolutiva dell’Università del Connecticut, che non era coinvolta nello studio. Tuttavia, Chazdon afferma che qualsiasi ripiantamento dovrebbe iniziare il prima possibile, perché i cambiamenti climatici possono compromettere la capacità di crescita delle foreste. Le temperature più alte aumentano la traspirazione degli alberi, che causa loro uno stress. E la siccità si diffonderà, riducendo la crescita degli alberi. Crowther aggiunge che, se anche i cambiamenti climatici pemetteranno a più alberi di crescere alle latitudini settentrionali, renderanno più secche le latitudini tropicali. Le perdite di alberi nei tropici, dice, supereranno i guadagni nell’estremo nord.

Chazdon sottolinea anche che il ripiantamento potrebbe non essere così semplice come sembra, e si chiede se potrà riguardare 0,9 miliardi di nuovi ettari, date le priorità sul campo. Più alberi consumano più acqua e questo potrebbe minacciare l’agricoltura o altre attività umane in aree aride. E le popolazioni locali potrebbero non volere foreste, se hanno bisogno di generare reddito dalla terra, per esempio dall’agricoltura o dalla pastorizia. Alcuni importanti programmi di riforestazione, come quelli nelle Filippine, hanno fallito “perché non c’era alcun coinvolgimento locale”, dice.

I posti migliori per iniziare la riforestazione sono quelli in cui è possibile ottenere facilmente più benefici. In un articolo su “Science Advances” del 3 luglio, Chazdon e colleghi hanno identificato una serie di località nei tropici che presentano un potenziale beneficio superiore alla media e una facilità di avvio.

Tutto il nuovo lavoro sugli alberi, dice Chazdon, segnala che “stiamo entrando nella fase dell’applicazione pratica” della riforestazione intelligente. “Siamo in grado di portare tanta scienza interdisciplinare a supporto, spero che ci sarà più interazione tra scienziati e politici, una volta capito che gli strumenti ora disponibili possono guidare la riforestazione che è la più vantaggiosa dal punto di vista economico, e ha molteplici benefici e meno compromessi”.

(L’originale di questo articolo è stato pubblicato su “Scientific American” il 4 luglio 2019. Traduzione ed editing a cura di Le Scienze. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati.)

Share.

Leave A Reply