Il 2019 anno record per la temperatura degli oceani. Gli ultimi 10 anni i più caldi da quando sono iniziate le rilevazioni

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Il 2019 anno record per la temperatura degli oceani. Gli ultimi 10 anni i più caldi da quando sono iniziate le rilevazioni

La quantità di calore che abbiamo immesso negli oceani negli ultimi 25 anni equivale a 3,6 miliardi di esplosioni di bombe atomiche di Hiroshima, Gli ultimi 5 anni hanno battuto ogni record.
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Il nuovo studio “Record-Setting Ocean Warmth Continued in 2019”, pubblicato su Advances in Atmospher Sciences da un team di 14 ricercatori cinesi e statunitensi di 11 università e istituti scientifici diversi, dimostra che nel 2019 gli oceani sono stati i più caldi di sempre da quando vengono registrati questi dati, in particolare tra la superficie e una profondità di 2.000 metri. Inoltre, anche gli ultimi 10 anni sono stati il decennio più caldo mai registrato per le temperature globali degli oceani, con gli ultimi cinque anni che hanno battuto ogni record.

Per questo gli autori dello studio, guidati da Lijing Cheng, dell’International Center for Climate and Environment Sciences e del Center for Ocean Mega-Science dell’Accademia cinese delle scienze, si conclufde con un invito all’umanità perché agisca per invertire i cambiamenti climatici. Di fronte a effetti disastrosi come i mega- incendi che hanno distrutto milioni di km2 di foreste e migliaia di case in Australia, provocando la morte di decine di persone e di centinaia di migliaia di animali, i ricercatori avvertono che «La temperatura globale degli oceani non sta solo aumentando, ma sta accelerando».

Secondo lo studio, la temperatura oceanica del 2019 è stata di circa 0,075 gradi Celsius al di sopra della media 1981-2010. Per raggiungere questa temperatura, l’oceano avrebbe assorbito 228.000.000.000.000.000.000.000.000 (228 sestilioni) Joule di calore e Cheng sottolinea che «Sono davvero molti zeri. Per facilitarne la comprensione, ho fatto un calcolo. La bomba atomica di Hiroshima è esplosa con un’energia di circa 63.000.000.000.000 di Joule. La quantità di calore che abbiamo immesso negli oceani del mondo negli ultimi 25 anni equivale a 3,6 miliardi di esplosioni di bombe atomiche di Hiroshima. Questo riscaldamento oceanico misurato è irrefutabile ed è un’ulteriore prova del riscaldamento globale. Per spiegare questo riscaldamento, non ci sono alternative ragionevoli a parte le emissioni umane di gas che intrappolano il calore».

Per tenere conto dei dati potenzialmente scarsi e delle discrepanze temporali negli strumenti che erano stati precedentemente utilizzati per misurare il calore oceanico, in particolare dalla superficie oceanica a 2.000 metri di profondità, Il team sino-statunitense ha utilizzato un metodo di analisi relativamente nuovo dall’IAP e I nuovi dati disponibili hanno permesso ai ricercatori di esaminare i trend del caldo risalenti agli anni ’50. Inoltre, lo studio include anche le variazioni della temperatura dell’oceano registrate dalla National Oceanic and Atmospher Administration (NOAA) Usa e i due dataset indipendenti indicano che «Gli ultimi cinque anni sono stati i più caldi mai registrati per le temperature globali degli oceani».

I ricercatori hanno inoltre confrontato il periodo di registrazione dei dati dal 1987 al 2019 con il periodo dal 1955 al 1986 e hanno scoperto che «Negli ultimi 6 decenni, il riscaldamento più recente è stato del 450% circa rispetto al riscaldamento precedente, riflettendo un forte aumento del tasso di cambiamento climatico globale».

Uno degli autori dello studio, lo statunitense John Abraham della School of Engineering dell’University of St. Thomas, evidenzia che «E’ fondamentale capire quanto velocemente stanno cambiando le cose. La chiave per rispondere a questa domanda è negli oceani: ecco dove finisce la stragrande maggioranza del calore. Se vogliamo capire il riscaldamento globale, dobbiamo misurare il riscaldamento degli oceani».

Il 2019 ha battuto tutti i record del riscaldamento globale stabiliti negli anni precedenti e i ricercatori dicono che «gli effetti si stanno già manifestando sotto forma di condizioni meteorologiche più estreme, innalzamento del livello del mare e danni agli animali dell’oceano». Abraham aggiunge che «Il riscaldamento globale è reale e sta peggiorando. E questa è solo la punta dell’iceberg di quello che verrà. Fortunatamente, possiamo fare qualcosa al riguardo: possiamo usare l’energia più saggiamente e possiamo diversificare le nostre fonti energetiche. Abbiamo il potere di ridurre questo problema».

Secondo i ricercatori, «Gli esseri umani possono lavorare per invertire i loro effetti sul clima, ma l’oceano impiegherà più tempo a rispondere degli ambienti atmosferici e terrestri. Dal 1970, oltre il 90% del calore del riscaldamento globale è andato a finire nell’oceano, mentre meno del 4% del calore ha riscaldato l’atmosfera e la terra su cui vivono gli esseri umani». Ma Cheng fa notare che «Anche con quella piccola frazione che ha un impatto sull’atmosfera e la terra, il riscaldamento globale nel 2019 ha portato ad un aumento degli incendi catastrofici in Amazzonia, California e Australia e stiamo vedendo che continuano nel 2020. Il riscaldamento globale dell’oceano ha causato ondate di caldo marine nel Mar di Tasmania e in altre regioni».

Una di queste ondate di caldo marine nel Nord Pacifico, che è stata soprannominata “the blob, è stata rilevata per la prima volta nel 2013 ed è proseguita fino al 2015. Un altro autore dello studio, Kevin Trenberth, un famoso scienziato del National Center for Atmospheric Research Usa, ricorda che «E’ stato documentato che the blob ha causato gravi perdite nella vita marina, dal fitoplancton allo zooplancton ai pesci – compresi 100 milioni di merluzzi – ad animali marini, come le balene. Queste manifestazioni del riscaldamento globale hanno conseguenze importanti».

Trenberth ha anche fatto notare che nel 2017 un hot spot nel Golfo del Messico ha generato l’uragano Harvey che, secondo il Rice Kinder Institute for Urban Research ha causato 82 morti e causato danni per circa 108 miliardi di dollari. L’anno seguente, un hot spot nell’Oceano Atlantico vicino alle Caroline portò all’uragano Florence che, secondo Moody’s Analytics, ha causato 53 morti e tra i 38 e i 50 miliardi di dollari di danni economici.

Ora i ricercatori stanno esaminando in che modo il riscaldamento influisce sugli oceani oltre all’aumento della temperatura e hanno in programma di studiare come le temperature dell’acqua influenzano la galleggiabilità dell’acqua, il che influenza direttamente la distribuzione di nutrienti e del calore.

Cheng conclude: «Il prezzo che paghiamo è la riduzione dell’ossigeno disciolto nell’oceano, la vita marina danneggiata, il rafforzamento delle tempeste e la riduzione della pesca e delle economie legate agli oceani. Tuttavia, più riduciamo i gas serra, meno l’oceano si scalda. Ridurre, riutilizzare, riciclare e passare a una società dell’energia pulita è ancora la strada principale da percorrere».

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