Perchè non ci sono più le nebbie di una volta?

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Perchè non ci sono più le nebbie di una volta?

La loro presenza è in netto calo rispetto agli anni ‘60/’70.

Adesso calate quasi del  70% rispetto agli anni ‘60/’70

Ad esempio, Milano-Linate, negli anni ’60/’70 si registravano in media 1500 ore all’anno con nebbia. Negli anni recenti invece le ore con nebbia si aggirano intorno 400-600. con una diminuzione media del 70%. Analoghe riduzioni sono state osservate però sia nella Val Padana che nelle valli del Centro: 50% ad Ancona,Pescara e Firenze, 45% a Torino, 42% a Roma Urbe, 30% a Vicenza e Bologna, 27% a Venezia, 25% a Brescia e Piacenza.

Due i fattori che hanno favorito il calo delle nebbie

La causa più credibile di questa riduzione è in primo luogo l’aumento delle temperature minime notturne invernali le quali, in Italia, nel corso degli ultimi 40 anni, sono salite in media di 1.5° C rispetto al trentennio precedente. E, siccome le nebbie,almeno sul Centronord della penisola sono provocate, nella quasi totalità dei casi, dal raffreddamento notturno in presenza di cielo sereno, è allora ovvio che, con notti invernali mediamente più calde che nel passato, aumenta la probabilità che il raffreddamento notturno risulti talvolta insufficiente nel provocare la condensazione del vapore acqueo nelle microscopiche goccioline di nebbia.

Ma questa non è l’unica giustificazione plausibile della riduzione dell’incidenza delle nebbie.

Infatti nel favorevole andamento del fenomeno ha senza dubbio influito anche la drastica riduzione negli ultimi decenni del tenore di zolfo nei combustibili fossili per trazione o riscaldamento e che ha ridotto di quasi il 90% l’immissione nell’atmosfera del biossido di zolfo. Cosa c’entra il biossido di zolfo con la nebbia? Ebbene giova ricordare la formazione delle goccioline di nebbia è possibile soltanto se nell’atmosfera vi è un numero sufficiente di nuclei di condensazione, particelle  igroscopiche di qualche millesimo di millimetro di diametro in sospensione nell’atmosfera e che hanno la proprietà di far coagulare su se stesse qualche miliardo di molecole di vapore acqueo. I nuclei di condensazione provengono in genere dal pulviscolo naturale  (nitrati) e dal sale marino immessi nell’ara dal vento ma, nelle aree fortemente industrializzate o urbanizzate, tendono a prevalere i nuclei di condensazione, solidi o gassasi, originati dalla combustione degli idrocarburi.

In particolare, il biossido di zolfo, combinandosi con l’ossigeno dell’aria, si trasforma in anidride solforosa che, a sua volta, in presenza di vapore acqueo, si trasforma in microscopiche particelle di acido solforico e poi in solfato, un composto notoriamente dotato di un forte potere igroscopico e che funge pertanto da ideale nucleo di condensazione. Pertanto l’impiego sempre più massiccio di combustibili BTZ ( Basso Tenore di Zolfo ) fa sì che nell’atmosfera vi sia, rispetto al passato, una minore concentrazione di nuclei di condensazione idonei a favorire la genesi delle goccioline di nebbia.

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1 commento

  1. Gianevasio Ferraris on

    Ma, la presenza delle polveri fini che tanto inquietano in Val Padana, non costituisce il nucleo di condensazione! Inoltre nel secolo XIX le nebbie erano “endemiche” già allora. Si bruciavano legna e carbone, ma altri inquinanti erano scarsi. Oppure no? Grazie.

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