Perugia: sono germogliati i semi di Hibaku jumoku, gli alberi sopravissuti a Hiroshima e Nagasaki

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Perugia: sono germogliati i semi di Hibaku jumoku, gli alberi sopravissuti a Hiroshima e Nagasaki

Sopravissuti ai bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki, ovvero a un calore che, a due chilometri dall’epicentro, è stato quantificato pari a quaranta volte quello emesso dal sole, sono germogliati presso l’Orto botanico del Centro di Ateneo per i Musei Scientifici.
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Sono germogliati presso l’Orto botanico dell’Università degli Studi di Perugia alcuni semi (160 di 30 specie diverse) di Hibaku jumoku (alberi bombardati dall’atomica) sopravvissuti alle devastazioni di Hiroshima e Nagasaki, ovvero a un calore che, a due chilometri dall’epicentro, è stato quantificato pari a 40 volte di quello del sole.

La struttura dell’Ateneo è stata contattata da Antonio Brunori, segretario generale della sezione italiana del Programme for the endorsement of forest certification, associazione internazionale che promuove la gestione sostenibile delle foreste e da Tiziana Volta del “Mondo senza guerra e senza violenza-Biodiversità nonviolenta” di Brescia, per la propagazione dei semi di alcuni Hibaku jumoku. Sono così nati 27 esemplari dell’albero Aphananthe aspera e 13 del più famoso fossile vivente del mondo vegetale, il Ginkgo biloba. Tra le piante sopravvissute a Nagasaki – spiega l’Università – c’è quella madre da cui è stato ottenuto il primo discendente dagli Hibaku jumoku arrivato a Perugia.

«Uno studio degli anni ’70 riportava addirittura di alberi sopravvissuti in un raggio di 500 metri dall’epicentro, un fatto straordinario perché si pensava che all’interno di quell’area non potesse sopravvivere nulla», spiega Stefano Mancuso, fisiologo vegetale e direttore del Laboratorio internazionale di neurobiologia vegetale dell’Università di Firenze. «A posteriori sappiamo che ciò può essere dovuto al fatto che alcune parti interrate degli alberi sono state protette dallo strato di terra, oppure perché sul lato non irradiato, protetto dallo spessore del tronco qualcosa è sopravvissuto. Quegli esemplari sono rinati perché le piante non sono un “unico organismo”, come gli animali: si sono invece evolute in uno schema che potremmo definire “modulare” per sopravvivere alla predazione di animali capaci di nutrirsi anche del 90% di una pianta. Con una semplificazione, potremmo paragonarle a colonie di insetti», conclude Mancuso.

Hibaku jumoku nel giardino del castello di Hiroshima: un eucalipto sopravvissuto all’atomica (foto di ken_san)

Hibaku jumoku. Adesso quegli alberi sono registrati ufficialmente come “alberi colpiti dalla bomba atomica”: sono chiamati hibaku jumoku, ossia albero sopravvissuto, e sono tutti identificati con una apposita targa. A Hiroshima sono circa 170 di 32 differenti specie. L’albero più vicino alla zona dell’esplosione è un salice piangente, rinato dalle sue radici dopo essere stato quasi completamente distrutto. Oggi i semi degli hibaku jumoko sono condivisi dagli abitanti di Hiroshima e piantati in Giappone e in altre parti del mondo, in un atto simbolico che richiama la distruzione e la forza della vita.

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