Ecco come il battito del cuore influenza la nostra percezione del mondo

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Ecco come il battito del cuore influenza la nostra percezione del mondo

Il battito cardiaco ha un ruolo sorprendente nel modellare come vediamo e sentiamo il mondo: test sperimentali indicano che le fasi di contrazione e rilassamento del cuore condizionano il modo in cui elaboriamo le sensazioni esterne e interne, compreso il dolore. A questa regola sfugge però la paura
di Jordana Cepelewicz/Quanta Magazine
www.lescienze.it

Pensiamo che il cervello sia il vero centro di ciò che siamo e facciamo: governa i nostri sensi ed è padrone dei movimenti, genera il pensiero e custodisce la memoria. Il cervello, però, è anche parte integrante di un corpo, e il collegamento fra i due è a doppio senso. Se un certo recettore interno indica “fame”, per esempio, siamo spinti a mangiare; se segnala “freddo”, ci copriamo di più.

Decenni di ricerche, tuttavia, hanno anche dimostrato che queste sensazioni fanno molto più che limitarsi ad avvisare il cervello delle preoccupazioni e dei bisogni immediati del corpo. Quando il cuore, i polmoni, l’intestino e gli altri organi trasmettono informazioni al cervello, influenzano in modo molto profondo il modo in cui percepiamo l’ambiente e interagiamo con esso. Studi recenti sul cuore, in particolare, hanno offerto agli scienziati nuove informazioni sul ruolo ricoperto dai processi corporei più fondamentali nel definire la nostra esperienza del mondo.

Alla fine dell’Ottocento, lo psicologo William James e il medico Carl Lange suggerirono che gli stati emotivi fossero il modo in cui il cervello percepisce certi cambiamenti corporei in risposta a uno stimolo; in altre parole, che a far emergere emozioni come la paura o la rabbia fossero un cuore che batte forte o un respiro corto anziché il contrario. Da allora, i ricercatori hanno scoperto molti esempi di un’eccitazione fisiologica che porta a un’eccitazione emotiva, ma desideravano investigare questo legame più a fondo.

Il battito del cuore era lo strumento perfetto per riuscirci.

Il cuore fa dondolare l’altalena
L’attività cardiaca può essere suddivisa in due fasi: la sistole, quando il cuore si contrae e pompa via il sangue, seguita dalla diastole, in cui il muscolo si rilassa e si riempie nuovamente di sangue.

Gli scienziati sanno fin dagli anni trenta del Novecento che la sistole attenua il dolore e contiene i riflessi startle (di trasalimento). Lavori successivi hanno attribuito questo effetto al fatto che, durante la sistole, i sensori di pressione inviano segnali sull’attività del cuore alle regioni inibitorie del cervello.

 Il cuore durante la fase di diastole e di sistole (© Science Photo Library/AGF)

Questo può essere utile perché, dovendo il cervello bilanciare e integrare costantemente segnali interni ed esterni, “non si può fare attenzione a tutto insieme allo stesso tempo”, spiega Ofer Perl, ricercatore post-doc presso la Icahn School of Medicine at Mount Sinai a New York. Gli esperimenti hanno mostrato addirittura che era più probabile che le persone dimenticassero parole presentate nel momento esatto della sistole rispetto a quelle viste e codificate durante il resto del ciclo cardiaco.

“Per me i sensi sono come un’altalena che dondola”, commenta Sarah Garfinkel, neuroscienziata alla Brighton and Sussex Medical School, in Gran Bretagna, e una delle più importanti ricercatrici sul funzionamento della memoria. “Quando sentiamo qualcosa dall’interno, l’elaborazione dei segnali esterni si attenua. Quando batte, il cuore sta caricando l’altalena da uno dei due lati”.

Gli effetti inibitori del cuore sono stati dimostrati ancora una volta in un lavoro pubblicato a maggio sui “Proceedings of the National Academy of Sciences”. Quando i soggetti erano sottoposti a uno stimolo elettrico appena percepibile su un dito, era più probabile che lo avvertissero durante la diastole e che non durante la sistole. I partecipanti con risposte neurali più intense all’attività cardiaca, inoltre, erano meno sensibili allo stimolo. “E’ affascinante che la nostra percezione possa cambiare anche in un intervallo di un millisecondo”, ha detto Esra Al, dottoranda all’Istituto Max Planck di scienze cognitive e neuroscienze e autrice principale dello studio.

Il team ha osservato in che modo il cuore potrebbe riuscire a “caricare l’altalena” in quella situazione. Durante la sistole, quando il muscolo cardiaco spinge il sangue in tutto il resto del corpo, è possibile sentire il battito sulla punta delle proprie dita. Per il cervello, è vantaggioso cancellare questi segnali, perché non forniscono nuove informazioni sull’ambiente; così facendo, tuttavia, possono risultare soffocate anche leggere sensazioni tattili.

A non essere soffocata, però, è la paura.

Nel 2014, Garfinkel e colleghi hanno dimostrato che l’elaborazione della paura e degli stimoli interpretati come una minaccia non è inibita durante la sistole. Attivando le regioni cerebrali inibitorie, la contrazione attiva anche l’amigdala, un’area implicata nell’esperienza della paura. I ricercatori hanno scoperto che, durante la sistole, le persone tendevano a percepire con maggiore intensità i volti minacciosi.

Questo non succedeva invece per volti che esprimevano un’emozione neutra: durante la sistole, i partecipanti li hanno valutati come meno intensi; quella elaborazione sembrava ricevere il solito trattamento di attenuazione. “La cosa che più colpisce della paura è che rompe le barriere”, commenta Garfinkel. “E’ impermeabile a questo effetto inibitorio del cuore”.

E’ probabile che si tratti di una risposta adattativa al maggior numero di sistole provocate dalla paura. “Se il vostro cuore sta battendo molto forte e velocemente, e avete paura, non volete essere sensibili al dolore. Volete essere capaci di correre sopra rami spezzati e cocci di vetro per sfuggire a una minaccia”, continua Garfinkel. “Ma anche di essere super vigili rispetto all’ambiente circostante. […] La paura è una cosa che può aiutarvi a sopravvivere.”

Di recente, Garfinkel ha scoperto che il legame con la paura è ancora più forte di quanto ci si aspettasse. In un esperimento condotto insieme al suo gruppo – descritto in un preprint in fase di revisione – la neuroscienziata ha condizionato i partecipanti perché associassero alcune forme a una lieve scossa elettrica; ha poi mostrato ai soggette queste forme – insieme ad altre neutre – durante la sistole e la diastole. I ricercatori si aspettavano che le persone mostrassero sempre una maggior paura nei confronti delle forme associate alla scossa. I soggetti, invece, hanno risposto con più paura a tutte le forme mostrate durante la sistole.

“Il fenomeno mette in ombra ciò che i soggetti hanno imparato inizialmente ad associare o meno alla scossa”, commenta Garfinkel. “C’è qualcosa di intrinseco all’oggetto presentato quando il cuore sta battendo che lo rende più spaventoso. Ed è qualcosa di molto forte. Si tratta di un effetto così marcato che mi ha davvero sbalordito”.

“Il segnale del battito cardiaco ha dimostrato di possedere un intrinseco valore di avvertimento che, per certi versi, fa sì che ci dimentichiamo di una minaccia più lentamente”, ha concluso un altro autore dello studio, Hugo Critchley, psichiatra alla Brighton and Sussex Medical School.

Quando domina il mondo interno
Oltre alla paura, anche adattamenti ad altre risposte potrebbero essersi sviluppati a partire da questo accoppiamento fra battito cardiaco e inibizione. In un articolo pubblicato a marzo su “Cognition” alcuni ricercatori spiegano di aver scoperto che i movimenti oculari si verificano più di frequente durante la sistole, mentre durante la diastole fissiamo più spesso lo sguardo su un obiettivo.

Durante i movimenti oculari rapidi, il cervello ci rende temporaneamente ciechi, così da non veder saltellare tutto ciò che ci circonda. Sembra che gli esseri umani programmino questo campionamento dell’ambiente visivo in modo che coincida con momenti di quiete interna.

“La sistole è il momento in cui siamo meno sensibili al mondo, in cui l’elaborazione tende ad attenuarsi – quando il mondo interno prende il sopravvento”, dice Garfinkel, che non era coinvolta nello studio. “Ha senso, allora, accoppiare i movimenti oculari e l’essere accecati quando in fondo non ci importa poi così tanto del mondo esterno”.

Critchley, Garfinkel e altri hanno scoperto inoltre che la sistole ha una maggior probabilità di potenziare l’elaborazione della paura nelle persone ansiose. I ricercatori oggi sperano che il loro lavoro possa essere utile nella cura di certe fobie e del disturbo post traumatico da stress. “Se possiamo modificare il livello di minacciosità di uno stimolo” presentandolo in fasi diverse del ciclo cardiaco – commenta Critchley – allora possiamo far uscire le persone da uno stato di ansia, in un modo o nell’altro”.

Altri scienziati stanno studiando in che modo il campionamento delle informazioni e l’elaborazione sensoriale, così come il comportamento, potrebbero essersi adattati ad accoppiarsi ad altri ritmi fisiologici, come la respirazione e la digestione. Ciò che emerge immediatamente anche da questo lavoro è che, per dirlo con le parole di Garfinkel, “il mondo non è affatto un oggetto stabile. Il modo in cui lo percepiamo dipende dai nostri stessi corpi”.

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(L’originale di questo articolo è stato pubblicato il 6 luglio 2020 da QuantaMagazine.org, una pubblicazione editoriale indipendente online promossa dalla Fondazione Simons per migliorare la comprensione pubblica della scienza. Traduzione di Eva Filoramo, editing a cura di Le Scienze. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati)

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