Le ricerche dell’INGV collegate alla recente scoperta dei reperti Neandertaliani del Circeo

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Le ricerche dell’INGV collegate alla recente scoperta dei reperti Neandertaliani del Circeo

Il team di ricercatori esperti di paleoclima da anni indaga sulle coste laziali
www.ingv.it


La datazione delle oscillazioni del livello del mare sulle coste tirreniche costituisce da alcuni anni l’oggetto delle ricerche del team di ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV). I loro studi e le tecniche di geocronologia sviluppate con il laboratorio della Wisconsin University da tempo forniscono informazioni importanti ai gruppi di scienziati che, ciascuno per il proprio settore, indagano sulla frequentazione umana e sulla ricostruzione del quadro paleoecologico dell’italia peninsulare nel Pleistocene

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Foto Grotta Guattari, cortesia del prof. Mario Rolfo.

Nell’ambito di questi studi, l’INGV ha contribuito allo studio di Grotta Guattari con indagini geologiche finalizzate a fornire gli elementi per datare la frequentazione della grotta e a ricostruire le variazioni climatiche che hanno caratterizzato il contesto ambientale della presenza dell’Uomo di Neanderthal.

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I “sea-level markers” di Grotta Guattari: le conchiglie che incrostano la volta della grotta.

“La costa del Circeo” afferma Fabrizio Marra, ricercatore dell’INGV, “a differenza di quella vicino a Roma, è caratterizzata da scogliere calcaree e da grotte che si affacciano 5 – 7 metri sopra l’attuale livello del mare. Le grotte che la caratterizzano, come Grotta Guattari, sono famose per aver offerto riparo all’uomo di Neanderthal. Gli studi che stiamo realizzando insieme a tutti gli enti di ricerca coinvolti si sono concentrati proprio in questo sito, dove sul finire degli anni Trenta venne rinvenuto un cranio di Neanderthal perfettamente conservato”.

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Modello digitale del terreno (DEM) della fascia costiera del Lazio, elaborato da Cristiano Tolomei (INGV), in cui sono evidenziate con diversi colori le superfici comprese tra determinate quote, corrispondenti ai terrazzi marini ricostruiti indipendentemente attraverso lo studio geomorfologico.

I nuovi scavi condotti per conto della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Frosinone e Latina dal Professor Mario Rolfo dell’Università degli studi di Roma Tor Vergata, con il quale esiste da anni una stretta collaborazione sulle tematiche concernenti la frequentazione umana nel Pleistocene del Lazio, hanno portato al rinvenimento di nove nuovi reperti umani, tra cui tre frammenti di crani.

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Grotta Guattari, parte del percorso allestito in vista della musealizzazione della grotta.

Tra gli elementi di grande interesse paleoclimatico emersi durante gli studi ci sono una serie di indicatori di livello marino conservatisi all’interno della grotta in forma di spiagge ‘fossili’ e depositi di retrospiaggia, che permettono di ricostruire le oscillazioni del livello del mare durante il penultimo periodo interglaciale, tra 125.000 e 80.000 anni fa”, prosegue Fabrizio Marra, che continua “Per fornire datazioni precise degli eventi climatici e dei reperti umani è stato utilizzato un metodo innovativo basato sulla datazione di singoli cristalli di origine vulcanica contenuti all’interno dei sedimenti che costituiscono il riempimento della grotta”.

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Grotta Guattari, “Veli” stalagmitici formati dalle incrostazioni di carbonato di calcio

“Sostanzialmente, quindi, l’idea che abbiamo avuto è stata quella di analizzare la composizione dei depositi trasportati dal Tevere nel delta, alla foce e nel mare in quanto ‘contaminati’ da prodotti vulcanici che ci hanno consentito di datare la loro sedimentazione, e di provare a comprendere come tale stratificazione di materiali abbia risentito della variazione del livello del mare durante il penultimo periodo interglaciale”, conclude il ricercatore.

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