L’inquinamento da plastica è destinato a raddoppiare entro il 2030

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L’inquinamento da plastica è destinato a raddoppiare entro il 2030

Entro il 2040 l’inquinamento da plastica in mare triplicherà, aggiungendo 23 – 37 milioni di tonnellate. Circa 50 kg di plastica per metro di costa in tutto il mondo
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Secondo il rapporto From Pollution to Solution: a global assessment of marine litter and plastic pollution”, appena pubblicato dall’United Nations environment Programme con il sostegno della Norwegian agency for development cooperation (Norad), «Una drastica riduzione della plastica non necessaria, evitabile e problematica è fondamentale per affrontare la crisi dell’inquinamento globale».

L’Unep aggiunge che «Una transizione accelerata dai combustibili fossili alle energie rinnovabili, l’eliminazione dei sussidi e il passaggio ad approcci circolari contribuiranno a ridurre i rifiuti di plastica nella misura necessaria».

Il nuovo rapporto dimostra che «Esiste una minaccia crescente in tutti gli ecosistemi, dalla sorgente al mare» e  avverte che, «Mentre abbiamo il know-how, abbiamo bisogno della volontà politica e di un’azione urgente da parte del governo per affrontare una crisi crescente».

Il rapporto è destinato all’United Nations Environment Assembly (UNEA 5.2) che si terrà nel 2022, durante il quale i Paesi di tutto il mondo si riuniranno per decidere una via da seguire per la cooperazione globale.

L’Unep evidenzia che «La dispersione dell’inquinamento da plastica negli ecosistemi acquatici è cresciuta notevolmente negli ultimi anni e si prevede che raddoppierà entro il 2030, con gravi conseguenze per la salute umana, l’economia globale, la biodiversità e il clima». La valutazione, pubblicata a 10 giorni dall’inizio della 26esima conferenza delle parti sul clima di Glasgow (COP26 Unfccc), sottolinea che «Anche la plastica è un problema climatico: utilizzando un’analisi del ciclo di vita, le emissioni di gas serra della plastica nel 2015 sono state di 1,7 gigatonnellate di CO2 equivalente (GtCO2e) e si prevede che aumenteranno a circa 6.5 GtCO2e entro il 2050, ovvero il 15% del budget globale del carbonio».​​

Gli autori non ritengono possibile che il riciclo sia la via d’uscita dalla crisi dell’inquinamento da plastica e mettono in guardia contro «Le alternative dannose ai prodotti monouso e ad altri prodotti in plastica, come la plastica a base biologica o biodegradabile, che attualmente rappresentano una minaccia chimica simile alla plastica convenzionale».

Il rapporto esamina gli indiscutibili fallimenti del mercato, come «Il basso prezzo delle materie prime di combustibili fossili vergini rispetto ai materiali riciclati, gli sforzi disgiunti nella gestione informale e formale  dei rifiuti di plastica e la mancanza di consenso sulle soluzioni globali».

Presentando il rapporto, la direttrice esecutiva dell’Unep, Inger Andersen, ha detto che «Questa valutazione fornisce l’argomento scientifico più forte fino ad oggi per l’urgenza di agire e per un’azione collettiva per proteggere e ripristinare i nostri oceani dalla sorgente al mare. Una delle principali preoccupazioni è il destino dei prodotti della decomposizione, come le microplastiche e gli additivi chimici, molti dei quali sono noti per essere tossici e pericolosi per la salute umana e della fauna selvatica e per gli ecosistemi. La velocità con cui l’inquinamento da plastica degli oceani sta catturando l’attenzione dell’opinione pubblica è incoraggiante. E’ fondamentale sfruttare questo slancio per concentrarci sulle opportunità di un oceano pulito, sano e resiliente».

Nel 2017 l’Unep ha lanciato la campagna Clean Seas con l’obiettivo di galvanizzare un movimento globale per invertire il trend della plastica «Rriducendo l’uso di plastica non necessaria, evitabile e problematica, compresa la plastica monouso e eliminando gradualmente le microplastiche aggiunte intenzionalmente». Da allora, 63 Paesi si sono impegnati a fare la loro parte per migliorare la gestione della plastica attraverso, tra le altre misure, la riduzione della prevalenza di prodotti in plastica monouso. La campagna evidenzierà ora l’origine dei problemi e delle soluzioni del mare e richiederà un’azione globale urgente.

Ma evidentemente agli impegni non sono seguiti i fatti e sull’inquinamento da plastica – come per il clima – siamo ancora al bla, bla. bla di Greta Thunberg, Infatti Il rapporto evidenzia che la plastica rappresenta l’85% dei rifiuti marini e avverte che stiamo avviandoci velocemente verso una vera e propria catastrofe ambientale e per la salute umana: «Entro il 2040 i volumi di inquinamento da plastica che fluiranno nelle aree marine triplicheranno quasi, aggiungendo 23-37 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica nell’oceano all’anno. Ciò significa circa 50 kg di plastica per metro di costa in tutto il mondo. Di conseguenza, tutta la vita marina, dal plancton ai crostacei, dagli uccelli, alle tartarughe e ai mammiferi, è esposta al grave rischio di intossicazione, disturbi comportamentali, fame e soffocamento. Anche coralli, mangrovie e praterie di alghe sono soffocate da rifiuti di plastica che impediscono loro di ricevere ossigeno e luce. Il corpo umano è altrettanto vulnerabile su più fronti all’inquinamento da plastica nelle fonti d’acqua, che potrebbe causare cambiamenti ormonali, disturbi dello sviluppo, anomalie riproduttive e cancro. Le microplastiche vengono ingerite attraverso frutti di mare, bevande e persino sale comune; penetrano nella pelle e vengono inalate quando sono sospese nell’aria».

Come se non bastasse, i rifiuti marini e l’inquinamento da plastica influiscono in modo significativo anche sull’economia globale: secondo il rapporto «I costi economici dell’inquinamento marino da plastica rispetto ai suoi impatti su turismo, pesca e acquacoltura, insieme ad altri costi come quelli delle operazioni di bonifica, nel 2018 sono stati stimati in almeno 6-19 miliardi di dollari a livello globale. Si prevede che entro il 2040 potrebbe esserci un rischio finanziario annuo di 100 miliardi di dollari per le imprese se i governi richiedessero loro di coprire i costi di gestione dei rifiuti ai volumi e alla riciclabilità previsti. Livelli elevati di rifiuti di plastica possono anche portare a un aumento dello smaltimento illegale dei rifiuti nazionali e internazionali».

Di fronte a questo quadro scioccante la valutazione Unep chiede «L’immediata riduzione della plastica e incoraggia una trasformazione lungo l’intera catena del valore della plastica. Sono necessari ulteriori investimenti in sistemi di monitoraggio molto più robusti ed efficaci per identificare le fonti, le dimensioni e il destino della plastica e lo sviluppo di un quadro di rischio, che attualmente manca a livello globale. In definitiva, è necessario passare ad approcci circolari, compresi consumo sostenibile e pratiche di produzione, allo sviluppo accelerato e adozione di alternative da parte delle imprese e a una maggiore consapevolezza dei consumatori per consentire scelte più responsabili».

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