Perché i fulmini si muovono a zig-zag?

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Perché i fulmini si muovono a zig-zag?

Una nuova teoria spiega come la scarica elettrica procede alternando fasi luminose e fasi di buio, e crea la particolare forma frastagliata a tutti familiare
di Matteo Serra
www.lescienze.it

Secondo la leggenda, nel giugno 1752 lo scienziato statunitense Benjamin Franklin condusse un famoso esperimento: durante un temporale, fece volare un aquilone a cui aveva legato una chiave di metallo. Nel giro di poco tempo, l’aquilone fu colpito da un fulmine (attratto dalla chiave metallica), dimostrando così per la prima volta la natura elettrica dei fulmini. Sebbene molti storici nutrano dubbi sulla veridicità di questo aneddoto, le ricerche di Franklin (che avrebbe poi inventato il parafulmine) sono considerate il punto di partenza nello studio scientifico dei fulmini, che è stato poi perfezionato nei secoli successivi.

Nonostante siano passati oltre due secoli e mezzo dai primi studi pionieristici, oggi restano ancora sul tavolo diversi problemi irrisolti nella comprensione della fisica dei fulmini. In particolare, non è chiaro il perché i fulmini si muovano a zig-zag, ossia alternando passaggi luminosi a brevi fasi di oscurità, e come riescano a percorre distanze lunghe chilometri. Ora, però, un nuovo studio realizzato da John Lowke ed Endre Szili, ricercatori dell’Università dell’Australia Meridionale, ha offerto per la prima volta una spiegazione che sembra risolvere in modo convincente questi problemi aperti. La ricerca è stata pubblicata su “Journal of Physics D: Applied Physics”.

I fulmini sono violente scariche elettriche che si generano in seguito all’accumulo, all’interno delle nubi temporalesche, di cariche elettriche di segno opposto, che generano un’elevata differenza di potenziale elettrico. Una volta prodotte, le scariche possono muoversi da nube a nube (o anche all’interno della stessa nube originaria) oppure puntare verso la superficie terrestre. In quest’ultimo caso, la propagazione del fulmine parte con una scarica pilota (chiamata anche leader), che può viaggiare per decine di metri prima di oscurarsi per diversi microsecondi (un microsecondo è pari a un milionesimo di secondo).


Successivamente, la colonna conduttrice si “riaccende” con una seconda scarica luminosa (detta “gradino”), che può dar luogo a sua volta anche a ramificazioni. Il processo si ripete più volte prima che il fulmine arrivi a terra, creando la particolare forma frastagliata a tutti familiare. L’intero viaggio della scarica ha una durata variabile (in media inferiore al secondo), mentre la distanza percorsa può arrivare fino a diversi chilometri.

L’esatto meccanismo fisico alla base dell’alternanza di luce e buio nella propagazione dei fulmini rappresenta da tempo un rebus per gli scienziati: nel loro studio, Lowke e Szili hanno proposto per la prima volta che tale comportamento sia legato all’accumulo di molecole di ossigeno eccitate ad alta energia, note come “ossigeno singoletto delta”.


I due ricercatori suggeriscono che il periodo di oscurità tra i successivi gradini del fulmine corrisponda al tempo necessario affinché la scarica accumuli una concentrazione sufficiente di tali molecole eccitate: queste ultime, infatti, hanno la capacità di liberare elettroni dagli ioni negativi dell’ossigeno, aumentando così il livello di ionizzazione dell’aria e rendendo possibile la ripetizione del processo in diversi passaggi successivi.

Lo scenario proposto dai due scienziati australiani risolverebbe così anche un altro enigma, ossia il motivo per cui la scarica riesca a viaggiare per chilometri senza “spegnersi” prima: “Questo meccanismo crea un campo elettrico aggiuntivo, che permette al fulmine di viaggiare nell’aria per lunghe distanze”, sottolinea Endre Szili.

I risultati di questo studio, oltre a rappresentare un passo importante nella comprensione della fisica alla base della propagazione dei fulmini, potranno avere anche potenziali applicazioni pratiche, come spiega Szili: “Capire come i fulmini si formano e si propagano è importante per progettare nuovi metodi in grado di proteggere gli edifici, gli aerei e la vita stessa delle persone. Si tratta di un obiettivo oggi ancora più importante a causa del cambiamento climatico, che sta portando a un aumento degli eventi metereologici estremi e, di conseguenza, della quantità di fulmini”.

I fulmini sono gli spazzini dell’atmosfera


Quest’ultimo aspetto chiama in causa anche la necessità di un ripensamento dei materiali in uso per costruire molti edifici, oltre agli stessi aerei. Anche qui, una migliore conoscenza del comportamento dei fulmini potrà fare la differenza. “È una motivazione importante per lo sviluppo di materiali più ecologici”, conclude Szili. “Per esempio, i materiali leggeri e compositi usati oggi per realizzare gli aerei sono più efficienti nell’ottica del risparmio di carburante, ma possono essere danneggiati più facilmente dai fulmini. In futuro sarà quindi necessario adottare misure più severe per prevenire i danni causati da fulmini.”

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