Le peggiori pestilenze dell’Impero romano erano legate ai cambiamenti climatici

0

Le peggiori pestilenze dell’Impero romano erano legate ai cambiamenti climatici

Alcuni cambiamenti del clima potrebbero aver provocato sconvolgimenti nella società romana che hanno favorito la diffusione di terribili epidemie, come la peste di Giustiniano del VI secolo La peste di Giustiniano del VI secolo d.C. fu “una pestilenza, a causa della quale l’intera razza umana fu quasi annientata”, secondo lo storico bizantino Procopio.
di Tom Metcalfe/Scientific American
www.lescienze.it



Fino a metà della popolazione dell’Impero romano e decine di milioni di persone in tutto il Mediterraneo potrebbero essere state uccise dalla pandemia, che oggi si sa essere stata un’epidemia di peste bubbonica. La malattia iniziava tipicamente con una febbre, seguita da gonfiori all’inguine e alle ascelle, poi da coma o delirio, infine dalla morte. Niente sembrava aiutare: “In questa malattia non c’era alcuna causa che rientrasse nella sfera del ragionamento umano”, scriveva Procopio.

Ma un nuovo studio, pubblicato su “Science Advances”, collega questa e altre pandemie dell’Impero romano ai cambiamenti climatici. In particolare, rileva che i periodi di freddo e siccità nella penisola italiana sono coincisi con le principali pestilenze dell’impero, suggerendo che i cambiamenti climatici potevano causare nella società romana stress che sfociavano in tali pandemie.

La corrispondenza è apparsa così chiara che “è stata una di quelle volte in cui, come scienziato, si dice ‘Wow'”, spiega il coautore dello studio Karin Zonneveld, micropaleontologo del MARUM-Center for Marine Environmental Sciences dell’Università di Brema, in Germania.

La ricerca, culmine di un lavoro durato dieci anni, mostra come il cambiamento del clima possa avere conseguenze disastrose per le società che non sono abbastanza robuste da sopportare gli sconvolgimenti che può causare, spiegano gli autori dello studio. Questi risultati risuonano oggi mentre il mondo si confronta con i cambiamenti climatici

Ci sono poche misurazioni dirette delle temperature precedenti a un paio di centinaia di anni fa, ed è per questo che i ricercatori usano indicatori indiretti, i cosiddetti proxy, per scrutare a ritroso nella storia climatica della Terra. I proxy possono includere gli anelli annuali degli alberi e gli strati di ghiaccio depositati nel tempo sui ghiacciai e sulle calotte polari. Ma nessuno studio sugli anelli degli alberi ha ancora mostrato il clima dell’Italia durante l’Impero romano, e la maggior parte dei ghiacciai si trova nelle Alpi, molto più a nord, il che li rende inaffidabili per determinare il clima più a sud.

Zonneveld e i suoi colleghi si sono quindi rivolti alla migliore documentazione successiva: cisti fossili simili a conchiglie provenienti da microrganismi chiamati dinoflagellati nei sedimenti del fondo marino del Golfo di Taranto. Quando la temperatura del mare diminuiva o aumentava, cambiavano anche le specie di dinoflagellati presenti nell’acqua marina antica e i ricercatori hanno potuto determinare i cambiamenti climatici in base alle caratteristiche cisti di queste specie. Analizzando i fossili nei diversi strati dei sedimenti, il gruppo ha ricostruito il “paleoclima” dell’Italia meridionale tra il 200 a.C. e il 600 d.C. circa, con una risoluzione di circa tre anni.

Le ricostruzioni mostrano che i periodi più freddi – con temperature medie inferiori anche di 3 °C rispetto alle massime dei secoli precedenti per decenni – coincidono con le notizie romane di importanti pandemie: la peste Antonina, dal 165 al 180 d.C. circa; la peste di Cipriano, dal 215 al 266 circa d.C.; e una pandemia iniziata con la peste di Giustiniano, dal 541 al 549 d.C. circa, e durata fino al 766 circa.

Il coautore dello studio Kyle Harper, storico dell’Università dell’Oklahoma e autore del libro Il destino di Roma – Clima, epidemie e la fine di un impero (Einaudi, 2019) sostiene che le pandemie non derivarono direttamente dal calo della temperatura, ma sembrano essere il risultato delle perturbazioni causate nella società romana dal cambiamento del clima. Queste perturbazioni includevano la diminuzione delle scorte alimentari e la diffusione di di ratti, zanzare e altri parassiti.

“Non è che il raffreddamento del clima sia un male di per sé”, chiarisce Harper. “È che quando si verificano rapidi cambiamenti climatici, questi sono molto destabilizzanti: alterano gli ecosistemi e destabilizzano le società.”


Le registrazioni degli indicatori indiretti climatici di altre regioni mostrano che in quel caso il freddo era su scala globale, forse come risultato di una serie di massicce eruzioni vulcaniche. Ma le cause del freddo che accompagnò la peste Antonina e la peste di Cipriano non sono note. E non si conoscono nemmeno le malattie protagoniste di quelle epidemie. Zonneveld sostiene che le cause potrebbero essere da ricercare nelle oscillazioni climatiche naturali.

Lo storico John Haldon della Princeton University, che non ha partecipato all’ultima ricerca ma studia gli effetti del cambiamento climatico sulla storia, afferma che lo studio nota giustamente la correlazione tra cambiamenti climatici ed epidemie di malattie senza affermare che fossero direttamente correlate. Haldon inoltre dice che si tratta di un buon esempio di collaborazione tra storici e scienziati per interpretare le prove di eventi passati. “Possono considerare il lavoro gli uni degli altri e fare controlli incrociati”, afferma. “Ci sono molte verifiche da fare.”

Seth Bernard, che studia storia antica all’Università di Toronto e non ha partecipato alla ricerca, afferma che lo studio appena pubblicato è rilevante per le risposte moderne ai cambiamenti climatici e alle pandemie.

Ma secondo lui è importante notare che i Romani vivevano molto vicini al loro limite di produzione alimentare, a differenza di molte società odierne. “Creavano un’eccedenza quando la loro economia era fiorente, ma i margini erano molto ridotti”, afferma Bernard. Di conseguenza, quando il clima cambiava, “con quei margini, cambiamenti anche molto limitati potevano essere importanti”.

Share.

Leave A Reply