Sappiamo ancora poco sul Nucleo interno della Terra: ora però spunta un nuovo studio sulla sua composizione
Un nuovo studio getta luce sulla parte più nascosta del nostro pianeta: gli scienziati scoprono che il carbonio può spiegare la solidificazione del nucleo
tratto da GREENME
Al centro della Terra, a oltre 5.000 chilometri di profondità, c’è una sfera solida fatta in gran parte di ferro. È il nucleo interno, ed è fondamentale per la vita sul pianeta: alimenta il campo magnetico che ci protegge dalle radiazioni solari e il calore che da lì risale muove le placche tettoniche, modellando continenti e oceani.
Eppure, non sappiamo esattamente da cosa sia composto, quanto sia caldo né quando abbia iniziato a raffreddarsi e solidificarsi. Tutto ciò che possiamo fare è osservare indirettamente, con i dati che ci arrivano dai terremoti e dagli esperimenti di laboratorio.
Ora, un nuovo studio guidato da Alfred Wilson-Spencer, ricercatore in fisica dei minerali all’Università di Leeds, ha aperto una nuova strada per capire cosa c’è davvero lì sotto. E il protagonista inatteso è il carbonio.
Il nucleo della Terra è composto da due parti: una interna solida e una esterna liquida. Il confine tra le due è il punto in cui la materia passa da liquida a solida. Perciò, se riusciamo a capire a quale temperatura il nucleo fonde, possiamo anche capire com’è fatto.
Per farlo, gli scienziati si affidano a due strumenti principali: i meteoriti e la sismologia.
I meteoriti ci raccontano la composizione dei pianeti primordiali e suggeriscono che il nucleo dovrebbe contenere ferro, nichel, e forse piccole quantità di silicio o zolfo. Ma le loro informazioni sono troppo generiche.
La sismologia, invece, ci dice quanto velocemente viaggiano le onde sismiche all’interno della Terra, e queste velocità cambiano a seconda del materiale che attraversano. Grazie a questi dati, sappiamo che il nucleo interno è meno denso del ferro puro, e che il nucleo liquido è più denso di quello solido, una cosa piuttosto strana.
Queste osservazioni ci dicono che nel nucleo ci dev’essere più di un elemento chimico, ma non bastano per dirci quali esattamente.
La scoperta
Per superare questi limiti, il team di Leeds ha guardato il problema da un nuovo punto di vista: la super-refrigerazione. È un fenomeno che avviene quando un liquido si raffredda sotto la sua temperatura di congelamento senza diventare subito solido. È lo stesso principio per cui l’acqua in bottiglia può restare liquida anche a -5 °C, ma può ghiacciarsi di colpo appena la si agita.
Applicando questo concetto ai metalli fusi del nucleo terrestre, i ricercatori hanno scoperto che il ferro puro ha bisogno di raffreddarsi di almeno 1.000 °C sotto il punto di fusione per iniziare a solidificarsi. Ma questo è impossibile: se fosse davvero così, il nucleo interno sarebbe molto più grande di quanto mostrano i dati sismici, o addirittura completamente solido.
Aggiungendo silicio o zolfo, il risultato peggiora: serve ancora più super-refrigerazione.
La svolta arriva con il carbonio: con solo il 2,4% di carbonio nella massa del nucleo, bastano circa 420 °C di super-refrigerazione per iniziare la solidificazione. E con il 3,8%, ne servono appena 266 °C. Valori elevati, sì, ma credibili.
Il nucleo non è solo ferro
Questa scoperta dimostra per la prima volta che la presenza di carbonio rende fisicamente possibile la formazione del nucleo interno. E questo rappresenta un passo decisivo per capire com’è fatto davvero l’interno della Terra.
Ma c’è un altro aspetto da considerare: i dati sismici ci dicono che ferro e carbonio non bastano. Il nucleo deve contenere almeno un altro elemento per spiegare la sua densità. I ricercatori ipotizzano che si tratti di ossigeno e forse anche di silicio.
Siamo ancora lontani da una risposta definitiva, ma questa nuova prospettiva stringe il cerchio sulle possibili combinazioni chimiche e porta la scienza un passo più vicino alla verità su cosa c’è nel profondo della Terra.
Fonte: The Conversation