Perchè le piante non dovrebbero avere un’anima?

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L’opinione per cui le piante hanno un’anima non è nuova in filosofia. In tempi antichi, l’aveva per esempio già espressa il “maestro di coloro che sanno”, Aristotele.
di Gianluca Venturini
www.fisicaquantistica.it

Le piante hanno un'anima
Il grande filosofo greco, nel suo trattato “Sull’anima”, aveva infatti sostenuto l’esistenza di ben tre tipi di anima: quella razionale, propria dell’uomo; quella sensitiva, propria degli animali; e infine quella vegetativa, propria delle piante.

Altri pensatori, dopo Aristotele, hanno, consapevolmente o meno, seguito le sue orme, attribuendo un’anima o qualche forma di coscienza e consapevolezza ai vegetali. Un tentativo particolarmente interessante in questo senso, è rappresentato da un libretto pubblicato più di un secolo e mezzo fa, dal fisico e filosofo Gustav Theodor Fechner: stiamo parlando di “Nanna, o l’anima delle piante” (1848).

L’obiettivo dichiarato di Fechner, è quello di oltrepassare il materialismo della sua epoca e fare spazio a una visione che veda il cosmo come un tutto vitale, animato in ogni sua parte. Comunemente, ricorda Fechner, la natura viene concepita come un aggregato di materia di per sé inanimata e incosciente, con il risultato che «le creature animate appaiono in mezzo al resto della natura, solo come circoscritte isole di anima, nell’oceano universale dell’inanimato e del morto». Secondo Fechner, invece, «tutta la natura è animata da Dio» e «da questa animazione nulla nel mondo, né pietra, né onda, né pianta è escluso».

Quella che Fechner propone, è dunque una vera e propria “rivoluzione copernicana” rispetto al senso comune. Per millenni – ricorda lo scienziato – si è pensato che la Terra fosse immobile, e il sole le girasse intorno, mentre ora invece sappiamo che è il sole a stare fermo e che è la terra a ruotargli attorno. La messa in discussione del geocentrismo tolemaico, è stata certamente una grande conquista per il sapere umano; ma adesso, secondo Fechner, è arrivato il momento, per la scienza, di fare un altro passo avanti, smentendo un ulteriore pregiudizio: quello per cui gli esseri umani (o gli animali in genere) sarebbero esseri privilegiati e superiori rispetto alle piante, in quanto unici detentori possibili dell’anima. Dobbiamo insomma prepararci a cambiare radicalmente il nostro punto di vista sull’universo, e cominciare a pensare che l’anima si possa trovare anche in corpi fisici molto difformi da quelli umani o animali, come appunto sono quelli delle piante.

Certo, interrogarsi sulla presenza o meno dell’anima nelle piante, può sembrare un’occupazione sterile, ma Fechner sostiene la necessità e la validità delle sue ricerche. «A chi passa per la mente di pensare sul serio ad un’anima delle piante? Se si attribuisce loro un’anima, i più lo prendono per un gioco concettuale», «se molti respingono l’idea dell’anima delle piante perché non vedono che importanza essa possa avere, io devo invece assolutamente esigerla come parte integrante del mio sistema di pensiero… perché ritengo che senza di essa rimarrebbe nella natura un vuoto gigantesco».

Secondo Fechner, è del tutto assurdo pensare che Madre Natura di fronte all’immensa varietà di corpi fisici che è riuscita a produrre, dal punto di vista “spirituale”, si sia poi limitata a creare anime soltanto per gli animali. «Le conformazioni dell’anima», egli scrive, «sono tanto numerose quanto lo sono le conformazioni corporee . Se la natura, nella sfera della corporeità, non ha esaurito col regno animale la possibilità di diversi piani di struttura e di vita, poiché essa ha anzi col regno vegetale aggiunto un nuovo ordine di corpi, per quale ragione dovrebbe essa essere invece rimasta indietro nel campo dell’anima?».

E aggiunge: «Perché non ci dovrebbero essere, oltre alle anime che camminano, gridano, mangiano, anche anime che silenziosamente fioriscono e spandono odori, e appagano la loro sete nell’assorbimento della rugiada, i loro impulsi nello spinger fuori le gemme e le loro ancor più alte brame nella ricerca della luce? Io non so perché il camminare e il gridare debba, a preferenza del fiorire e dello spandere odori, essere ritenuto quale esclusivo depositario della psichicità; non so perché la forma elegantemente costrutta e bellamente ornata d’una pianta, sia meno degna di albergare un’anima dell’informe corpo d’un lombrico».

Dopo aver comparato la struttura di piante e animali, averne notato le somiglianze e aver esposto tutte le prove che lo inducono a pensare che anche nelle piante vi sia un principio vitale analogo a quello che alberga negli animali, rispondendo alle principali obiezioni che possono essere rivolte contro la sua visione delle cose, Fechner conclude dicendo: «ad un attento esame, mi sembra che tutto ciò che si può essenzialmente esigere per la presenza dell’anima, si trovi nelle piante proprio altrettanto quanto negli animali. Tutte le differenze tra le une e gli altri, in quanto a struttura e manifestazioni di vita, richiedono soltanto di collocare le piante in una sfera diversa d’anima; ma non già di escluderle del tutto dal possesso di questa».

Ciò che risulta da tutto questo discorso, è che non c’è nessuna “piramide”, “scala” o “gerarchia” tra gli esseri: «le piante non si sottordinano agli animali come esseri inanimati, ma si coordinano ad essi come una specie diversa di esseri animati, o si sottordinano solo riguardo alla specie dell’animazione». «La semplice gradualità discendente», scrive Fechner, «è inadatta a rendere il rapporto complesso in cui gli organismi stanno l’uno rispetto all’altro e, comunque si cerchi di disporli, le piante non si potranno mai collocare senz’altro sotto gli animali; ed anche se per assurdo ci si riuscisse, si dovrebbe pur sempre attribuire ad esse un’anima d’un grado, magari, più basso, ma non mai negarla totalmente».

Il messaggio finale del libro di Fechner è chiaro: uomini, animali e piante sono tutti esseri senzienti e pertanto, stanno tutti sullo stesso piano: nessuna di tali forme di vita “vale di più” delle altre o ha il diritto di credersi padrona delle altre specie e di usarle come se fossero meri strumenti a sua disposizione, da sfruttare e sopprimere crudelmente. Tutti i regni della natura concorrono egualmente, ognuno agendo e “pensando” a modo proprio, a mantenere in essere il grande cerchio della vita, che avrà la possibilità di perdurare nell’esistenza, solo se ogni tipologia di viventi, svolgerà la funzione che è chiamata per sua propria natura, a esercitare al suo interno.

Il suggerimento che ci proviene dalla lettura di questo suo saggio, è dunque il seguente: cerchiamo di evitare di distruggere il delicato equilibrio creato con tanta sapienza dalla Natura nel corso di milioni di anni, soltanto per trarne nell’immediato, dei facili profitti economici che potrebbero però avere conseguenze ambientali disastrose a lungo termine, e sforziamoci di non danneggiare gli altri esseri viventi, credendoci superbamente superiori ad essi. Anche quelli apparentemente meno somiglianti a noi, potrebbero infatti essere abitati da una qualche bellissima e sviluppata forma di psichicità. L’anima, in fin dei conti, potrebbe, come abbiamo visto, nascondersi non solo dietro ai volti dei nostri simili, ma anche all’interno di corpi fatti di radici, foglie e fiori profumati.

Articolo di Gianluca Venturini

Bibliografia:

– G.T. Fechner, “Nanna o l’anima delle piante“, a cura di G. Moretti, trad. di G. Rensi, Adelphi, Milano, 2008 (1a ed. orig. 1848).

Rivisto da www.fisicaquantistica.it

Fonte: http://www.lachiavedisophia.com/blog/anche-le-piante-unanima/

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