In Europa ci aspetta un futuro di estati roventi

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In Europa ci aspetta un futuro di estati roventi

A metà del secolo, un tipico giorno d’estate sarà come quello più caldo che avete vissuto finora e le ondate di calore estremo saranno la norma. Gli effetti del riscaldamento globale iniziano a manifestarsi come previsto dai modelli, anzi un po’ peggio
di Giovanni Sabato
www.lescienze.it

“Luglio ha riscritto la storia del clima, con decine di nuovi record di temperatura locali, nazionali e globali”, ha detto il segretario generale della World Meteorological Organization, Petteri Taalas. Ma negli stessi giorni, come a ribattergli, la climatologa dell’Università di Oxford, Friederike Otto, rimarcava: questi numeri non faranno la storia, i record saranno infranti in pochi anni. E Michael Mann, direttore del Penn State Earth System Science Center, ha twittato: “pensate alla giornata estiva più calda della vostra vita. Se continuiamo così, a metà secolo quello sarà un tipico giorno d’estate”.

Sono alcuni fra i tanti commenti agli eventi climatici di quest’estate, e in realtà alle tante misure, analisi e simulazioni degli ultimi anni, che possono differire nei dettagli ma convergono su una conclusione: gli effetti del riscaldamento del pianeta cominciano a toccarsi con mano, come previsto dai modelli, anzi, un po’ peggio.

Secondo la World Meteorological Organization, il periodo 2015-19 sarà il quinquennio più caldo mai registrato. Con le due ondate di calore europee di giugno e luglio le temperature hanno toccato le punte massime mai registrate in molti paesi, inclusi Germania, Francia e Regno Unito. Dopo i 3-4 giorni sull’Europa, l’aria calda proveniente dal Nord Africa si è spostata sulla Groenlandia, dove ha fatto fondere i ghiacci superficiali a ritmi eccezionali: secondo il National Snow and Ice Data Center del Colorado, in un giorno si stava fondendo il ghiaccio sul 60 per cento dell’area totale, quattro volte più della mediana di fine luglio.

In Europa orientale, dove il caldo è stato contenuto, era intanto pronunciata la siccità. E incendi senza precedenti hanno devastato la Siberia per il secondo mese di fila.

“La comunità scientifica lo ribadisce da tempo: il riscaldamento globale non cambia solo le temperature medie, ma i regimi stessi di funzionamento del sistema climatico, inclusa la distribuzione degli eventi. Cresce la probabilità di eventi intensi come le ondate di calore. Eventi una volta molto rari, saranno sempre più la norma”, conferma Silvio Gualdi, direttore della Divisione di simulazioni e previsioni climatiche del Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici.

A inizio agosto Copernicus, il programma di osservazione della Terra dell’Unione europea, lo ha confermato:  l’analisi di miliardi di misure da satelliti, navi, aerei e stazioni meteo di tutto il mondo mostra che il luglio 2019 è stato, su scala globale, il mese più caldo di tutti i tempi, superando sia pure di un soffio (0,04°C) il luglio 2016, e di 0,56°C la media di luglio nel periodo 1981-2010, e di 1,2°C quella dell’era preindustriale (dal 1850 al 1900).

Il record andrà confermato dalle analisi delle altre agenzie, attese per metà agosto, ma al di là delle frazioni di grado in più o in meno, il punto è che quest’anno, a differenza del 2016, non c’è stato El Niño, il fenomeno climatico del Pacifico che di solito fa crescere le temperature.

Il caldo sembra quindi a maggior ragione imputabile al cambiamento climatico. Lo confermano i cosiddetti studi di attribuzione: “analisi che cercano di capire quanto gli eventi che osserviamo, specie quelli estremi, siano resi più probabili o più intensi dai cambiamenti climatici”, osserva Gualdi.
Da qualche anno il World Weather Attribution, un consorzio di meteorologi e climatologi europei e di altri paesi, conduce studi simili quasi in tempo reale sugli eventi più rilevanti, confrontandoli con le simulazioni della frequenza e dell’intensità che avrebbero in assenza del riscaldamento globale.

Secondo l’analisi, il nuovo clima ha reso l’ondata di calore europea di giugno almeno 5 volte più probabile (ma forse molto più, anche 100 volte), e innalzato le temperature fino a 4°C.

Lo stesso vale per l’ondata di luglio, la cui probabilità è cresciuta di almeno 10 volte in Francia e Paesi Bassi, e un po’ meno (ma comunque non poco) anche in altri paesi e “il discorso vale anche per l’Italia”, precisa Gualdi. L’aria calda è giunta dall’Africa, come tante altre volte, ma poiché in Africa settentrionale ci sono aree in media 2° C più calde che in passato, stavolta l’aria era molto più calda.

In questi anni sono stati condotti oltre 200 studi di attribuzione simili, anche su episodi di siccità, alluvioni e tempeste, e due su tre sono risultati più probabili o più intensi in seguito al riscaldamento globale. Le ondate di calore sono però gli eventi che ne hanno risentito più chiaramente, fra cui tutte quelle europee dal 2003 a oggi.

“L’attribuzione in tempo reale risponde all’esigenza dell’opinione pubblica e dei decisori politici di capire cosa sta succedendo”, precisa Gualdi. Lo scopo dichiarato è infatti quello di dare al pubblico con tempestività informazioni rigorose, per chiarire che cosa sta accadendo e prevenire eventuali disinformazioni. Non a caso i servizi meteo di alcuni paesi, come la Germania, stanno pensando di includere l’attribuzione nelle informazioni sui fenomeni che riferiscono.

Più numerose, più lunghe, più pericolose
Le analisi mostrano dunque che il cambiamento climatico sta rendendo le ondate di calore estremo sempre più frequenti, ma anche lunghe e pericolose.

Quanto alla frequenza, poiché la distribuzione delle temperature in una data località e periodo segue una curva a campana, anche l’aumento di 1°C della media, in sé poco percettibile, sposta però a destra la coda della curva e accresce di molto la frequenza di quelli che prima erano gli estremi caldi. Si è calcolato, per esempio, che 1°C medio in più può aumentare di 10 volte la frequenza dei giorni con 38°C a New York.

Cresce inoltre la durata: poiché i poli si stanno scaldando più dei tropici, calano le differenze di temperatura che muovono le grandi masse d’aria sul globo, così che l’aria calda dall’Africa ristagna più giorni sull’Europa.
“Durata e intensità possono essere influenzate anche dal calo delle precipitazioni, che rende i suoli più secchi. Se il suolo è umido, l’evaporazione mitiga un po’ il forte rialzo delle temperature; se è secco questo non accade”, aggiunge Gualdi.

Anche l’impatto sulla salute si sta inasprendo. Per esempio, negli Stati Uniti, dove oggi il freddo estremo uccide più del caldo, il National Climate Assessment calcola che le morti per caldo cresceranno più di quanto caleranno quelle da freddo.

“Certo, del clima non abbiamo capito tutto, restano incertezze importanti. Ma quel che abbiamo compreso sta trovando riscontro in questi eventi”, dice Gualdi. Per molti versi, anzi, si stanno concretizzando gli scenari peggiori, più che quelli intermedi. Come ha sottolineato Friederike Otto, i modelli climatici sottostimano l’entità del cambiamento rispetto a quanto osserviamo nelle ondate di calore europee.

Uno studio pubblicato a luglio su “Nature” da Raphael Neukom, dell’Università di Berna in Svizzera, ribadisce poi che le fluttuazioni climatiche attuali non solo sono più estreme e durature che nei due millenni scorsi, ma per la prima volta coinvolgono tutto il pianeta: gli sbalzi passati erano avvenuti su scala regionale, e i vari continenti che sperimentavano picchi di caldo e di freddo in periodi diversi. “Un riscaldamento sincrono ovunque come quello odierno non si era mai visto”, conclude Neukom.

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