Ecco come potremmo trasformare la Terra in un super telescopio

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Ecco come potremmo trasformare la Terra in un super telescopio

L’atmosfera terrestre può essere usata come una lente per ingrandire la luce proveniente da oggetti molto lontani, trasformando l’intero pianeta in un rivoluzionario (ed economico) “terrascopio
di Leila Sloman/Scientific American
www.lescienze.it

Gli astronomi e l’atmosfera terrestre sono nemici per natura. Chi osserva le stelle vuole immagini chiare e nitide, mentre venti e nuvole diffondono e bloccano la luce stellare in modi che possono rovinare anche le misurazioni più rigorose. Se non ci fosse il “piccolo” inconveniente di non avere aria da respirare, forse molti ricercatori preferirebbero che il nostro pianeta fosse del tutto privo di atmosfera, almeno durante le tanto attese notti di osservazione con telescopi di livello mondiale. Il telescopio spaziale Hubble e altri potenti osservatori extraterrestri possono superare le complicazioni dell’atmosfera, ma hanno costi – è proprio il caso di dirlo – astronomici.

Ora un nuovo studio di cui è uscito un preprint ipotizza che l’atmosfera terrestre possa trasformarsi da flagello a benedizione per l’astronomia, amplificando la luce stellare in modo da ridurre l’esigenza di telescopi enormi (anche nel prezzo) sulla Terra e nello spazio. E gli astronomi hanno un estremo bisogno di metodi per risparmiare costi e migliorare le prestazioni, dato che la spesa per realizzare osservatori all’avanguardia sta raggiungendo livelli insostenibili.

Per fare nuove scoperte, i modi più ovvi sono guardare più in profondità nello spazio o trovare oggetti meno luminosi, ma questo impone di produrre specchi sempre più grandi per raccogliere sempre più luce stellare. Via via che i ricercatori reclamano equipaggiamenti migliori e più grandi, i costi salgono raggiungendo picchi proibitivi: si prevede che il Giant MagellanTelescope in costruzione in Cile, con il suo specchio da quasi 25 metri, costerà circa un miliardo di dollari, mentre il telescopio spaziale James Webb da 6,5 metri, in corso di preparazione per il lancio nel 2021, arriva a quasi dieci miliardi di dollari.

Rendering del futuro Giant Magellan Telescope (© GMTO)

L’astronomo della Columbia University David Kipping, autore dell’articolo che uscirà su “Publications of the Astronomical Society of the Pacific”, sostiene che la sua idea potrebbe portare a un “terrascopio” che, con una larghezza di solo un metro, potrebbe raccogliere la stessa quantità di luce di uno specchio da 150 metri. “Ha un potenziale enorme”, afferma Kipping. “Si potrebbero individuare le catene montuose sugli esopianeti. Si potrebbero rilevare le fonti [di luce]più deboli dell’universo.” Kipping ipotizza che un terrascopio potrebbe addirittura svelare segni di vita, o perfino di intelligenza, oltre il nostro sistema solare.

Il sistema si baserebbe sulla rifrazione atmosferica, il modo in cui la luce si piega quando dallo spazio entra nell’atmosfera terrestre: forse conoscete questo fenomeno soprattutto come causa dei tramonti colorati del nostro pianeta. In alcune situazioni, la rifrazione può concentrare un’enorme quantità di luce su una superficie piccola, eliminando il bisogno di una struttura gigantesca che la raccolga tutta. In particolare, la luce proveniente da fonti molto lontane si può rifrangere attraverso la parte superiore dell’atmosfera e formare un cono intorno alla Terra, proiettando raggi che convergono in un punto un po’ più vicino della Luna, per poi estendersi verso l’esterno in linea retta.

Un osservatore situato su quella linea vedrebbe una fonte di luce lontana, proprio dietro la Terra, come un anello luminoso amplificato ben 22.500 volte, secondo la stima di Kipping, rispetto a come sarebbe senza la rifrazione del nostro pianeta. “Questa amplificazione eccezionale non si potrà mai ottenere con [un]telescopio di tipo tradizionale”, spiega Jean Schneider, fisico all’osservatorio di Parigi. Con la tecnologia attuale sarebbe facile costruire, lanciare e far funzionare un terrascopio da un metro in un punto di stabilità orbitale posto appena dietro la Luna. L’unico ostacolo, spiega Schneider, sono i finanziamenti.

Kipping non è il primo a proporre questa idea: della cosiddetta lente atmosferica si parla almeno dal 1979. “In un certo senso, l’idea c’è sempre stata”, spiega. “Lo scopo del mio articolo era mettere in evidenza questa possibilità entusiasmante, che potrebbe meritare ulteriore attenzione”.

“Anche se ci sono moltissimi dettagli da risolvere, questo è un esempio del pensiero innovativo che potrebbe portare a progressi scientifici con un budget che permetta di correre rischi”, commenta Martin Elvis, un astrofisico della Harvard University che ha sostenuto l’esigenza di idee nuove per ridurre i costi, ormai fuori controllo, dei telescopi avanzati.

Il “terrascopio” potrebbe riuscire a vedere le montagne sugli esopianeti (© Science Photo Library / AGF)

Secondo Kipping, un terrascopio potrebbe essere più di un semplice telescopio. Con un trasmettitore invece di un rilevatore, si inverte il processo di potenziamento del segnale: le onde di luce viaggiano verso la Terra, si rifrangono attraverso la parte superiore dell’atmosfera e tornano a convergere dall’altra parte. Il risultato è un raggio stretto, in grado di inviare messaggi ad altri pianeti. Dato che nel nostro sistema solare anche altri pianeti hanno un’atmosfera che rifrange la luce, spiega Kipping, “si potrebbe avere una rete di comunicazione interplanetaria, un’Internet attraverso il sistema solare”.

Non mancano i punti critici. Per dirne uno, i calcoli di Kipping sono del tutto provvisori: si basano su modelli atmosferici semplificati che non tengono conto pienamente delle variabili del mondo reale, come le nubi ad alta quota. Così, le prestazioni di un terrascopio potrebbero essere molto inferiori rispetto alle stime presentate nell’articolo. E dato che la rifrazione atmosferica amplifica solo la luce degli oggetti allineati con precisione dietro la Terra rispetto alla posizione del terrascopio, un singolo apparecchio riuscirebbe a catturare solo una piccola parte del cielo. Si potrebbe ridurre il problema lanciando vari rilevatori, ma Kipping osserva che così diminuirebbe il risparmio economico che rende l’ipotesi tanto interessante.

E alcune difficoltà sono serie. Secondo Slava Turyshev, del Jet Propulsion Laboratory della Nasa, le stime di Kipping per la creazione di un’immagine chiara sono troppo ottimistiche. La preoccupazione principale di Turyshev è che la luce indesiderata proveniente dalla Terra, dal Sole, dalla Luna e perfino dai dintorni di un obiettivo molto lontano possa interferire con le immagini. Evitare che questo “rumore” oscuri qualche “segnale” ricevuto o trasmesso da un terrascopio è “molto difficile, per non dire impossibile”, commenta Turyshev. Un’altra complicazione è la natura stessa della rifrazione: la luce si rifrange attraverso l’atmosfera terrestre in una misura che dipende dalla sua lunghezza d’onda, o colore, e questo potrebbe creare immagini confuse.

Kipping ammette che ci vorrà, come minimo, moltissimo lavoro, e commenta: “Queste sono i temi di cui spero che possa occuparsi la ricerca futura”. Ma il terrascopio potrebbe avere un potenziale troppo grande per essere ignorato: “L’idea di un telescopio nello spazio – commenta – con prestazioni a quelle di un modello da 100 metri o anche di più è davvero allettante.”

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(L’originale di questo articolo è stato pubblicato su “Scientific American” il 14 agosto 2019. Traduzione di Lorenzo Lilli, editing a cura di Le Scienze. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati.)

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