La sismicità storica del Salento: il forte terremoto del 20 febbraio del 1743

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La sismicità storica del Salento: il forte terremoto del 20 febbraio del 1743

Il Salento (Puglia meridionale) fa parte dell’avampaese stabile ossia l’area più esterna della catena, piuttosto lontana dalla fascia dove si concentra la deformazione che è alla base dei grandi terremoti appenninici. Per questo motivo, è considerato erroneamente quasi asismico. A causa della scarsa sismicità e di bassa e media energia, nella mappa di pericolosità italiana MPS04 (http://zonesismiche.mi.ingv.it/) la penisola salentina si caratterizza come un’area a bassa pericolosità.

Le cronache storiche riportano alcuni terremoti importanti che hanno colpito il sud della Puglia, primo tra tutti quello del 20 febbraio 1743 che provocò gravissimi danni e morti a Nardò, la città maggiormente colpita. Il terremoto avvenne alle 23.30 “orario all’italiana” (quando le ore si contavano a partire dal tramonto) e cioè alle 16.30 GMT (Greenwich Mean Time, ossia il tempo riferito al meridiano di Greenwich).

“…A di 20 febbraio 1743…. Sulle ore ventitré e mezza successo un orribilissimo tremuoto di tre continue scosse che durarono più di otto minuti, onde a riserva di trenta case, in città rimaste illese, tutta la città restò parte demolita e parte gravemente fracassata, restandosi morte sotto le rovine da duecento persone, e da trecento mortalmente ferite…. il danno fu…..sotto mezzo milione di sicchi. Vedesi qui rinnovata e distrutta e desolata città Gerosolima…”, De Carlo O., 1743.

Danni e forte spavento a Brindisi dove si riporta anche l’accadimento di un maremoto:

In arancione la cronaca dell’evento a Brindisi  “… è stato così spaventoso che, ritiratosi il mare, faceansi vedere aperture della terra, et il molo di porta Reale diviso in tre parti” (Cagnes e Scalese 1743).

Anche Baratta (1901) riporta una descrizione dell’evento a Brindisi citando Cagnes e Scalese, 1743:

Il terremoto fu avvertito fortemente anche a Napoli:

“... Mercoledì prossimo scorso verso le ore ventitre, e mezza, si ebbe qui una sensibile scossa di terremoto, quale durò per molti minuti di tempo. Il moto però fù d’ondulazione, ed orizzontale, ondè né successe il miimo male, né danno alcuno…..” dalla lettera del Consigliere di Stato duca di al conte Finocchietti, Napoli 26 Febbraio 1743, Archivio di Stato di Napoli.

Il terremoto del 20 febbraio 1743 è stato l’evento più forte che ha colpito la Puglia meridionale con un’intensità epicentrale I0=IX grado MCS e magnitudo stimata M 7.1 (Rovida et al., 2011) nell’ambito di un periodo sismico iniziato già nel 1741.

Il terremoto fu avvertito in tutta la Puglia, provocando crolli di case, palazzi e molte chiese nelle province di Brindisi e Lecce. I maggiori danni si verificarono a Nardò, Francavilla Fontana e Brindisi. Guidoboni et al., (2007) riportano circa 180 vittime di cui 150 nella sola città di Nardò. L’evento sismico fu risentito anche a Napoli, Matera, Reggio Calabria, Messina in Italia meridionale e in alcune località dell’Italia centrale e settentrionale, fino a Trento e a Udine. Gravi danni sono stati riportati anche lungo le coste occidentali della Grecia dove, ad Amaxichi (Lefkada) e Kérkira (Corfù) crollarono molte case e ci furono diversi morti. Danni significativi sono riportati anche a Preveza (Lefkada) ed in altri villaggi dell’entroterra della Grecia, in Albania e nelle isole di Malta (Malta e Gozo) (Margottini 1981, 1985; Galea 2007; Galli e Naso 2008).

Si è trattato di un evento sismico complesso, percepito come una sequenza di tre violente scosse, prodotte probabilmente dall’attivazione di diversi segmenti di faglia. Sono state formulate due ipotesi di localizzazione: a) a terra, nel Salento meridionale tra Nardò e Galatina, avvalorata dalla distribuzione dei danni maggiori a Nardò, Francavilla Fontana e le altre città del Salento (Guidoboni et al., 2007); b) a mare nel canale d’Otranto (Rovida et al.,2011; Nappi et al., 2017). La recente identificazione di un sistema di faglie attive nell’offshore salentino (Maesano et al., 2020) sembrerebbe avvalorare questa seconda ipotesi. Quest’ultimo studio sarà a breve descritto in un post specifico.

Ipotesi di localizzazione e distribuzione delle intensità macrosismiche MCS del terremoto del 20 febbraio 1743: a sinistra la stella nera mostra l’epicentro localizzato a terra vicino alla città di Nardò (modificata da Guidoboni et al., 2007); a destra la stella rossa mostra l’epicentro localizzato a mare nel canale d’Otranto (modificata da Rovida et al. 2011).

Questo terremoto non ha prodotto solo danni al patrimonio architettonico e urbano con numerose vittime, ma anche molti effetti sull’ambiente naturale (Nappi et al., 2017). Dall’analisi dei documenti storici coevi all’evento trovati negli Archivi di Stato, Archivi ecclesiastici, nonché dall’analisi critica di fonti librarie di autori contemporanei e dagli studi sia a carattere storiografico sia a carattere sismologico e geologico del territorio (Margottini 1981, 1985; Galli e Naso 2008; Mastronuzzi et al., 2007) è stato possibile ridisegnare il campo macrosismico del terremoto del 1743 ossia la distribuzione delle intensità in tutto il mediterraneo orientale (Nappi et al., 2017). La rivalutazione macrosismica è stata fatta utilizzando sia la tradizionale scala MCS che attribuisce i gradi di intensità essenzialmente sulla base degli effetti sulle persone e sul grado di danneggiamento al costruito sia utilizzando la recente scala ESI-07 (Environmental Seismic Intensity scale 2007, Michetti et al. 2007; Audemard et al. 2015) che valuta l’intensità sulla base degli effetti primari (faglie, sollevamenti, subsidenza) e secondari (tsunami, frane, variazioni idrologiche in falda, fenomeni di liquefazione) innescati dai terremoti sull’ambiente naturale. Gli effetti sull’ambiente naturale provocati da questo terremoto sono perlopiù di tipo secondario e il più rilevante è lo tsunami i cui effetti devastanti sono stati ritrovati lungo la costa salentina come riportato dai cataloghi nazionali e internazionali (Maramai et al. 2014; NOAA (NGDC/WDS 2015) e dai testi storici consultati.

A Brindisi:

” …. è stato così spaventoso, che ritirandosi il mare, faceansi vedere aperture della terra, et  il molo di porta Reale diviso in tre parti…” (ASL, Notaio O. De Carlo, (1743); De Simone, 1993).

Inoltre, massi di grosse dimensioni (boulders) attribuiti allo tsunami prodotto dall’evento sismico del 1743, sono stati ritrovati sulle coste salentine a Torre Sasso e Torre S. Emiliano (Mastronuzzi et al., 2007).

Grossi massi (boulders) attribuiti allo tsunami indotto dal terremoto del 1743 depositati a Torre S. Emiliano vicino Otranto (Lecce) (Foto di S. Porfido)

Altri effetti secondari come le variazioni idrologiche, le frane, le liquefazioni e le fratture nel terreno, sono stati ritrovati in diverse località sia del Salento sia della Grecia, dell’Albania e dell’isola di Malta:

A Nardò:

“…..nel giorno di Mercoledì venti febbraio 1743…l’acque ne’ pozzi saltavano, e si riconcentravano…” (ASL 1743, Protocolli Notarili);

A Cephalonia:

“….forte odore di zolfo proveniva dai pozzi “ (Saint Sauver, 1794, in Ambraseys (2009).

A Gozo (Malta):

“….la popolazione ha riferito di aver visto il suolo salire e cadere con tale forza che il terreno è stato lasciato galleggiare nell’aria, causando una nebbia per lungo tempo. Molte porzioni delle colline di Gozo si sbriciolarono a causa del terremoto” (De Soldanis (1746); Galea (2007).

Dal riesame di tutte le informazioni raccolte sono state rivalutate 25 località ed è stata prodotta una nuova mappa macrosismica secondo i valori attribuiti dalla scala MCS e da quella ESI (Nappi et al., 2017). In particolare sono stati assegnati i valori di intensità I=X MCS a Nardò, I=IX MCS a Brindisi tenendo anche conto degli effetti del maremoto. È importante sottolineare che è stato possibile attribuire una intensità ESI anche alle località costiere di Torre S. Emiliano (Otranto) I=X ESI-07, Torre S. Sabina (Carovigno) I=IX ESI-07 e Torre Sasso (Tricase) I=IX ESI-07 che precedentemente non erano state valutate. Nell’articolo di Nappi et al. (2017) è stata inoltre fornita una ipotesi di localizzazione epicentrale del 1743 nel canale di Otranto (Lat. N 39.44°, Long. 19.21°) con un’intensità epicentrale I0=XI dedotta anche sulla base degli effetti ambientali. Per quanto riguarda la possibile profondità ipocentrale, è stata stimata a circa 30 km considerando il danneggiamento esteso che ha coinvolto il Salento (Imax=X, Nardò), la Grecia (Imax=IX, Amaxichi), l’Albania (Imax=VIII, Butrinto), l’isola di Malta (Imax=VIII) e le città italiane (Udine e Trento) distanti anche 1000 km.

Mappa sismotettonica della Puglia. I quadrati rossi rappresentano i terremoti storici estratti dai cataloghi CPTI (Rovida et al, 2011) e SHARE European Earthquake Catalogue (Stucchi et al. 2013 and Grünthal et al. 2013); i quadrati rossi con al centro il cerchio pieno rappresentano i terremoti estratti dal CFTI4Med (Guidoboni et al., 2007). Sono indicati anche gli epicentri del 1743 a terra (CFTI4Med), in Salento e a mare nel Canale di Otranto (CPTI11). I cerchi gialli rappresentano i terremoti strumentali estratti dal catalogo ISIDE Working group (2016). Le strutture geologiche estratte dai lavori di letteratura: 1) margine della piattaforma Apula and Dalmata; 2) principali faglie normali; 3) principali fronti di sovrascorrimento; 4) principali faglie trascorrenti: PDFZ, Pescara-Dubrovnik; NGFZ, Nord-Gargano; MGFZ, Mattinata-Gondola; NSFZ, Nord-Salento; NKFZ, Nord-Kerkira.

Un’attenta analisi della sismicità storica e strumentale mostra che la parte interna del Salento è stata colpita da 13 terremoti con magnitudo tra 3.0 e 5.0 nel XX secolo e che nel 1826 a Manduria si è verificato un terremoto con Mw 5.4 e Io=VI-VII (CPTI11, 2011).

Inoltre la sismicità strumentale registrata dagli anni Settanta ad oggi mostra un’attività abbastanza intensa sia a ovest della penisola salentina, nel golfo di Taranto, sia nel canale d’Otranto. Gli eventi più forti nel golfo di Taranto sono quelli del 7 maggio 1983 di Mw 5.0 (CSI 1.1, Castello et al., 2006), e del 23 settembre 2001 di magnitudo Mw 5.0 (CPTI11, 2011), mentre nel canale d’Otranto nel 1974 e 1976 si sono verificate delle sequenze sismiche proprio nell’area del terremoto del 1743, con eventi di magnitudo fino a Mw 5 come quello del 20 ottobre del 1974 Mw 5.0 (CPTI11, 2011).

Non bisogna inoltre trascurare che il Salento risente della sismicità delle aree sismogenetiche circostanti caratterizzate da forti terremoti come il promontorio del Gargano e l’Appennino meridionale, l’Arco calabro e la penisola balcanica (Grecia e Albania), e che potrebbe essere anche colpita da maremoti. In particolare il Salento dista meno di 100 km da Grecia e Albania che sono tra le aree più sismiche del Mediterraneo e i cui terremoti sono fortemente avvertiti in Salento come, per esempio, il terremoto del 10 ottobre del 1858, avvenuto in Albania, che provocò gravi danni alla cattedrale di Brindisi.

Più recentemente, il terremoto di Cefalonia (Grecia) del 17 Novembre 2015 (M 6.5) ha causato rilevanti effetti in Italia con la registrazione di un’onda anomala sulle coste della Calabria ionica e della Puglia meridionale. Analoghe piccole onde di tsunami sono state rilevate sulle coste ioniche in occasioni del terremoto di Zacinto dell’ottobre 2018.

Spiaggia di Porto Badisco (Otranto, Lecce) nel periodo invernale (a sinistra, foto di G. Alessio) e nel periodo estivo (a destra).

Come suggerito dallo studio di Nappi et al. (2017), nonostante la pericolosità della penisola salentina sia considerata medio-bassa, non è da escludere che possano verificarsi maremoti, lungo questa costa, generati da terremoti con epicentri lontani. Il fatto poi che il Salento rappresenti una delle destinazioni turistiche più affollate del sud Italia determina nella stagione estiva un notevole incremento del rischio sismico, sia per l’aumento dell’esposizione (numero di turisti) sia per l’aumento della vulnerabilità (turisti non informati sui rischi reali e sulle norme di comportamento in casi di evento).

Mappa delle intensità macrosismiche del terremoto del 1743 rivalutate in questo lavoro integrate con i valori di intensità delle altre località dal CFTIMed04 (Guidoboni et al. 2007). La stella rossa rappresenta la localizzazione epicentrale ipotizzata in questo studio. L’ellisse include le località con intensità macrosismica I≥VIII MCS e ESI; Il cerchio include le località con intensità macrosismica I>VI MCS.

A cura di Rosa Nappi e Germana Gaudiosi (INGV Sezione di Napoli, Osservatorio Vesuviano).

L’articolo Nappi et al., (2017) “The enviromental effects of the 1743 Salento earthquake (Apulia, Southern Italy): a contribution to seismic hazard assessment of the Salento peninsula”, può essere visualizzato al seguente link http://rd.springer.com/article/10.1007/s11069-016-2548-x  http://rd.springer.com/article/10.1007/s11069-016-2610-8 o richiesto via e-mail a rosa.nappi@ingv.it.

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