Gli uragani in Atlantico riprendono forza, ma non è un’anomalia

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Gli uragani in Atlantico riprendono forza, ma non è un’anomalia

Lo indica l’analisi dei dati a partire dal 1851
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Gli uragani più intensi che tormentano con sempre maggiore frequenza l’oceano Atlantico non sono un’anomalia: rappresentano solo la ripresa del normale trend del XX secolo, dopo l’insolito periodo di calma che si è registrato tra gli anni Sessanta e Ottanta. Lo dimostra l’analisi dei dati raccolti dal 1851 a oggi, pubblicati sulla rivista Nature Communications da un gruppo statunitense guidato dall’oceanografo Gabriel Vecchi dell’Università di Princeton con la collaborazione di Gabriele Villarini, direttore del Centro IIHR (Hydroscience & Engineering) dell’Università dell’Iowa.

L'uragano Rita del 2005, uno dei più violenti avvenuti nell'oceano Atlantico (fonte: NOAA) © Ansa

L’uragano Rita del 2005, uno dei più violenti avvenuti nell’oceano Atlantico (fonte: NOAA) – RIPRODUZIONE RISERVATA+CLICCA PER INGRANDIRE

I ricercatori hanno esaminato gli archivi storici dell’Agenzia americana per lo studio dell’atmosfera e gli oceani (Noaa) alla ricerca dei dati sugli uragani avvenuti a partire dal 1851; hanno poi usato i dati satellitari relativi agli uragani avvenuti tra il 1972 e il 2019 per stimare il numero di eventi che tra il 1851 e il 1971 potrebbero essere sfuggiti all’occhio umano. Grazie a questa analisi, hanno dimostrato che gli uragani sono realmente aumentati negli ultimi decenni.

“Dal 1995 – dice Vecchi all’ANSA – abbiamo avuto in media circa il doppio degli uragani maggiori (di categoria 3-5 o venti superiori a 50 metri al secondo) rispetto a quelli avuti tra gli anni ’60 e ’80”. Quel periodo di insolita tranquillità ha rappresentato “la vera anomalia del XX secolo che ha nascosto l’impatto storico dell’effetto serra”. Diverse le possibili cause, a partire dalle emissioni di aerosol prodotte dalle attività umane.

“Gli aerosol sono piccole particelle nell’atmosfera, come polveri e solfati, che riducono la quantità di luce solare e calore che raggiunge l’Atlantico tropicale, e così facendo inibiscono l’attività degli uragani”, spiega Vecchi. “Dopo la Seconda Guerra Mondiale, lo sviluppo industriale in Europa e Nord America, insieme all’aumento della polvere dal Sahara, ha portato a un aumento degli aerosol sull’Atlantico che hanno agito riducendo gli uragani. Dagli anni ’80 la quantità di aerosol è diminuita, contribuendo a determinare un’epoca di uragani più attiva”. A questo fenomeno potrebbe essersi poi sommato il riscaldamento globale e la variabilità del sistema climatico.

“L’oceano Atlantico sposta il calore verso Nord e la forza di questo trasporto di calore cambia nel corso di diversi decenni, in parte a causa dei cambiamenti naturali (caotici) dei venti sul Nord Atlantico: quindi – prosegue Vecchi – il calore portato nell’Atlantico settentrionale tropicale, che aiuta a stimolare l’attività degli uragani, è maggiore in alcuni decenni rispetto ad altri. Si pensa che questo trasporto di calore sia stato più forte del normale negli anni ’30-’50 e dal 1995, e debole negli anni ’60-’80”.

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