L’Avvisatore sismico di padre Atto Maccioni: una scoperta dimenticata

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L’Avvisatore sismico di padre Atto Maccioni: una scoperta dimenticata

Un frate francescano pressoché sconosciuto sembra essere stato il primo al mondo a studiare, più di un secolo fa, un ipotetico precursore elettromagnetico.
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I precursori del terremoto

L’esistenza di fenomeni precursori del terremoto è una realtà che, allo stato attuale delle conoscenze, non rappresenta ancora una soluzione al problema della previsione deterministica. Nel Quaderno di Geofisica n. 174 (ed. INGV) è spiegato esaurientemente quale sia, almeno per il momento, il ruolo dei precursori sismici. Molto brevemente, esiste un certo numero di fenomeni estremamente diversi tra loro che occasionalmente possono manifestarsi come precursori del terremoto. Purtroppo questi fenomeni non sono ancora correlabili al sisma con sistematicità e necessità. Per questo motivo non è ancora possibile prevedere il terremoto. Soltanto l’osservazione simultanea di un’associazione di precursori, il più possibile varia e numerosa, potrebbe rappresentare oggi una certa avvisaglia che “qualcosa sta per accadere”. Ciò avviene molto raramente e non fornisce informazioni chiare riguardo dove, quando e quanto forte potrà accadere un sisma. C’è tuttavia la ragionevole speranza che, seguendo questa strada, si possa arrivare prima o poi a risultati non solamente utili alla conoscenza scientifica ma anche utilizzabili da un punto di vista operativo.

Nel panorama dei precursori è dagli anni ‘80 che sta emergendo un fenomeno di emissione elettromagnetica associato alla microfratturazione della roccia. Le moderne tecnologie ci consentono di osservarlo sperimentalmente (vedi ad es. Miscellanea n. 68). Se questo fenomeno si manifestasse sistematicamente anche in natura, nella fratturazione crostale associata alla faglia sismogenetica, esso potrebbe rappresentare un ottimo precursore. – Tuttavia questa frontiera apparentemente avveniristica è legata ad un fenomeno naturale di emissione di onde radio la cui scoperta non sembra così moderna.

Un grande contributo italiano dimenticato

Nel 1890 l’inglese John Milne (inventore del primo sismografo di tipo moderno) pubblicò in Giappone, in lingua inglese, quello che ufficialmente risulta essere il primo trattato sui precursori sismici: “Terremoti in relazione a fenomeni elettrici e magnetici”. Il Quaderno di Geofisica n. 170 (ed. INGV) riporta una traduzione commentata di questo rarissimo libro. Leggendolo, scopriamo che una grande quantità di casi furono osservati proprio in Italia. Questo non ci sorprende, visto che il nostro paese, come il Giappone, è estremamente sismico. È rilevante però che le principali fonti di Milne sono pubblicazioni italiane oggi pressoché sconosciute nel panorama internazionale perché scritte in lingua italiana, come era d’uso all’epoca. 

Tra queste spiccano “La meteorologia endogena” di Michele Stefano De Rossi (1879) e il “Bullettino del Vulcanismo Italiano”, periodico diretto dallo stesso De Rossi. Una curiosità poco nota che emerge da questi testi è che anche l’invenzione del telegrafo ha favorito la ricerca geofisica e soprattutto in Italia. Una volta istituita una rete telegrafica, a causa della presa di terra del sistema via cavo, iniziarono ad essere osservate correnti telluriche associate ai forti terremoti fino ad arrivare a casi eclatanti di vere e proprie scosse elettriche sulle mani degli operatori telegrafici. Il telegrafo era l’internet dell’epoca e padre Alessandro Serpieri (ordine degli Scolopi) ebbe l’idea di organizzare una collaborazione con la direzione dei Telegrafi Italiani affinché questi fenomeni fossero segnalati sistematicamente insieme all’eventuale sisma. Si trattava quindi non tanto di prevedere il sisma, quanto di raccogliere dati geofisici e inoltrare in tempo reale la notizia di un forte terremoto (che poi è uno dei compiti fondamentali che oggi svolge la rete del Servizio di sorveglianza sismica dell’INGV). Fu così che a partire dal 1873 la letteratura scientifica italiana si arricchì di osservazioni di precursori elettrici. Questa esperienza resta tuttora pressoché sconosciuta all’estero a causa della lingua. 

Ma ancora non si trattava di precursori elettromagnetici. De Rossi, nel suo trattato, parla talvolta di precursori “elettro-magnetici” nel senso arcaico della parola, riferendosi cioè all’insieme dei fenomeni elettrici e magnetici associati al terremoto. Tuttavia, come Milne, egli li considerava nelle due categorie distinte. Il significato moderno della parola elettromagnetico (EM), riferita cioè alla mutua induzione tra i due campi, non poteva essere concepito che dopo la teorizzazione delle equazioni di Maxwell (1864) e non fu usato che successivamente all’esperienza di Hertz (1888) che dimostrò l’esistenza di “onde elettriche” o “onde hertziane”, come furono chiamate in un primo tempo le onde EM. La prima testimonianza di un segnale EM associato al terremoto sembrava essere, fino ad oggi, l’ipotesi proposta nel 1982 dal radioastronomo statunitense Warwick. In realtà egli per oltre un ventennio non seppe come spiegare un significativo segnale anomalo, di origine naturale ma non celeste, finché non diede peso al fatto che era stato osservato 5 giorni prima di un violentissimo terremoto avvenuto nel Cile.

Un frate francescano, 100 anni fa

Tra la prima esperienza radiotelegrafica di Marconi e l’ipotesi di Warwick corrono però 87 anni di progressi radiotecnici e la scoperta di un precursore EM non sembra più essere stata così tarda e casuale. Partendo proprio dal trattato di Milne e dai testi italiani pubblicati a cavallo del 1900 si possono individuare molti ricercatori di precursori elettrici e magnetici e tra questi spicca un personaggio che sembra aver cercato propriamente delle onde EM associate al terremoto. Si tratta di padre Atto Maccioni, direttore dell’osservatorio detto dell’Osservanza, presso il Convento dei Frati Minori dell’Osservanza di Siena (figura 1). Anche in questo caso la scoperta non fu diretta e lineare.

Fig. 1. Padre Atto Maccioni in una foto del 1909.

Egli tentò di dimostrare la discutibile ipotesi che i casi di premonizione negli animali potessero essere causati da una loro sensibilità ad onde EM indotte sul sistema nervoso da correnti telluriche premonitrici del terremoto. Per fare ciò realizzò e sperimentò un suo particolare ricevitore radio che doveva captare direttamente questi segnali EM. Abbiamo rinvenuto alcuni rari documenti che non lasciano dubbi: certamente Maccioni aveva cercato precursori EM già nel 1909. 

Nel fascicolo Miscellanea n. 63 (ed. INGV) abbiamo pubblicato tre documenti dell’epoca in versione integrale, commentandoli da un punto di vista tecnico. Ne emerge che il frate tentò di realizzare un ricevitore che impiegasse un detector EM (il coherer) più sensibile di quello di Marconi. Usò come sensori di riferimento un sismografo e un tromometro, osservando segnali dal proprio dispositivo con molti minuti di anticipo rispetto agli altri due. Il tromometro era un sensore meccanico inventato in Italia dal padre barnabita Timoteo Bertelli nel 1868 per studiare la microsismicità. Questo tipo di strumento poteva anticipare di qualche istante la registrazione della scossa sensibile sul sismografo e per questo era spesso denominato “avvisatore” del terremoto. Per analogia Maccioni chiamò Avvisatore anche il suo strumento, il cui schema di funzionamento è riportato in figura 2.

Fig. 2. Schema dell’Avvisatore Maccioni ricostruito sulla base delle sue descrizioni.

All’epoca però con “avvisatore” non si intendeva un’apparecchiatura di previsione e ancora oggi è lodevole l’onestà intellettuale del frate nell’affermare che la stampa non doveva dare (non ancora) rilevanza a un apparecchio in grado di fare una previsione ma piuttosto alla scoperta di un legame tra onde elettromagnetiche e onde sismiche. Anche in questo caso si tratta di una scoperta rimasta pressoché sconosciuta ma stavolta non fu soltanto a causa della lingua. Il frate infatti pubblicò i dettagli del suo detector (fig. 3) su una rivista di cultura francescana. Per di più, pochi anni dopo Maccioni lasciò la tonaca e “cadde in disgrazia”, morendo, a quanto sembra, in povertà e malattia. La sua ricerca però ebbe inizio proprio non appena le conoscenze teoriche e tecnologiche la resero possibile. È probabilmente la prima ricerca al mondo di un precursore EM, indipendentemente dal fatto che sia stato rilevato o no un vero fenomeno precursore (cosa peraltro possibile).

Fig. 3. L’Avvisatore sismico Maccioni in una rara fotografia dell’epoca. Quando un segnale EM veniva captato dal sottosuolo, un relè avviava un orologio che era fermo sulle ore 12. In questo modo era possibile leggere il tempo trascorso dal preavviso fino all’accadimento del sisma. La prima esperienza positiva segnò un anticipo di 4 minuti.

Con l’intenzione di portare finalmente il lavoro di padre Maccioni ad una visibilità internazionale, abbiamo recentemente pubblicato nella sezione Historical Seismologist della rivista Seismological Research Letters la traduzione in inglese degli stessi tre documenti, introdotti nel contesto storico. Abbiamo inoltre allegato i testi originali italiani editati con riferimenti di riga riconducibili alla traduzione. La nostra speranza è che d’ora in poi, quando si parlerà di precursori EM, venga riconosciuto in tutto il mondo il fondamentale contributo dello scienziato Maccioni, un frate minore toscano poco conosciuto perfino nel nostro Paese.

A cura di di Adriano Nardi, Antonio Piersanti e Gabriele Ferrara (INGV)

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