In Italia la pioggia è contaminata: l’allarme dell’Onu

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In Italia la pioggia è contaminata: l’allarme dell’Onu

In Italia piovono sostanze inquinanti, l’Onu lancia l’allarme sui possibili rischi da contaminazione da Pfas nelle falde acquifere e nell’acqua piovana
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La sfida per riuscire a contenere il surriscaldamento globale entro 1,5 gradi sembra fallita e alla preoccupazione per i possibili effetti di un cambiamento climatico che appare ormai irreversibile va ad aggiungersi quella legata alla presenza di sostanze inquinanti nell’acqua piovana e nelle falde acquifere. L’Onu ha infatti rilevato la presenza di Pfas nelle piogge nostrane, un ulteriore segnale di un Pianeta in sofferenza.  

Livelli Pfas superiori ai limiti stabiliti per l’acqua potabile

Conosciuti anche come “forever chemicals” i Pfas hanno vissuto un periodo d’oro negli Anni Cinquanta. Tra i vantaggi che queste sostanze chimiche eterne offrivano all’industria c’era la capacità di rendere impermeabili all’acqua e al grasso i prodotti. Questo – unito alla loro capacità di non degradarsi nell’ambiente – li ha resi particolarmente appetibili e largamente utilizzati. Ed è proprio quella loro capacità di essere “eterni” a costringerci oggi a fare i conti con i loro devastanti effetti.

Dai dati emersi da uno studio condotto dai ricercatori dell’Università di Stoccolma e del Politecnico Federale di Zurigo – pubblicato sulla rivista Environmental Science&Technology – è emerso che queste sostanze perfluoroalchiliche sono presenti ovunque, persino nella pioggia. La quantità di Pfas rilevata nelle acque piovane è tale da aver superato il “limite planetario“, ovvero quel sottile confine che segna il punto oltre il quale l’ambiente perde il suo equilibrio naturale, determinando così cambiamenti repentini nell’ecosistema terrestre.

I ricercatori hanno evidenziato che le acque piovane, il suolo e le acque superficiali in diverse località del mondo presentano quattro acidi perflluoroalchilici, superando così i limiti di guardia stabiliti dalle linee guida americane e fissati dalle leggi dell’Unione europea. Molti Paesi poveri, che utilizzano l’acqua piovana per dissetarsi, sarebbero quindi a rischio contaminazione Pfas, ma il problema va oltre il consumo “diretto”.

L’acqua piovana si posa sul suolo, inquinando il terreno e le falde sotterranee, per poi tornare in atmosfera attraverso processi naturali, non prima di aver contaminato animali ed esseri umani, “bioaccumularsi” e contaminare l’intero organismo.

Le contaminazioni Pfas possono portare all’insorgenza di tumori, problemi di infertilità,  ipercolesterolomia, disturbi del sistema immunitario e difficoltà di apprendimento nei bambini.

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Piogge contaminate in Italia, la preoccupazione Onu

Si tratta di un problema a livello mondiale, davanti al quale nessun Paese può rimanere indifferente, e che vede l’Italia purtroppo interessata in prima linea. Dopo una recente visita in Italia Marcos Orellana, Special Rapporteur dell’Onu sui “diritti umani e sostanze tossiche”, scrive nella sua relazione di essere seriamente preoccupato per l’entità dell’inquinamento da Pfas in alcune zone del Veneto, dove più di 300 mila persone sono colpite dalla contaminazione della seconda falda acquifera europea per estensione. L’assenza di informazione da parte delle istituzioni regionali e di leggi volte a vietare l’impiego di queste sostante in tutto il Paese sono, continua Orellana, un gesto irresponsabile.

L’attenzione dell’Onu verso il nostro Paese non dovrebbe sorprenderci, poiché già da tempo le Nazioni Unite contestano anche all’Italia il mancato rispetto del diritto umano, internazionalmente riconosciuto, a vivere in un ambiente pulito e non contaminato.

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Contaminazione Pfas, il “caso” Solvay

A finire sotto i riflettori – oltre al Veneto – è Spinetta Marengo, comune piemontese celebre per ospitare la sede della Sovay, terza azienda mondiale di produzione degli acidi perfluoroalchilici. Lo stabilimento piemontese è da tempo monitorato dalle autorità competenti per i possibili rischi, e negli ultimi tempi una ricerca ha evidenziato elevati livelli di Pfas nel sangue degli abitanti, con percentuali più alte tra coloro che hanno prestato servizio nello stabilimento.

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