Cosa sono i misteriosi “punti” cosmici che stanno lasciando perplessi gli astronomi?
Sulla base delle ricerche degli ultimi mesi sta emergendo un consenso sul fatto che i punti, talvolta chiamati rubini per il loro colore rosso intenso, siano un tipo di oggetto nuovo dell’universo
di Jenna Ahart/Nature
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Quando il James Webb Space Telescope (JWST) ha guardato indietro nel tempo per osservare i primi momenti dell’universo, ha presentato agli astronomi e alle astronome qualcosa di molto particolare: centinaia di “piccoli punti rossi” che inspiegabilmente punteggiavano l’antico cosmo.
I puntini, chiamati così per le loro dimensioni compatte nelle immagini del JWST e per la loro emissione di lunghezze d’onda lunghe e “rosse”, inizialmente hanno lasciato perplessi gli astronomi. Sembravano troppo condensati per essere galassie, ma non emettevano il giusto tipo di luce per essere buchi neri. I ricercatori hanno subito soprannominato i punti, che JWST ha rilevato per la prima volta nel 2022, universe breakers, perché contraddicevano il pensiero standard sulle caratteristiche dell’universo primordiale.
Negli ultimi mesi, i ricercatori hanno iniziato a definire l’identità di questi punti ed è una che raramente emerge in astronomia: un nuovo tipo di oggetto celeste. “È estremamente raro che si riesca a lavorare su un fenomeno fisico veramente nuovo come questo”, afferma Anna de Graaff, astronoma del Max-Planck-Institut per l’astronomia di Heidelberg, in Germania. “È quasi un peccato che stiamo iniziando a scoprirli”.

Molti scienziati ritengono che i piccoli punti rossi (little red dots, LRD) siano un ibrido tra un buco nero e una stella: un buco nero attivo avvolto da un bozzolo di gas caldo e denso – simile all’atmosfera di una stella – che si illumina quando il buco nero lo riscalda. Un buco nero più classico, invece, non brilla allo stesso modo.
Anche se gli astronomi stanno decidendo una teoria favorita sulla natura di questi misteriosi punti, spesso chiamati rubini, rimangono altre domande: gli LRD sono esistiti solo nell’universo più antico o sono presenti anche in zone più moderne del cosmo? Come si evolvono nel tempo? E come si sono formati?
A soli tre anni dalle prime osservazioni di questi punti da parte del JWST, sono stati pubblicati circa 200 ricerche che studiano gli LRD sul server di preprint arXiv (alcuni delle quali non sono ancora state sottoposte a peer review). Qui, “Nature” raccoglie alcuni dei brillanti frammenti di ricerca – tutti descritti negli ultimi tre mesi – che stanno illuminando questa nuova e allettante classe di oggetti.
Un rubino straordinario
Forse l’LRD più importante è un oggetto chiamato Cliff [“scogliera” in inglese, NdR], che costituisce la prova più solida del modello di stella buco nero. Il nome di questo oggetto è dovuto alla netta discontinuità nello spettro di luce che emette: in un grafico che mostra le lunghezze d’onda della luce irradiata dall’oggetto in un determinato momento, le sue emissioni sono quasi nulle per la luce ultravioletta, appena al di fuori dello spettro visibile, ma raggiungono un picco improvviso per le lunghezze d’onda leggermente meno energetiche.
“Questa brusca transizione non è qualcosa che le galassie normali possono fare”, spiega de Graaff, coautrice di un articolo che descrive i risultati, pubblicato il mese scorso su “Astronomy and Astrophysics”. “E anche i buchi neri nell’universo vicino non hanno questo aspetto. Quindi questo è stato il primo oggetto in grado di escludere una vasta gamma di modelli”. Gli autori dell’articolo si riferiscono quindi a Cliff come a un “rubino notevole”.

L’analisi dei picchi di luce indica che l’oggetto deve essere estremamente energetico – come un buco nero – ma deve anche essere racchiuso in un gas caldo e denso simile all’atmosfera di una stella. La spiegazione dell’oggetto fornita dal gruppo coincide con il modello descritto all’inizio di quest’anno di un buco nero avvolto da gas, e così è nata la stella buco nero.
Pacchetto galattico
Oltre a capire che cosa sono gli LRD, gli astronomi sono curiosi di sapere come si evolvono. Alcuni pensano che questi rubini possano diventare i centri delle galassie.
Come riportato su “Nature Astronomy” il mese scorso, un gruppo di ricercatori sta iniziando a individuare una potenziale risposta. L’LRD protagonista del loro lavoro era circondato da otto galassie vicine ed era inserito in un alone particolarmente grande di materia oscura, l’entità invisibile che lega insieme i gruppi di galassie, spiega il coautore dello studio Jan-Torge Schindler, astronomo dell’Università di Amburgo in Germania. Un alone di materia oscura così grande ospita solitamente i quasar, nuclei estremamente luminosi al centro di alcune galassie.
La scoperta sembra suggerire “che gli LRD in questi ambienti potrebbero essere collegati ai quasar”, dice Schindler. “Forse i punti alla fine si evolvono in questo tipo di galassia più luminosa”.
Probabilmente questo non è il destino di tutti i rubini del cielo, la maggior parte dei quali non ha l’alone di materia oscura caratteristico di un quasar.
Puntini vicini e lontani
Altri due studi indagano gli LRD attraverso alcuni esempi estremi: alcuni dei più vicini e dei più lontani osservati. In un preprint di luglio, gli astronomi descrivono tre LRD a circa un miliardo di anni luce dalla Terra. Si tratta di una distanza molto più vicina al nostro cosmo rispetto alla maggior parte degli LRD, che si trovano a circa 12-13 miliardi di anni luce di distanza. Gli oggetti celesti relativamente vicini alla Terra non vengono osservati così indietro nel tempo come quelli più lontani. La scoperta suggerisce quindi che i puntini non sono solo residenti dello stato iniziale dell’universo, ma che potrebbero comparire anche in un cosmo più maturo.
Xiaohui Fan, coautore del lavoro e astronomo all’Università dell’Arizona a Tucson, afferma che, per via della loro localizzazione, i puntini appaiono fino a 1000 volte più luminosi rispetto alle prime, lontane osservazioni del 2022. Questo permette agli astronomi di analizzare ad alta risoluzione la luce che proviene da questi oggetti e di “testare le loro teorie in modo molto più dettagliato”, afferma Fan.
Nel frattempo, Anthony Taylor, astronomo dell’Università del Texas ad Austin, e i suoi colleghi hanno trovato il complemento perfetto per questi puntini vicini. Il loro LRD, descritto in agosto su “Astrophysical Journal Letters” , è particolarmente lontano, il che significa che quando gli astronomi studiano l’oggetto, in realtà stanno guardando indietro nel tempo a soli 500 milioni di anni dopo il big bang.
Taylor spera che, scrutando l’antico cosmo, lui e il suo gruppo possano capire meglio come si formano questi sistemi.
Con le osservazioni future, non vede l’ora di scoprire come gli astronomi continueranno a ricomporre questo puzzle cosmico. “Ciò che rende questa classe di oggetti così interessante e divertente è il fatto che si tratta di un mistero continuo che dobbiamo lentamente, ma inesorabilmente, eliminare”, ha dichiarato.