Equilibrio fragile per gli oceani nascosti nelle lune ghiacciate

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Equilibrio fragile per gli oceani nascosti nelle lune ghiacciate

Invito alla cautela per le esplorazioni future
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Rappresentazione artistica di Mimas, una delle lune di Saturno (fonte: Robert Lea/NASA / JPL-Caltech / Space Science Institute) - RIPRODUZIONE RISERVATA
Rappresentazione artistica di Mimas, una delle lune di Saturno (fonte: Robert Lea/NASA / JPL-Caltech / Space Science Institute)

Gli oceani che si nascondono sotto le superfici ghiacciate di alcune lune del Sistema Solare esterno, come Encelado e Mimas di Saturno o Miranda di Urano, potrebbero dover affrontare un futuro insolito: se il guscio di ghiaccio dovesse assottigliarsi, gli oceani arriverebbero all’ebollizione.

Lo afferma lo studio pubblicato sulla rivista Nature Astronomy guidato dall’Università della California a Davis. Queste previsioni risultano fondamentali per le future missioni spaziali dirette a questi mondi ghiacciati e per le strategie di esplorazione che utilizzeranno.

Variazioni nello spessore dei gusci di ghiaccio che ricoprono molte lune del nostro Sistema Solare possono alterare la pressione esercitata dagli oceani sottostanti e generare fenomeni che sono ancora poco compresi. Per fare un po’ di luce sulla questione, i ricercatori guidati da Maxwell Rudolph hanno elaborato simulazioni numeriche per tutti i satelliti ghiacciati di medie dimensioni. PUBBLICITÀ

I risultati indicano che sui corpi più piccoli, come Mimas ed Encelado che hanno un raggio rispettivamente di 198 e 252 chilometri, anche un modesto assottigliamento di 5-15 chilometri farebbe scendere la pressione oceanica abbastanza da permettere all’acqua di raggiungere il suo punto triplo: un particolare stato nel quale coesistono simultaneamente le fasi solida, liquida e gassosa. Ciò vorrebbe dire che gli oceani arriverebbero all’ebollizione e all’evaporazione anche prima che la superficie ghiacciata esterna si rompa.

Invece, sulle lune più grandi come Titania di Urano e Giapeto di Saturno, che hanno un raggio superiore ai 300 chilometri, ghiacci più sottili attiverebbero processi che provocano la compressione della crosta: i risultati comprendono faglie e dorsali rugose che sono state effettivamente osservate sulle loro superfici.

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