L’Islanda nel 2020 non caccerà balene (anche) a causa del coronavirus

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L’Islanda nel 2020 non caccerà balene (anche) a causa del coronavirus

L’imprenditore Kristján Loftsson, amministratore delegato della compagnia baleniera Hvalur – hf, ha annunciato che quest’anno la sua flotta non andrà a caccia di cetacei. Il milionario ha dichiarato che i suoi uomini non possono mantenere il distanziamento sociale previsto per contrastare la diffusione del coronavirus, ma che ci sono anche problemi con la vendita della carne al Giappone, Paese dove viene esportato il 100% del “prodotto”.
di Andrea Centini
scienze.fanpage.it

Quest’anno l’Islanda non andrà a caccia di balene. Ad annunciarlo in un’intervista al quotidiano locale RUV l’imprenditore milionario Kristján Loftsson, amministratore delegato della Hvalur – hf, la compagnia baleniera islandese impegnata nell’anacronistica pratica, ormai osteggiata e condannata da quasi tutta la comunità internazionale. Si tratta del secondo anno consecutivo in cui gli arpioni dei cacciatori di cetacei non tingeranno di rosso sangue le acque territoriali islandesi.

Le ragioni di questa scelta sono in parte molto diverse da quelle che spinsero Loftsson a fare un annuncio simile nel 2019. Lo scorso anno, infatti, il capitano della nave baleniera Hvalur 9 Ólafur Ólafsson dichiarò che non sarebbero state uccise balenottere a causa dei tempi ristretti per la preparazione della flotta, in seguito a presunti ritardi nelle licenze concesse dal Ministero della Pesca. La verità, tuttavia, sembrava legata alle difficoltà logistiche nella vendita di carne di balena al Giappone, dove viene esportato il 100 percento del “prodotto”. In Giappone, infatti, ogni anno restano invendute tonnellate di carne di cetaceo, segno di un mercato in costante declino anche nei Paesi ancora legati alla baleneria.

Per quest’anno, ha spiegato Loftsson, ci sono diversi ostacoli a rendere “insostenibile” la caccia ai cetacei in Islanda. Il governo nipponico, infatti, a partire da luglio del 2019 ha dato il via libera ufficiale alla caccia commerciale (dopo la scusa della ricerca scientifica per decenni) nelle proprie acque territoriali, sovvenzionando le baleniere locali. In questo contesto, spiega Loftsson, la sua compagnia non può essere competitiva. Inoltre la carne di balena cacciata in Islanda deve essere sottoposta a numerosi test ed esami chimi obbligatori, che invece non sono previsti per i cetacei catturati in Giappone. Ciò rende il mercato ancora meno “appetibile”, secondo il milionario odiato da migliaia di persone.

A frenare la compagnia del magnate islandese ci sono anche le misure di contenimento introdotte per contrastare la diffusione della COVID-19, l’infezione causata dal coronavirus, e nel caso specifico il distanziamento sociale. Loftsson ha affermato che è impossibile praticare la caccia ai cetacei e lavorarne la carne mantenendo la distanza di sicurezza prevista dalle autorità sanitarie, pertanto si è deciso di non fare uscire la flotta. La decisione è stata accolta con favore dalle organizzazioni ambientaliste, ma anche da tanti scienziati e comuni cittadini che reputano a ragione la baleneria un crudele retaggio del passato. Loftsson tuttavia non demorde, e sta finanziando esperimenti per verificare se sottoprodotti ottenuti dalle balene possano essere efficaci nel contrasto alla carenza di ferro. Vorrebbe altresì produrre integratori a partire dal grasso presente nelle ossa dei cetacei.

A rendere particolarmente odiosa la caccia in Islanda il fatto che tra le specie “papabili” figurano anche le balenottere comuni (Balaenoptera physalus), una specie classificata con codice VU (vulnerabile) nella Lista Rossa dell’Unione Internazionale della Conservazione della Natura. In pratica, si tratta di una specie a rischio. La balenottera comune, l’unico cetaceo misticete regolarmente presente nelle acque del Mediterraneo, è il secondo animale più grande del mondo dopo la balenottera azzurra. Le baleniere di Hvalur – hf cacciano anche la balenottera minore, della quale un esemplare è stato recentemente avvistato nel porto di Anzio. Anche la Norvegia uccide questo cetaceo, e il massacro di quest’anno ha avuto inizio proprio mentre tutto il mondo intero è fermo a causa della pandemia di coronavirus

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