Il terremoto del Pollino dell’8 gennaio 1693 ridimensionato da documenti storici inediti

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Il terremoto del Pollino dell’8 gennaio 1693 ridimensionato da documenti storici inediti

ingv.terremoti.it

Dal punto di vista storico, il massiccio del Pollino nel passato non ha avuto terremoti distruttivi (magnitudo Mw superiore a 6) ed è quindi considerato come una zona di gap sismico, cioè un’area dove l’occorrenza dei terremoti è storicamente scarsa o quasi nulla (vedi post). Di contro, studi paleosismologici, che analizzano i terremoti molto antichi, hanno trovato prove significative dell’esistenza di importanti faglie che possono essere considerate attive come la faglia del Pollino e la faglia di Castrovillari.

L’INGV ha quindi pianificato ulteriori attività e progetti di ricerca per il miglioramento delle conoscenze del potenziale sismogenetico di quest’area proponendola al DPC come area di studio dei progetti da sviluppare nel 2012-2013 e negli anni futuri. Lo studio di A. Tertulliani e L. Cucci fa parte del progetto DPC-INGV S1 “Miglioramento delle conoscenze per la definizione del potenziale sismogenetico”.

Secondo il Catalogo Parametrico dei Terremoti Italiani (CPTI11) il massimo terremoto avvenuto nella zona del massiccio del Pollino è quello dell’8 gennaio 1693 (Intensità VIII MCS, Mw 5.7). Si tratta di un evento sconosciuto alla tradizione sismologica italiana, scoperto di recente e ancor più recentemente inserito nel Database Macrosismico Italiano (DBMI11) e nel CPTI11.

Effetti del terremoto del 18 maggio 1895 [fonte: DBMI11].Effetti del terremoto dell’8 gennaio 1693 [fonte: DBMI11].

Il principale motivo per cui l’evento è rimasto così a lungo sconosciuto è di natura cronologica: esso infatti ha preceduto di poche ore il primo degli eventi principali della sequenza che devastò la Sicilia Orientale nel gennaio 1693, causando estese distruzioni e lasciando un’impronta molto duratura nelle fonti storiche e nell’immaginario collettivo. Questa coincidenza, amplificata dalle caratteristiche del sistema di circolazione delle informazioni del periodo incentrato sulla spettacolarizzazione della narrazione ha probabilmente, in una prima fase, contribuito a far confondere l’evento del Pollino con la più devastante sequenza siciliana, rendendolo poi invisibile agli autori di compilazioni sismologiche successive, nelle cui ricostruzioni i due eventi, quello calabrese e quello siciliano del 1693, vengono associati.

Un articolo recentemente pubblicato da A. Tertulliani e L. Cucci su Seismological Research Letters ha aggiornato le conoscenze sul terremoto del Pollino dell’8 gennaio 1693 prendendo in considerazione tutte le fonti storiche contemporanee finora identificate e cercando di darne una rilettura critica che risolva per quanto possibile i dubbi interpretativi. La ricerca, che si è avvalsa di nuovi documenti storici, è stata effettuata presso numerosi archivi, sia nazionali come Napoli, Venezia, Firenze e Cosenza, sia locali, che presso l’Archivio Segreto Vaticano e archivi diocesani e parrocchiali in Calabria. Parte della documentazione proviene dall’Archivo General de Simancas, a Valladolid (Spagna).

Copia di lettera (datata 5 marzo 1693) allegata al dispaccio del residente Giovanni Giacomo Cormiani al Senato veneziano, Napoli 17 marzo 1693, ASVE, Senato, Dispacci degli ambasciatori e residenti, Napoli, filza 102. Su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Archivio di Stato di Venezia, aut. n. 10/2014.Copia di lettera (datata 5 marzo 1693) allegata al dispaccio del residente Giovanni Giacomo Cormiani al Senato veneziano, Napoli 17 marzo 1693, ASVE, Senato, Dispacci degli ambasciatori e residenti, Napoli, filza 102. Su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Archivio di Stato di Venezia, aut. n. 10/2014.

La gran mole di documenti analizzata ha permesso di aggiornare in modo significativo la conoscenza di questo evento sismico. Quello che si sapeva già prima di queste ultime ricerche era che un terremoto aveva colpito l’area settentrionale della Calabria la sera dell’8 gennaio 1693, in particolare il circondario di Castrovillari, producendo danni in alcune località. Nelle 24 ore successive (la sera del 9 e poi l’11 gennaio) due fortissime scosse, in particolare la seconda, avevano portato devastazione nella Sicilia orientale, con la distruzione di Catania e molte altre località. La vicinanza temporale di questi eventi ha dato origine, nell’immaginario dell’epoca, alla convinzione che essi fossero tutt’uno. Le informazioni relative alla Calabria erano riportate in poche fonti, nelle quali era evidente, nonostante il danno, il sollievo di essersi salvati da una sorte ben peggiore, quale quella toccata alla Sicilia.

Effetti del terremoto del 9 gennaio 1693 [fonte: DBMI11].Effetti del terremoto dell’11 gennaio 1693 [fonte: DBMI11]. Il rettangolo indica una delle possibili sorgenti sismogenetiche del terremoto.

Essendo infatti le fonti leggermente tarde rispetto all’evento, da qualche giorno a qualche mese, e considerando i tempi della diffusione delle notizie all’epoca, non si fa fatica a comprendere come gli effetti dei due terremoti siano stati facilmente sovrapposti nelle corrispondenze e nella diaristica. Il dettaglio dei documenti utilizzati nella ricerca è disponibile in un altro articolo pubblicato da A. Tertulliani e L. Cucci.

Cercare di distinguere fra le due sequenze era il primo passo verso un chiarimento definitivo del ruolo che i singoli eventi ebbero nell’impatto sul territorio. Il terremoto dell’8 gennaio è descritto con dettaglio da Giorgio Toscano nella sua storia di Oriolo, coeva all’evento di cui l’autore fu testimone oculare. In altre fonti coeve di tipo archivistico, soprattutto lettere e corrispondenze amministrative e diplomatiche scritte qualche giorno dopo l’evento, è spesso impossibile riuscire a separare gli effetti dei due terremoti, anche se in alcuni di essi sono descritti con precisione.

Tuttavia, oltre al Toscano, che indica tre diverse scosse ad Oriolo nella notte tra giovedì 8 e venerdì 9 gennaio, alcune lettere in particolare ci danno gli orari di accadimento dei terremoti: sono corrispondenze da Castrovillari, da Napoli e da Palermo per la corte dei Medici a Firenze, per il Senato Veneziano, per il Regno di Spagna e la Curia Vaticana, nelle quali vengono indicate le scosse nella notte dall’8 gennaio con il relativo orario, mentre la prima scossa siciliana avviene la sera del 9 gennaio. Un’ulteriore scossa, alla quale vengono associati danni, solo in Calabria settentrionale, è segnalata poi il 22 gennaio nella notte.

In sintesi, la scansione temporale delle scosse sembra essere la seguente, come dedotta da alcune delle fonti principali:

Data Orario (UTC) Effetti
8 gennaio 1693 poco dopo le ore 21.00 senza danni, ma avvertita in modo rilevante dalla popolazione
8 gennaio 1693 alle ore 23.00 danni
9 gennaio 1693 alle ore 5.00 circa danni
23 gennaio 1693 poco dopo le ore 01.00 danni

Per quanto riguarda la durata della sequenza, dalla lettura delle fonti si evince che la popolazione continuò ad avvertire scosse per diversi mesi, probabilmente un anno.

Sono state individuate 16 località dove la sequenza, iniziata l’8 gennaio 1693, produsse effetti di danno o risentimento. In particolari si ebbero danni a Castrovillari e Morano Calabro, dove alcune chiese e altri edifici ebbero a soffrire lesioni gravi e crolli. A Oriolo fu danneggiata parte della muratura del Castello e si ebbe la caduta di diversi camini. Notizie di danni si ebbero ugualmente per i paesi di Altomonte, Mormanno, San Basile e Saracena senza però che le fonti ne descrivessero i dettagli:

…Né in luoghi convicini sta minore il danno, havendo patito Saracena, Mormanno, S. Basile et altri infiniti luoghi; (Archivio di Stato di Firenze, 1693).

Danni, anche ragguardevoli, avvennero in edifici religiosi, come indicato nelle fonti, come ad esempio il monastero dei Padri Colloretani (Santa Maria di Colloreto), a qualche chilometro da Morano Calabro; altri danni furono segnalati ad un altro convento colloretano (San Nicola da Tolentino) a Pedali, vicino Viggianello e alla cattedrale di Anglona.

Mappa delle intensità del terremoto dell’8 gennaio 1693 nel lavoro di A. Tertulliani e L. Cucci. D indica danno a edifici singoli, F risentimento generico.

In mappa è illustrata l’area di risentimento completa del terremoto dell’8 Gennaio 1693, con evidenziate le intensità macrosismiche assegnate. A seguito della revisione contenuta in questo lavoro sono stati ricalcolati i parametri epicentrali di questo evento. L’intensità epicentrale passa da 8 MCS a 7 MCS, la magnitudo macrosismica Mw diminuisce da 5.7 a 5.2, e la localizzazione epicentrale si sposta di circa 6 km verso sud-est.

In conclusione, la ricerca ha permesso di aumentare il livello di conoscenza di questo terremoto grazie a notizie inedite su località colpite oltre a quelle già conosciute, quali Saracena, Altomonte, San Basile, Corigliano. Inoltre è emerso un quadro più ampio del risentimento che risulta documentato fino a Napoli. A margine di questo lavoro, emerge come l’area di risentimento dei terremoti della citata sequenza della Sicilia Orientale sia più ampia di quanto documentato nella letteratura corrente, arrivando a lambire l’area oggetto del presente studio.

Resta quindi ancora non chiarito il significato della discrepanza tra assenza di forti terremoti storici in quest’area e studi paleosismologici che al contrario evidenziano importanti faglie attive. Per questo motivo continuano le ricerche geologiche, sismologiche e geodetiche per identificare le faglie attive e quantificare la deformazione che si sta accumulando nella regione.

A cura di Luigi Cucci e Andrea Tertulliani (INGV-Rm1).

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